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Scritto Mercoledì 18 agosto 2010 alle 19:09

Suello: parla la sorella di Mohamed, ''ero in caserma quando è giunta la notizia. Mio fratello era in cura per depressione''. Teresa è sempre gravissima.

La casa delle due vittime
Mentre la sorella di Mohamed Elbouardy si trovava presso la stazione carabinieri di Valmadrera per segnalare lo stato di pericolosità del fratello, al centralino giungeva la telefonata che comunicava la feroce aggressione ai danni di Teresa Valsecchi e Giovanna Dell'Oro. Un allarme che, per una manciata di minuti, è giunto in ritardo non permettendo così di evitare il fatto di sangue. C. Elbouardy, la sorella del marocchino di 39 anni ora in carcere con l'accusa di tentato omicidio, porto abusivo di armi e oggetti atti ad offendere, lesioni gravi, resistenza e lesioni a pubblico ufficiale, non sa darsi pace. Conosceva bene lo stato di alterazione in cui versava il fratello, reduce da cure di 9 anni in Marocco per una depressione mai guarita, e più volte si era recata dai carabinieri di Seregno, vicino ad Albiate dove lavora, per chiedere un intervento. Ma i militari, le avevano sempre detto, che non potevano fare nulla: l'uomo regolarmente in Italia non poteva essere rimandato in Marocco contro la sua volontà e non era nemmeno possibile sottoporlo ad un trattamento sanitario obbligatorio. L'unico modo era cercare di convincerlo a tornare in patria per curarsi. Nulla più. "Avevo paura che succedesse qualcosa - ci ha detto accogliendoci con grande cortesia - e non sapevo più come fare per tenerlo sotto controllo". La donna è proprietaria della casa di Suello dove alloggiava Mohamed.  "Martedì mattina - racconta ancora sotto shock - dopo che la sera precedente mi aveva aggredito, sono venuta subito qui in paese ad avvisare i vicini di casa per dire loro di stare attenti e di non avere contatti con mio fratello perchè era particolarmente agitato e pericoloso". Ne sapeva qualcosa, poveretta. La donna, infatti, che lavora come assistente degli anziani presso un'abitazione privata, la sera precedente si era vista arrivare a casa, ad Albiate, il fratello con la richiesta di soldi. "Gli ho detto che lo avrei aiutato a prendere il biglietto per il Marocco dove avrebbe potuto rientrare per proseguire le cure con il medico che da nove anni lo segue per problemi di depressione e disturbi mentali. Ma lui non ha voluto, si è agitato, ha preso a urlare, mi ha aggredito in strada, tirandomi i capelli, strattonandomi e morsicandomi. Ho chiamato i carabinieri di Seregno ma quando sono arrivati lui si era calmato. Mi hanno invitato a sporgere denuncia. Ma io ero soprattutto preoccupata per le sue condizioni, sempre più critiche".
Il cortile dell'aggressore
Così, martedì mattina la donna va a Suello, nella sua casa, dove è alloggiato il fratello. In casa però l'uomo non c'è e allora C. Elbouardy si reca alla stazione carabinieri di Valmadrera per raccontare quanto accaduto la sera precedente e informarli dello stato di salute, instabile e pericoloso, del 39enne. Sono le 13.30. Mentre la donna sta fornendo i ragguagli in caserma giunge la telefonata che avverte di un'aggressione a Suello, in Via Mauri. I conti sono presto fatti. "Ho subito capito che si trattava di mio fratello. Mi sono sentita morire". L'uomo, scavalcata la finestra, aveva fatto irruzione nella casa dove si trovavano Teresa Valsecchi e la figlia 19enne Giovanna per la quale sembra il marocchino avesse già manifestato più di una volta un interesse morboso. L'aggressione è feroce. Teresa viene colpita al volto e al torace con decine di fendenti; Giovanna interviene nel disperato tentativo di salvare la madre e viene a sua volta ferita alle mani. Allarmati per le urla i vicini di casa chiamano i carabinieri mentre uno di loro, intuita la gravità di quanto stava accadendo, imbraccia un piccone e corre verso la casa di Teresa, posta nel cuore di Suello in un crogiolo di strette strade, circondate da edicole votive e da balconi con i parapetti in legno. In cortile il soccorritore, si trova davanti Mohamed Elbouardy in evidente stato confusionale. Ma il piccone che imbraccia fa desistere il marocchino che si allontana rifugiandosi nella sua abitazione a nemmeno un centinaio di metri da quella dove in una pozza di sangue è riversa a terra Teresa Valsecchi. Pochi minuti dopo arrivano i carabinieri. In qualche attimo ricostruiscono l'accaduto con l'aiuto dei vicini quindi si portano velocemente verso la casa del marocchino. Entrano e lo vedono seduto con in mano ancora il coltello insanguinato.L'extracee oppone resistenza, scaglia contro i militari gli oggetti che trova, coltello compreso. Ma gli uomini dell'Arma riescono a immobilizzarlo e ad ammanettarlo. Fuori la gente rumoreggia. E' stanca di quell'uomo che, dice una ragazza di passaggio, "ci faceva paura, sembrava dovesse spogliarci con gli occhi". I carabinieri caricano il marocchino su una gazzella che parte a sirene spiegate alla volta del carcere. Intanto i sanitari del 118 si adoperano attorno alle due donne, la madre, in particolare le cui condizioni appaiono subito gravissime. Numerose le ferite da arma da taglio, alcune anche attorno alla regione cardiaca. Il silenzio sul ridente paesino di collina torna dopo qualche ora, quando tutti i mezzi di soccorso e le forze dell'ordine se ne sono andati. Ma è un silenzio angosciante, però, perché tutti temono per la vita di Teresa. "Chiedo scusa a questa famiglia" dice con un filo di voce C. Elbouardy, una bella signora, carnagione olivastra, sui 40 anni, vestita semplice ma dignitosamente, accompagnata da un uomo, probabilmente il compagno, educato e gentile nella parlata e nei modi. "Siamo qui in Italia per lavorare, ci troviamo bene. È un paese davvero ospitale e queste cose non devono succedere. È un paese civile, non può accadere che una donna venga aggredita così. Io avevo segnalato ai carabinieri la pericolosità di mio fratello ma mi hanno detto che non potevano fare nulla. Chiedo scusa, spero che la signora si riprenda".

A sinistra l'abitazione al primo piano di Mohamed Elbouardy. A destra la via che, dal cancello a sinistra
dell'aggressore, conduce sino alla casa di madre e figlia (sullo sfondo)

Teresa Valsecchi è tutt'ora in Rianimazione. Tra le varie coltellate la più pericolosa è stata quella che, attraverso il torace di sinistra, è arrivata a ferire il cuore. La presenza della struttura di Cardiochirurgia all'ospedale Manzoni ha permesso di salvarla. I cardiologi hanno svuotato prontamente l'emorragia poi il cardiochirurgo, sempre a Lecco, in collaborazione con il chirurgo toracico, ha suturato la ferita alla parete del cuore, che, per fortuna, non era a tutto spessore.
"Teresa si trova ancora a Lecco, sta male ed è grave" ha raccontato la sorella dal balcone della sua abitazione a un centinaio di metri da Via Mauri "Una cosa terribile. Non sappiamo davvero cosa possa essere successo. Non si conoscevano nemmeno". Poi il telefono squilla. In queste ore l'angoscia è alle stelle. "Chiedo scusa ma siamo stremati e non abbiamo più voglia di parlare".
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Saba Viscardi
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