La crisi e il futuro del Mandic nelle parole del dottor Del Boca e del sindaco Galbiati

In chiusura di serata, una volta affrontati tutti i temi ''sul piatto'' nell'ambito della prevenzione, non poteva mancare una domanda diretta al dottor Gregorio Del Boca rispetto alla situazione dell'Ospedale Mandic di Merate. Un presidio di cui lo stesso medico ha contribuito a scrivere la storia, che sta attraversando un momento indubbiamente difficile su più fronti. La chiusura del punto nascite a partire da maggio rappresenta una sconfitta per il territorio che negli anni ha beneficiato di quella struttura, ma soprattutto della professionalità e della passione profuse dai medici che si sono alternati nel reparto, Del Boca e Biffi compresi. Proprio loro sono stati fra le anime dell'ostetricia-ginecologia meratese.
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Il dottor Del Boca e la dottoressa Biffi

''E' una situazione dolorosa. Credo che nel caso del Mandic, la sconfitta abbia tanti padri'' ha detto, ricordando come a inizio anni 2000 i parti annui superassero il migliaio mentre ora il mancato raggiungimento della soglia limite (500) abbia portato alla scelta di chiudere. ''E' chiaro che rispetto al passato l'indice di natalità sia calato di un terzo. Negli anni scorsi si era beneficiato anche di un picco favorito dall'immigrazione, oltre che di un solido bacino d'utenza in arrivo dalla vicina area bergamasca. Una fonte quest'ultima che è andata esaurendosi negli anni'' ha detto Del Boca, secondo il quale anche le linee guida calate dall'alto rispetto alla classificazione degli ospedali, abbiano portato ad una penalizzazione dei presidi più piccoli. ''Molti hanno iniziato a rivolgersi alle strutture delle grandi città, dotate di patologia neonatale, come se per forza dopo il parto dovesse accadere qualcosa di grave. Il territorio casatese da sempre gravita verso Carate, Vimercate, persino Lecco. E' logico che raggiungere i 500 parti annui non era semplice e il destino del Mandic segnato''.
Nel 2021 nel reparto di ostetricia-ginecologia meratese erano nati 490 bambini, già l'anno successivo la situazione si era fatta più complessa e quest'anno la scelta della direzione generale è stata quella di chiudere il punto nascite. ''Perdere il cuore della patologia per acuti è indubbiamente un problema'' ha aggiunto Del Boca che ha lasciato il Mandic ormai da due anni. ''Non posso entrare nel merito delle scelte tecniche assunte, non so dire se effettivamente l'ospedale di Merate debba divenire un presidio per cronici. Certo dispiace molto per quello che sta accadendo. Io non contesto le decisioni, ma il metodo con il quale sono state portate avanti le cose, poco rispettoso'' ha sostenuto, con un chiaro riferimento alla vecchia dirigenza. ''In pochi anni è cambiato completamente lo scenario e dispiace perchè il Mandic è stato un grande ospedale''.
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A destra il sindaco Filippo Galbiati

Sul tema è intervenuto con una riflessione anche il sindaco Filippo Galbiati, più che competente in materia in quanto primario del pronto soccorso di un importante ospedale di Milano. ''Dalle parole del dottor Del Boca si evince la grande passione per il lavoro'' ha detto. ''Quello del Mandic è un tema che stiamo trattando da tempo e che sta mettendo in difficoltà il nostro territorio. Un tema che riguarda la scarsa capacità di lettura di quello che sta avvenendo e di mettere in campo strategie preventive. Il problema è lo spessore della politica che fatica a leggere, interpretare e programmare'' ha aggiunto il primo cittadino. ''E' giusto quanto affermava il dottor Del Boca: gli ospedali di circolo negli ultimi anni sono stati penalizzati, svuotati. Sono meno attrattivi per l'utenza, ma anche per i professionisti, soprattutto per i giovani. E' un tema che non riguarda solo Merate. Eppure siamo passivi, non riusciamo ad interpretare al meglio i ruoli. Il Mandic non può essere subalterno ad altri'' ha concluso, in riferimento probabilmente alla strategia condotta negli ultimi cinque anni. ''Il periodo Covid ha dimostrato che tutti gli ospedali servono e che serve soprattutto la qualità. La rete tiene se teniamo vivi questi centri ospedalieri, altrimenti i medici se ne vanno altrove a lavorare. Siamo in una crisi epocale e il problema più grande è che non c'è chi la riesce ad interpretare''.
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