
Marco Ghezzi
Mi si è aperto il cuore quando ho letto sulla vostra testata le argomentazioni del signor Renato Ornaghi sul prossimo referendum lombardo che, è inutile sottolinearlo, condivido dalla prima all’ultima parola. Da quando faccio politica, per divertimento e passione federalista, è la prima volta che viene offerta ai cittadini lombardi la possibilità di mandare un messaggio chiaro e forte al governo centrale, indipendentemente dal colore politico di chi governa, su un tema molto discusso come quello oggetto del referendum del 22 ottobre. Che si può così riassumere: “come lombardi vogliamo una maggiore autonomia, più competenze e le relative risorse per far crescere meglio e di più la nostra regione e, sfruttando la sua indiscutibile spinta trainante, tutta l’Italia.” Io credo che astenersi sia un po’ tradire il popolo lombardo, soprattutto se condizionati dalle solite logiche partitiche di appartenenza e convenienza, che stanno condannando il nostro Paese al declino culturale, politico ed economico. Alle considerazioni del signor Ornaghi io aggiungerei qualche altro concetto. A chi afferma: “non vado a votare perché il referendum costa troppo”, dico: “se proprio sei contrario o trovi la consultazione inutile, la sera del 22 ottobre potrai contestare, a chi si è assunto la responsabilità di chiamare al voto milioni di persone, l’opportunità di spendere quei soldi in base al risultato. Ma vai a votare. E in ogni caso, se sei davvero un convinto autonomista, tra un anno potrai chiedere conto dell’eventuale fallita trattativa con Roma.” Un’altra obiezione che va per la maggiore è la seguente: “l’iniziativa può trainare il partito che l’ha voluta più di ogni altro”. Io credo che al cittadino lombardo debba interessare soprattutto se l’iniziativa potrà portargli qualche vantaggio. E nient’altro. Si dice anche che sarebbe stato meglio seguire un’altra strada, per esempio quella intrapresa alcune settimane fa dalla regione Emilia Romagna e cioè bussare a Roma per chiedere udienza col cappello in mano. Sarebbe facile obbiettare che la coincidenza temporale col referendum del 22 ottobre è un po’ sospetta e sembra fatta apposta per offrire argomenti ai fautori dell’astensione. Preferiamo, invece, dar credito a questa ulteriore iniziativa autonomista. Se si otterrà un qualsiasi risultato, saremo felici per i cittadini di quella regione. Vorrà dire che sarà più facile anche per Veneto e Lombardia ottenere le stesse migliori condizioni di autonomia. Se invece finirà in una manfrina infinita, come è accaduto negli ultimi decenni con tutti i governi di destra e sinistra, i promotori del percorso alternativo dovranno rendere conto a quei cittadini che si sono fidati, forse una volta di troppo. Le precedenti esperienze in tal senso di Veneto, Piemonte e Lombardia non sono particolarmente incoraggianti. Noto, infine, che i fautori del benaltrismo si dichiarano quasi tutti autonomisti convinti, ma non posso fare a meno di osservare che molti tra questi erano tra i più accaniti sostenitori del referendum del 4 dicembre dello scorso anno sulla riforma costituzionale (stracciata dal popolo), che avrebbe azzerato ogni forma, anche la più blanda, di autonomia. Conclusione: la coerenza in politica è molto faticosa, ma consente di distinguere tra i politici seri e gli altri. E allora, il 22 ottobre andiamo tutti a votare, comunque la si pensi. Nella convinzione che il voto servirà per contarci e poter contare di più.
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