Gli studenti del Liceo Linguistico Europeo "Giuseppe Parini" di Barzanò, lunedì 23 novembre, si sono scontrati con questa dura realtà, una realtà dove i bambini ugandesi vivono una situazione scolastica e quotidiana ben diversa dalla loro.
L'incontro si è svolto online e ha visto la partecipazione di tutti gli alunni della scuola. Gli studenti sono rimasti molto stupiti: nessuno immaginava una storia del genere e un incontro così coinvolgente.
La storia di Matteo e Greta parte da 2000 donne: sieropositive, emarginate, rifiutate dalla società ai margini della quale vivono. 2000 donne che nel 1986 sono rimaste travolte dalla guerra civile ugandese cominciata da un membro della loro tribù, quella degli Acholi, i guerrieri ugandesi. Hanno assistito a stupri, mutilazioni, omicidi. Sono state costrette in alcuni casi ad uccidere i propri figli per salvare i figli di altre donne, amiche, parenti. Sono state usate come dileggio dei soldati, i cui plotoni erano sempre rimpolpati da bambini strappati ad altre madri urlanti nel corso di innumerevoli saccheggi. 2000 donne malate, umiliate, segnate da una ferocia senza spiegazione, cui è stata accollata una colpa troppo grande per un singolo essere umano. 2000 donne che però non hanno mollato, non hanno ceduto alla violenza e sono fuggite, facendo a piedi fino a 400 km di giungla tropicale per cercare rifugio a Kampala, la capitale dell'Uganda, affacciata sul maestoso Lago Vittoria.
2000 donne. 2000 cuori. 2000 anime sconvolte, convinte di meritarsi l'HIV, "la maledizione", come pegno per i crimini e le atrocità che erano state forzate a compiere. 2000 donne ghettizzate sulla cima di una collina, respinte da quelle persone che avrebbero potuto aiutarle. La collina, il cosiddetto "Acholi Quarter", era una cava di pietra, pietre che 4000 mani hanno spaccato con strumenti di fortuna per poter guadagnare 0,70 dollari ogni 50 kg di materiale.
Quando nei primi anni '90 nell'Occidente l'HIV prese una forma definita, quella di un nemico terribile, queste donne hanno rifiutato le cure mediche: il rifiuto dato da chi voleva morire, lasciando un mondo che era loro passato sopra come una mandria infuriata. E dove molti volontari avevano fallito, ce l'ha fatta una donna, Rose, infermiera ugandese che si è presa a cuore le sorti di queste emarginate. Rose ha guadagnato la loro fiducia, infondendo in spiriti ormai privi di volontà una nuova voglia di combattere, specialmente per quei figli che erano nati innocenti in anni di guerra e soprusi. Rose e le 2000 donne Acholi hanno sognato una scuola dove i loro bambini, picchiati e bullizzati nelle scuole del Paese, potessero sperimentare quell'amore che loro stesse si erano viste negare, e la speranza di un futuro degno di questo nome.
Rose ha contattato AVSI, e questo potente binomio ha portato alla costruzione della "Luigi Giussani High School", una scuola i cui proprietari sono 2000 donne che oggi hanno di nuovo una causa per cui sentirsi vive nel mondo che non le ha volute. Una scuola dove, rispetto al 98% del scuole dell'Uganda, gli studenti non sono picchiati dai professori se non raggiungono i risultati stabiliti.
Una scuola dove poter fare una doccia la mattina, togliendosi la polvere del viaggio affrontato da molti studenti per raggiungere la collina, prima di iniziare le lezioni. Una scuola aperta anche la sera, fino alle 18, perché all'equatore il sole tramonta alle 17 e molti di loro a casa non hanno l'elettricità per studiare.
Una scuola, un porto sicuro, una seconda casa per chi nella vita ha ricevuto più schiaffi che carezze. Una scuola da cui imparare molto, non solo nozioni: come dare corpo e anima ad un progetto pensato davvero per migliorare le sorti di un Paese, l'Uganda, ed i suoi abitanti, di cui il 50% è sotto i 15 anni.
AVSI, inoltre, ha avviato nel tempo molti progetti di adozione a distanza, con l'obiettivo di supportare non solo i bambini, ma anche le loro famiglie, in un percorso condiviso di crescita sociale, culturale e soprattutto umana. Oggi il 70% degli studenti della scuola è adottato da famiglie italiane, una spesa che ammonta a 312 euro annui. Un piccolo sforzo, un'inezia, ma una carezza per chi ne ha più bisogno che mai.
Contributo foto: Matteo Severgnini