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Scritto Mercoledì 06 dicembre 2017 alle 08:28

Incontri a Villa Beretta/2: Giovanna Paolone, paralizzata in un letto a 32 anni, oggi cammina e ha imparato ad accettarsi

Prosegue la rubrica ''Incontri a Villa Beretta'', un viaggio nella struttura di Costa Masnaga attraverso i racconti di alcuni pazienti che nei corridoi della sede distaccata dell'ospedale Valduce di Como, hanno trovato la speranza di ricominciare, grazie all'assistenza sanitaria e umana ricevuta. Dopo la testimonianza di Gianbattista Tshiombo, oggi vi raccontiamo la storia di Giovanna Paolone, originaria della Sardegna, che frequenta Villa Beretta da cinque anni:

Giovanna Paolone
Entrando a Villa Beretta ci dirigiamo verso la sala ospiti del reparto "A" dove ad aspettarci c'è Giovanna Paolone. Appena mettiamo piede nella stanza davanti a noi appare una ragazza, parzialmente nascosta da un pilastro, che agita le mani, chiamandoci. "Ora non posso, devo parlare con la giornalista" dice all'operatrice della struttura che la invita a cenare.
Da subito affabile e piena di energia. Dietro il suo sorriso traspare la vitalità e badiamo poco al fatto che sia seduta su una sedia a rotelle. Mentre ci accomodiamo, ci scruta con i suoi occhi verdi e vispi nascosti dietro gli occhiali.
Giovanna frequenta Villa Beretta da 5 anni, ma la sua storia comincia ben più indietro nel tempo. Era una giovane ragazza sarda che, come tante coetanee, studiava per preparare il suo futuro. A 16 anni, però, ha cominciato a claudicare e, recatasi al reparto di neurochirurgia di Cagliari per sottoporsi a esami approfonditi, ha scoperto di avere un angioma al ponte mesencefalico: una malformazione vascolare a livello cerebrale. Ha così cominciato una terapia a base di cortisone che le alleviava i fastidi, soprattutto quando, intorno ai vent'anni, ha cominciato ad avvertire i primi formicolii alle gambe. Dopo il liceo, Giovanna si è iscritta alla facoltà di giurisprudenza e ha cominciato il praticantato in uno studio legale della città sarda.
Nell'agosto del 2012 si trovava in spiaggia quando ha avvertito un dolore fortissimo: "era come se una spada mi stesse trafiggendo la testa, ma è durato pochissimi secondi". Per una settimana ha sopportato la cefalgia, accompagnata da alcuni formicolii agli arti fino a quando un giorno, risvegliandosi da un sonnellino pomeridiano, non è più riuscita a muovere la parte destra del corpo. La carriera in ambito legale si è bruscamente interrotta a 32 anni e per lei è cominciato il calvario negli ospedali.
L'angioma, quel fastidio con cui Giovanna aveva imparato a convivere, si era sviluppato di 4 centimetri e si era manifestato in tutta la sua violenza, provocando un danno permanente. "A Cagliari non ho trovato nessun professionista che mi avrebbe operata, così ho cominciato a consultare vari neurochirurgi d'Italia, fino ad arrivare a Milano". Nell'arco di un mese ha subito un delicato intervento all'ospedale Besta e, nonostante la permanenza nel nosocomio sarebbe dovuta durare qualche settimana, si è prolungata per un lasso di tempo più ampio. Per cinque mesi Giovanna, passando anche dal reparto di terapia intensiva, è stata ferma in un letto d'ospedale a causa di una serie di complicanze come l'idrocefalo e la diplopia.

Un'immagine di Villa Beretta durante i festeggiamenti per il centenario

"Villa Beretta mi ha fatto del bene. Ero completamente paralizzata, ora mi sono rimessa in piedi e faccio qualche passo con il bastone. All'inizio, però, non è stato facile. Detestavo questo posto: dopo cinque mesi in un letto, hanno cominciato a mettermi sulla carrozzina. Per me era soltanto una grande fatica e non capivo che invece era molto utile. E' stata mia madre a spingermi e chiedermi cosa stessi facendo e perchè mi opponevo tanto".
Giovanna ha così iniziato a rivolgersi a una logopedista per tornare a comunicare e a una neuropsicologa per colmare i deficit di memoria. Nel frattempo ha frequentato la palestra fisioterapica del centro. Tanti esercizi, fatica e forza di volontà che in anni

di duro lavoro hanno portato ai risultati sperati. Oggi, dopo quattro anni, si esprime senza difficoltà e ha ripreso a camminare: "E' stata una grande emozione tanto che non sono riuscita a trattenere le lacrime. In questo tempo ho iniziato anche a capire che la sedia a rotelle è stata una compagna. Mi ha aiutata ad acquisire più sicurezza, autonomia e indipendenza. Le persone che mi stanno intorno sono più tranquille vedendo che ora sono in grado di fare le cose da sola".
Ancora oggi, Giovanna frequenta la struttura una volta all'anno per un paio di mesi, ma la sua vita è profondamente mutata. "Lavoravo in uno studio legale dove mi occupavo di diritto penale. Mi spostavo, andavo in tribunale, mi relazionavo con i giudici. Dopo quello che è successo non ho più potuto proseguire con la carriera professionale che avevo intrapreso. E' stato davvero traumatico per me, ma oggi mi godo il mio nipotino a tempo pieno". La 38enne, infatti, segue nella crescita il piccolo nipote undicenne e insegna catechismo ai bambini, conciliando questi impegni con il nuoto e la fisioterapia che la tengono impegnata ogni mattina. Non mancano le visite mediche, le uscite con le amiche e gli interessi: "Mi piaceva molto cantare, poi ho perso tutto. Ora vorrei ricominciare".
Giovanna è grata allo staff della struttura con cui si è instaurato un ottimo rapporto: il dottor Maurizio Lanfranchi, grazie a cui ha conosciuto Villa Beretta e il personale sanitario. "Da quest'esperienza ho cominciato ad apprezzare le piccole cose e a capire che queste fanno grande la tua vita".
Giovanna ha certamente dovuto affrontare la frustrazione di vedersi troncata la carriera, ma quest'esperienza, facendo emergere il suo temperamento, l'ha profondamente cambiata. "Piango ogni tanto, ma è un modo per ricaricarmi. Sono ottimista e, se non avessi avuto un carattere forte, sarei sprofondata. C'è da aggiungere che pure la famiglia mi ha aiutato molto a superare il trauma che, negli anni, ho imparato ad accettare e ad affrontare con serenità".
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Michela Mauri
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