Un lungo racconto sulla vita dei sacrestani in Brianza, in cui si uniscono la realtà, la fantasia, i ricordi della vita rurale e la continua ricerca della fede in Dio. Elena Grebaz, insegnante di inglese alla scuola secondaria di Costa Masnaga, ha presentato il suo piccolo volume nella serata di martedì 18 ottobre presso la sala civica alla presenza dell'assessore all'istruzione, nonché ex collega ed amica, Anna Cazzaniga.

Elena Grebaz
"Vita quasi avventurosa di un sacrista di campagna", questo il titolo del libro che prende spunto dalle vicende vissute dal protagonista, Luigino, ha visto la luce dopo la testimonianza raccolta dai sagrestani di Viganò, Mario, e di Costa, il 90enne Stefano e dall'esperienza personale dell'autrice con i diversi sacerdoti che sono passati per chiesa di Viganò.
"Il sacrista lo vedo come una sentinella del mattino sempre presente, mentre i sacerdoti cambiano: ho mutato i nomi, ad eccezione di due che però ho collocato in tempi diversi. Il primo è don Aurelio Redaelli di cui ho sottolineato l'umiltà, il sacrificio e la saggezza profonda. L'altro è don Vittorio Gaffuri che faceva preghiere di liberazione sulla persona" ha spiegato la scrittrice.

Il racconto parte nel 1933 e arriva fino agli anni Novanta, ripercorrendo la storia vissuta dagli italiani con il dopoguerra, il boom economico e il benessere, l'avvento della televisione, il movimento femminista e la strage di piazza Fontana. Luigino, che lavora in un'officina, vede il tempo scorrere davanti ai suoi occhi, ma soprattutto cambiare. "
Dal paese se ne vanno tutti, vanno in città a cercare nuove prospettive di vita. Lui invece resta. Per questo dedico il libro a chi resta: ciò che resta sono i valori, le persone che amiamo. Rimanere non significa trincerarsi dietro vecchie idee, ma restare in una vecchia situazione e crescere. E' molto più semplice andarsene via: per restare ci vuole tanto coraggio per accettare cose che non possono essere cambiate" ha aggiunto la Grebaz.

A sinistra l'assessore Anna Cazzaniga
Nel libro si trovano anche frasi tratte dal messale ambrosiano in latino che hanno un legame con le vicende vissute dal protagonista e una preghiera di Papa Giovanni XXIII su cosa significa essere buoni. Ciascun capitolo, poi, termina con la medesima parola con cui comincia il successivo, pensato per dare una continuità al testo, come accade recitando il rosario.
Un altro tema trattato nel racconto è quello del perdono
. "Perdonare gli altri è umanamente difficile senza l'aiuto di Dio, ma il "perdono è un regalo che facciamo a noi stessi" perché perdonare è una delle esperienze più belle che credo possano accadere nella vita". 
Questo libro è un po' considerato dall'autrice come la conclusione di altri due libri scritti in passato, "quello del piano di sotto" e "il buio dentro, storia di una possessione".
"La domanda dietro questa storia interroga la figura del sacrista: è una professione o una vocazione? E' una scelta impegnativa che fai solo credendoci. Il sacrestano fa molto più di un mestiere: ha la custodia delle cose sacre, ma allo stesso tempo da una testimonianza. Ci sono sacrestani con la famiglia che hanno un'altra professione e il servizio in chiesa: è un sacrificio che però ti riempie la vita".
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