La storia di un’imprenditorialità e di un’emancipazione femminile e allo stesso tempo dei cambiamenti del paese e della società italiana. E’ tutto questo il romanzo “Dolcissima abitudine” presentato venerdì sera presso la biblioteca di Bulciago dall’autore Alberto Schiavone all’interno di uno degli incontri della rassegna letteraria IterFestival del Consorzio Brianteo Villa Greppi. Intervistato da Martina Garancini de “Lo sciame Libri” di Arcore, lo scrittore ha parlato del libro e della sua protagonista: Piera Cavallaro, la prostituta Rosa.
“La storia prende avvio dalla fine quando la protagonista ha deciso di abbandonare il suo mestiere che si trasmette, da generazioni, da madre a madre” ha detto l’autore di fronte a una platea prevalentemente femminile. “Rosa ha tante lacerazioni fin dall’adolescenza, quando inizia a svolgere il suo mestiere, e per tutta la vita insegue il figlio avuto cinquant’anni prima, senza averlo mai conosciuto e senza aver mai avuto il coraggio di rivelarsi”.

E’ stato l’“apprendistato come madre” a essere mancato a Piera Cavallaro che l’autore ha rivelato di aver conosciuto personalmente: “doveva essere solo il soggetto di un articolo, ma alla fine la sua storia, quando è mancata, è diventata una proposta narrativa. L’ho conosciuta e tra noi è nata una grande simpatia perché ha apprezzato il mio approccio laico e non pruriginoso”. Tanto più utile per affrontare un tema come la prostituzione, su cui, ha avvertito l’autore Schiavone, “non ho voluto scrivere un libro. Sono rimasto affascinato però, dal fatto che alcuni dei clienti di Rosa lo sono stati per la prima volta a vent’anni e lo sono rimasti fino a settanta”.

Per realizzare il suo lavoro, importante è stato anche la ricerca d’archivio nei quotidiani dell’epoca, a partire dalla Stampa, il quotidiano di Torino dove è ambientata la storia: “nelle pagine del libro compaiono le varie leggi approvate negli anni e aventi come oggetto il corpo delle donne” che, alla vigilia del contestato Congresso mondiale delle famiglie a Verona, “tornano tristemente di attualità perché tante cose che diamo per scontate le stiamo perdendo”.
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