Per raccogliere informazioni sulla storia e gli aneddoti della corte abbiamo avuto la possibilità di ascoltare le interviste realizzate ad alcuni degli inquilini della struttura, messi a nostra disposizione dall'associazione Sentieri e Cascine. La prima tra tutte è quella ad Achille Corbetta, che ha lasciato in eredità il racconto della sua gioventù al termine del ventennio fascista, quando gli uomini e i giovani andavano a lavorare al salumificio Vismara oppure a Milano nelle fabbriche. Il signor Corbetta lavorava al tempo della guerra in un magazzino di carbone e legna da ardere da cui, dopo aver timbrato il cartellino, partiva per consegnare il materiale alle varie imprese di Milano; il carbone infatti, era fondamentale all'epoca per poter far andare le macchine per la produzione.
Corbetta ricevette la chiamata alle armi per l'anno di leva e per questo motivo il padrone del magazzino gli disse di andare a fare il servizio militare, promettendogli che al suo ritorno avrebbe conservato per lui il posto di lavoro. Dato che però Achille non condivideva le idee fasciste, si diede alla macchia nascondendosi nella zona che si trova tra cascina Melli e il Dosso di Velate. "Dormivamo sotto un cassotto, in un avvallamento nel quale riuscivamo a ripararci durante la notte". Il signor Corbetta, come tanti altri, vennero soprannominati "sbandati" dato che si macchiarono del reato di diserzione dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 e dovette vivere nell'ombra per evitare di essere trovato dai fascisti che avevano instaurato la Repubblica Sociale di Salò.
La situazione cambiò quando il comune ed i tedeschi concedettero ad Achille Corbetta un permesso che lo esonerava dal servizio militare per motivi di lavoro, dato che la sua mansione era indispensabile per la sopravvivenza della sua famiglia, ma non tutti gli sbandati erano stati così fortunati: "Una volta I tedeschi vennero a fare un controllo a Cascina Melli, dove vivevo. Il mio vicino di casa mi venne a svegliare dato che c'era un problema: avevano abbattuto una vacca il giorno prima, una cosa che era vietata in tempo di guerra dato che le mucche erano delle importanti fonti di alimenti con il latte che producevano. Io, insieme al mio vicino, decidemmo di nascondere la carcassa del quadrupede dentro ad una vasca che, se prima era destinata alla raccolta dell'acqua, ora era divenuta un nascondiglio per eventuali clandestini. In questa vasca riponemmo la vacca e la ricoprimmo con delle assi di legno per nasconderne il contenuto alla vista. Per fortuna i fascisti, dopo una lunga perquisizione, non trovarono i resti della vacca, salvando la cascina, che sarebbe altrimenti stata data alle fiamme".
Ma la nottata sarebbe stata ancora lunga per cascina Melli perché i fascisti individuarono degli "sbandati", conosciuti dal signor Corbetta. "Quando vennero da me a controllare i documenti, Arturo, Aldo e Alfredo scapparono nei campi. Non trovando nessuno i fascisti se la presero con me dato che loro erano certi che in cascina ci fossero dei disertori e supposero che ne stessi nascondendo qualcuno. Purtroppo Arturo e Alfredo, scappando tra i campi, vennero presi dalle camice nere. Aldo invece era corso in fondo ad un corridoio pericolante interno alla cascina, ma i fascisti se ne accorsero; mio zio, che li stava guidando per la perquisizione, gli mise allerta allarmato dal rischio he potessero cadere di sotto. Per paura di cadere rovinosamente, i fascisti si arrestarono sino a quando non sentirono una voce a loro conosciuta in fondo al buio corridoio: un capitano fascista. Lui disse loro che non avrebbe fatto passare nessuno, ma nella realtà dei fatti, aveva visto e fatto nascondere Aldo salvandolo dalla cattura. Questo favore venne ricambiato da Aldo nei confronti del fascista al momento della liberazione, quando testimoniò a suo favore durante le inquisizioni antifasciste del primo dopoguerra".
Achille Corbetta e Maria Villa
La vita quotidiana presso cascina Melli è invece raccontata dalla signora Maria Villa in Sangalli. "Quando arrivava il tempo, si andava con i cavalli a rigirare e poi zappare la terra per prepararla alla semina del granturco. Da questo ricavavamo la farina gialla per fare la polenta, la farina più fine per fare il pane giallo ed infine la crusca da dare alle galline. Per preparare il pane avevamo un forno in comune a tutte le famiglie dove si preparavano gli "schisiot", ovvero delle pagnotte farcite con quello che si aveva, come cipolle oppure i fichi, che i contadini mangiavano come spuntino durante il lavoro nei campi. Nel forno preparavamo anche delle squisite torte paesane fatte con i pinoli e il cacao. Eravamo in tanti e vi era una grande unione tra tutti e spesso le sere d'estate si suonava la fisarmonica e si passava tanto tempo insieme".
A sinistra Fausto Tilola
Un altro testimone della vita in cascina Melli è Fausto Tilola, originario della Val Camonica, che si trasferì qui con la famiglia durante il boom economico degli anni Sessanta, quando il padre trovò lavoro ad Arcore. "Io arrivo a cascina Melli nel 1964, avevo 10 anni o poco più. Lì era una classica cascina contadina ma che da qualche tempo non era più abitata dai soli contadini, ma per la maggior parte da operai che lavoravano chi alla Vismara, chi alla Vister. Nonostante questo, c'era ancora la separazione tra la parte abitata dagli operai e la parte delle stalle con ancora alcuni animali da cortile come polli, vacche, galline e alcuni conigli. Mi trasferii lì con la mia famiglia nel pieno boom economico, quando le terre della Val Camonica, da dove vengo, vennero abbandonate per raggiungere le città e la stessa Brianza per cercare lavoro nelle fabbriche, come accadde per mio padre che iniziò a lavorare all'Italamiere di Arcore nei primi anni Sessanta. Quando arrivai nella cascina, ricordo che tutti gli adulti lavoravano e partivano insieme alle sei del mattino, in bicicletta o in motorino, verso i loro posti di lavoro. Noi più piccoli, dopo la scuola, trascorrevamo dei memorabili pomeriggi di gioco in cortile, divertendoci giocando a calcio o a campana. Inoltre avevamo un bellissimo laghetto, ora purtroppo sparito, dove vi erano numerosi pesci. Non era raro trovare tanti ragazzini che venivano da Rogoredo per pescare insieme! Spesso mi paragono ad un emigrante di oggi, e mi ritengo fortunato perché ero un forestiero che è stato accolto da tante persone amorevoli che sia in cascina che a Rogoredo ci hanno adottati. Un esempio è il fatto che la famiglia Cogliati, la prima che acquistò un televisore in tutta la cascina Melli, ci ospitava sempre da loro per vedere, ad esempio, la partita".
La testimonianza di Cascina Melli, in sostanza, evidenzia uno spirito di comunità che oggi dovremmo tutti riscoprire, lasciandoci alle spalle gli screzi superficiali che spesso possono scaturire tra vicini, riscoprendo invece la bellezza dello stare tutti insieme.
Contributo fotografico: Gruppo AFCB