Bellissimo, comunque, il regalo fatto a chi scrive da don Peppino: chissà come, dopo la celebrazione ha aperto un album e ne ha tolto un foglio di velina su cui aveva conservato per mezzo secolo una poesia che proprio io - allora venticinquenne - gli avevo dedicato in occasione della sua prima Messa, anno 1969. L'avevo battuta sulla mia cara Olivetti Lettera 22 e poi in cinquant'anni l'avevo completamente dimenticata. Mi ha molto commosso rivederla, e ritrovarla conservata con così grande cura. Anche per questo, e per onorare don Giuseppe Riva, vorrei riproporla, leggermente "svecchiata" nella forma ma fedele all'originale.
Dice il Vangelo
Dice il Vangelo che i chiamati sono molti
e gli eletti pochi. E tu, uomo,
peccatore come tutti, e come tutti misero,
quale grazia dal cielo e quale dono d'amore
hai bramato Lui. Lui fra tutti.
Per Lui tutto hai lasciato, lasciando tutti:
bastò una voce silente, un sussurro dal cielo,
e una risposta sincera dal tuo cuore sgorgò.
Lui voleva il tuo cuore, gliel'hai dato tutto,
intero, bramando il suo amore.
Da umile servo, in pienezza di grazia,
ricco di amore sei oggi Ministro,
e ti chiamiamo "padre", nome soave,
pastore di greggi, che si allontana dai piaceri del mondo
per far germogliare in sé quel Suo amore profondo.
La Sua volontà è oggi il tuo scopo di vita,
ed è il Suo Vangelo che illumina ogni tuo passo
perché se anche il cammino è in salita
e somiglia al Calvario, sai anche che la meta
è alla fine la luminosa porta che apre i cieli.
Oggi sull'altare immoli l'Agnello:
innalzalo, e innalza anche il Calice,
protendili verso l'alto, parla all'Eterno
affinché ci conceda la pace, ci insegni ad amare,
ci mostri la via, la verità, e la vita.
E mentre partecipiamo all'agape fraterna,
leviamo con te e per te una preghiera umile
così che ti sia data la forza per la battaglia quotidiana
perché trabocchi in te la fede, e da te si sparga
sopra tutti i tuoi figli, e sopra di noi.