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Scritto Martedì 26 novembre 2019 alle 08:13

Missaglia: Pierdante Piccioni racconta i 12 anni di memoria interrotti da un incidente

Un gran numero di persone si è riunito nel pomeriggio di domenica 24 novembre nella sala civica di Palazzina Teodolinda a Missaglia per assistere all'incontro con Pierdante Piccioni, 60 anni, medico e scrittore originario della provincia di Cremona. L'evento, sostenuto dall'Azione Cattolica, in collaborazione con l'assessorato alla cultura e con il patrocinio del Comune di Missaglia, è servito anche a promuovere l'uscita del suo terzo libro e la produzione una fiction a lui dedicata che andrà in onda su Rai Uno.

Pierdante Piccioni

Dopo una breve introduzione a cura di Donatella Diacci, assessore alla cultura del comune di Missaglia, è iniziato il racconto del protagonista Pierdante Piccioni. La sua è una storia molto particolare: il 31 maggio 2013 infatti, il primario del pronto soccorso di Lodi rimane coinvolto in un grave incidente stradale, che gli causa la perdita di 12 anni di memoria. Al suo risveglio in ospedale, dopo un coma durato sei ore, è convinto di essere nel giorno 25 ottobre 2001, compleanno del figlio Tommaso, e pensa di aver appena portato i figli a scuola.
"Mi ero svegliato in un altro mondo, credevo avessero persino ingaggiato persone più vecchie per farmi abboccare al loro scherzo". Pierdante ha raccontato della sua esperienza con i medici ed il ritorno alla vita di tutti i giorni: i figli che crede di aver appena accompagnato alle elementari, per esempio, sono in realtà universitari, e così i due ragazzi che si presentano in ospedale a lui sembrano perfetti sconosciuti (un aneddoto divertente che racconta sono i soprannomi che usava assegnare loro, dal momento che, a un primo impatto, non provava molta simpatia: "Il Gorilla", Filippo, e "Il Serpente", Tommaso).
Piccioni nel libro ha ben illustrato anche la reazione alla vista della moglie, che è stata solo un "quante rughe!": il trauma cranico infatti, gli causa la perdita della mobilità della parte sinistra del corpo e la difficoltà a parlare, che tuttavia fortunatamente si rivelano solo temporanee. Una delle "sorprese" più travolgenti che ha dovuto affrontare, come ha spiegato domenica, è stato il cambiamento della tecnologia: egli infatti era convinto di avere un telefono cellulare in grado di mandare SMS, a suo parere massima forma di progresso tecnologico, ma in realtà i medici gli presentano uno smartphone touchscreen. Capirà solo col tempo il processo di mutamento della tecnologia, che permette di connettere persone da una parte all'altra del mondo, cosa che tutt'ora lo lascia sbalordito.

Tra le altre novità che deve affrontare c'è, inoltre, quella del suo impiego: a causa dell'atrofia cerebrale infatti, non può continuare a fare il primario e su indicazione della commissione Invalidi passa da medico a bidello. Piccioni sperimenta così il dramma della depressione, fino a pensare anche al gesto estremo del suicidio.
E' proprio in questo momento, però, che trasforma la sua vita "da sfiga a sfida", per citare le sue parole, e riprende in mano la situazione: nei momenti liberi durante il servizio come bidello ricomincia a studiare per diventare, per la seconda volta, un medico. E' così che nel 2015, dunque, torna a fare il primario, grazie anche all'esito di un esame che testimonia che l'atrofia è scomparsa. "Il cervello è un muscolo, se lo alleni funziona, se non lo alleni non funziona e per questo devo ringraziare le migliori medicine, che sono la fede, la fortuna, la mia famiglia e i miei amici" ha detto.

In questo periodo esce anche il suo primo libro, Meno Dodici, che vende moltissime copie e viene nominato Oscar Mondadori. Una volta diventato (di nuovo) primario, nasce però in lui quello che lui stesso definisce un "conflitto d'interesse: ma sono paziente o sono medico?". Piccioni interpreta questo dilemma come un incentivo in più per incrementare le sue abilità di comunicazione con i pazienti. E' qui che si rende conto dell'importanza dell'ascolto e dell'empatia, a proposito della quale racconta: "è stata dimostrata l'esistenza di particolari tipi di neuroni chiamati neuroni specchio, che si attivano negli individui sia quando compiono un determinato movimento, sia quando osservano qualcun altro farlo. Questo significa che siamo geneticamente predisposti a comprendere gli altri, e a mio parere, vale anche per le emozioni".
E' proprio questo il rammarico più grande che ha di questi 12 anni di vuoto e di memorie perse che, nonostante si sia sottoposto a diversi trattamenti (tra cui ricorda l'elettroshock), non sono tornate: l'assenza delle emozioni collegate a numerosi eventi della sua vita accaduti in quell'arco di tempo.

Tra questi, per esempio, ha citato il funerale della madre, di cui non ha alcun ricordo. Per questo motivo ha confessato di irritarsi parecchio quando qualcuno gli racconta quegli anni. Allo stesso tempo, però, Piccioni ha raccontato la sua storia con molta autoironia, come si evince dalle molteplici battute e dal tono scherzoso. "Ho sofferto molto per quello che mi è successo, ma ora posso dire che serve sempre molta autoironia. Sia perché ti salva, sia perché piove già fuori, e non è il caso di piangere ulteriormente", ha aggiunto, scherzando ancora una volta sul tempo uggioso della giornata. Piccioni ora, dopo aver volontariamente rinunciato al ruolo di primario, è entrato nel dipartimento socio sanitario, e si prende cura di chi ha bisogno di aiuto, cercando di dare ciò che a lui è mancato nell'assistenza. E a questo proposito, ironia della sorte, è entrato anche a far parte della Commissione Invalidi, di cui è anche presidente. Una cosa che è stata rimarcata spesso durante l'incontro è stata proprio la necessità di riabilitazioni ad personam: "io non sono il mio referto. Noi medici non abbiamo davanti dei casi, ma abbiamo davanti delle persone".

Alla fine del suo racconto, è stato possibile rivolgergli delle domande, che hanno riguardato principalmente i suoi 12 anni di "ricordi dimenticati", come li definisce lui, contrapponendoli ai "ricordi ricordati", tra cui la sua reazione quando si è visto allo specchio per la prima volta dopo l'incidente, e la ripresa del rapporto con le altre persone, che, racconta, non è sempre stato facile, in quanto diverse volte ha avuto a che fare con chi voleva approfittarsi di lui.
Al termine dell'incontro Piccioni ha concluso con una frase particolarmente commovente: "non mi importa che voi vi ricordiate qualcosa di questa giornata, mi importa che vi ricordiate di me".
La giornata si è poi conclusa con un mazzo di fiori consegnato a Piccioni e la possibilità per tutti di prendere parte a un rinfresco.
Giulia Guddemi
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