4 Novembre: il tragico seguito alla "vittoria", che andrebbe ricordato durante le tradizionali celebrazioni

Enrico Baroncelli
Si approssima la data del 4 Novembre, e giustamente i Sindaci e i Comuni di tutto il Lecchese si apprestano a ricordarla con cerimonie, corone in memoria dei soldati ecc. Giustissimo, visto che tra l'altro il 4 Novembre - se ci pensiamo l'unica guerra che l'Italia abbia mai vinto - è stata tolta dal novero delle feste (spostata alla prima Domenica del mese): è purtroppo una delle cinque feste soppresse nel 1977.
Giusto quindi ricordare i caduti di quella che Papa Benedetto XV nell'Agosto del 1917 definì una "inutile strage": e strage fu per davvero. Cannoni potentissimi, bombe, gas micidiali lanciati sulle trincee avversarie (Iprite, poi vietata dalla Convenzione di Ginevra, ma ancora usata dal Fascismo nella Guerra contro l`Etiopia), mitragliatrici, che sterminarono centinaia di migliaia di poveri soldati vanamente lanciati contro le trincee avversarie, come ad esempio a Verdun (700.000 morti) o a La Somme (circa 600.000), oltre che sulle Dolomiti italiane.
La potenza delle bombe fece presagire a Italo Svevo, come scrive nelle ultime righe della "Coscienza di Zeno", un'arma terribile che avrebbe disintegrato il nostro pianeta riducendolo a pochi sassi vaganti nello spazio (un`anticipazione angosciante della bomba atomica).
Ma le conseguenze peggiori della I Guerra Mondiale si verificarono nell'immediato suo dopoguerra. "L'Italia aveva vinto la guerra - ha scritto qualche storico - ma la sensazione era quella di averla persa", complici anche le promesse tradite del "Patto di Londra", stipulato con gli Inglesi nell'Aprile 1915, che promettevano anche Fiume e la Dalmazia, subito prima di entrare in Guerra dalla parte opposta all'Alleanza a cui l'Italia si era legata fin dal Maggio 1882, con l`Austria e la Germania (che con Bismark ci aveva aiutato a riconquistare il Veneto, nel 1867).
Scioperi, tumulti, caos generalizzato, complice un'inflazione che durante la guerra aveva ridotto di un terzo il valore della Lira e quindi anche quello dei salari dei lavoratori dipendenti.
In realtà nei primi anni del Novecento - Governo Giolitti - si era avviato un processo di vere Riforme forse unico nella storia italiana: con la collaborazione di Socialisti Riformisti (il grande Filippo Turati, nato a Canzo) e Liberali, i lavoratori avevano migliorato le loro condizioni di vita e si era avviata una politica seria di riforme sociali (Maternità, Scuola, tutela dell'Infanzia, e dei lavoratori in Malattia).
Tutto venne spazzato via da un clima cruento e violento che si creò nel dopoguerra: da una parte l'ala massimalista del PSI, che voleva "fare come in Russia", cioè la Rivoluzione Bolscevica (a parole, come Amadeo Bordiga, primo Segretario del PCd'I nel 1921) dall`altra le organizzazioni di ex militari (Arditi ecc.) tornati a casa in una situazione di caos e di scompiglio economico, che diedero origine al Movimento Fascista, in Piazza San Sepolcro a Milano.
Di questa situazione di caos generalizzato seppero approfittare sia prima D'Annunzio, il "Vate" che propugnò la "Presa di Fiume", sia Mussolini, che organizzò con Farinacci le sue "squadracce" d'Azione per riportare all`ordine i manifestanti.
Insomma, le conseguenze della Guerra furono ancora peggiori della guerra stessa: senza dimenticare, e qui il pensiero torna all`attualità, la terribile pandemia della "Influenza Spagnola", una malattia nata dalle terribili condizioni anti-igieniche dei soldati nelle trincee francesi al confine tedesco (in mezzo ai topi e agli insetti) e che nei due anni successivi alla fine della Guerra provocò una cinquantina di milioni di morti in tutto il mondo.
Insomma, la I Guerra Mondiale è giusto ricordarla: ma, come tutte le guerre, da archiviare come una cosa che non bisogna mai più ripetere!
Enrico Baroncelli
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