Una vera e propria "piramide" organizzativa, con un ingente parco macchine e diversi "fattorini" mandati sul territorio, a seconda delle richieste, per consegnare dosi di droga, in particolare di cocaina. Questa è la sommaria ricostruzione dell'organizzazione con fini di spaccio presente sul territorio lecchese fermato dalla
"Operazione Ronni", che prende il nome dal nomignolo del soggetto a capo di tutto, illustrata questa mattina in tribunale dal sovrintendente della Polizia di Stato Emilio De Gregorio. Chiamato a testimoniare nel processo che vede come imputato Z.A., marocchino classe 1995 residente a Rogeno, accusato di spaccio, il sovrintendente ha ben descritto l'organizzazione del gruppo, monitorato dagli investigatori della mobile tra il 2016 e il 2018. "Era una gestione quasi familiare" ha detto De Gregorio, dichiarando che alcuni dei soggetti facenti parte del gruppo erano imparentati, "usavano un centralino al quale chiamavano i clienti, che erano centinaia in tutto il territorio lecchese, e che poi smistava al singolo pusher l'ordine. Le zone coperte dal gruppo erano i paesi di Rogeno, Bosisio Parini, Civate, Nibionno, Molteno, Annone e altri comuni limitrofi".

L'imputato tuttavia -assistito di fiducia dall'avvocato Amedeo Rizza del foro di Milano-, sempre su ammissione di De Gregorio, si presume avesse un ruolo marginale nell'operazione, veniva cioè "mandato" dai suoi superiori a effettuare consegne quando c'era bisogno di coprire delle macchine. Sembra proprio che questo fosse il suo ruolo, dato che i tre testimoni chiamati dalla pubblica accusa -quest'oggi rappresentata dal Vpo Pietro Bassi- l'hanno tutti riconosciuto grazie alle fotografie segnaletiche mostrate dal vice procuratore onorario. I tre, tutti italiani tra i 45 e i 55 anni, hanno dichiarato di aver acquistato dalla banda e di aver ricevuto della droga -in particolare cocaina, unico stupefacente spacciato dal gruppo-, per loro bastava mandare un messaggio ad un'utenza telefonica ed attendere di essere ricontattati. "Mi dicevano di trovarci in un parcheggio o per strada" ha detto un testimone, "indicando le tempistiche di consegna. Pagavo 40 euro per mezzo grammo di coca, ne facevo uso abitualmente tutte le settimane". In un altro caso invece erano gli spacciatori ad andare dal cliente: "venivano nella mia officina. Magari mi chiedevano di sistemare le gomme o le macchine perchè erano tutte scassate. Ma ne avevano tante. Quando venivano da me mi portavano anche la droga".
I soggetti della banda, come è emerso in aula, non fornivano mai direttamente il loro nome, si chiamavano con diversi epiteti: c'era "Ronni", il presunto capo, "Ciccio", "Zio", "Il Vecchio", "Il Giovane". Quest'ultimo sembrerebbe il soprannome attribuito all'imputato, essendo il più giovane del gruppo.
Terminata l'audizione dei testimoni previsti per la giornata, il giudice Martina Beggio -titolare del fascicolo- ha aggiornato il processo al prossimo 12 novembre per terminare l'escussione dei testimoni dell'accusa; è già stata calendarizzata poi l'udienza successiva, fissata per il 17 dicembre, data in cui verrà effettuato l'esame dell'imputato e la discussione finale.
© www.merateonline.it - Il primo network di informazione online della provincia di Lecco