"C'è poco da essere ottimisti. Questi economisti non ne hanno indovinata una a partire dalla crisi sconvolgente del 2008. In realtà l'anno peggiore della crisi è quello in corso. Si spera, dico si spera, nella ripresa nei prossimi anni. Molti lavoratori perderanno il posto di lavoro, il 28% dei giovani sono in cerca di una prima occupazione che non c'è. Dovranno essere mantenuti dalla famiglia oggi sempre meno numerose e spesso non in grado di accudire gli anziani e quindi destinati alla casa di riposo. Ma con quali risorse quando le famiglie stesse sono in condizioni di estrema difficoltà?"
Le rette sono in costante aumento. Come si può affrontare un problema che prima di tutto è economico?
"Facciamo il punto della situazione partendo da coloro che sono ricoverati: si tratta di cittadini che già compartecipano alla spesa: lasciano alle Rsa pensione e assegno di accompagnamento. Una volta erano sufficienti. Ora no. Vediamo il caso di persone con un età di 85 anni, da 30-35 anni usufruiscono di una pensione che dal 1992 ad oggi ha perso il 34% del valore e le stesse Rsa corrono seri rischi. Le famiglie vengono chiamate a integrare le rette, ma ormai non ce la fanno più: disoccupazione, cassa integrazione, lavoro precario e poco remunerato E' un problema esplosivo".
Quale posizione ha assunto lo Spi sulla questione rette?
"E' una posizione chiara: noi siamo per la compatercipazione della spesa per le persone che se la possono permettere, nuclei famigliari compresi.
Riceviamo persone e telefonate da parte di cittadini ai quali siamo costretti a dire di rivolgersi al Comune dove spiegare che con il reddito famigliare non sono più in grado di compartecipare alla retta".
Operazione facile?
"Non direi proprio. Garantisco che, conoscendo i lecchesi, che non è nelle loro corde autodenunciarsi: non sono in grado di mantenersi. Sono orgogliosi e poco propensi a ricorrere alla pubblica carità".
Ricorrere al Tar contro i Comuni come alcuni lecchesi hanno fatto?
"Non è la strada che noi indichiamo. Ci rendiamo conto che non possiamo scaricare sugli enti locali un nuovo onere. Secondo dell'Anci lombarda la retta registra un 75% di spesa sanitaria (personale medico, paramedico, medicine, ecc.) e un 25% di assistenza sociale.
L'80% del bilancio della Regione Lombardia è destinato alla spesa sanitaria, bilancio che potrebbe assorbire anche parte della quota sanitaria delle rette. Si darebbe un po' di sollievo alle famiglie e alle casse dei Comuni. Penso che vi siano margini per risparmiare sull'attuale spesa sanitaria".
Quali altri interventi possono contribuire a diminuire le rette?
"Le Rsa del territorio devono fare sinergia, mettersi in rete per fare acquisti, beni alimentari e mezzi sia tecnologici che da trasporto, aprirsi al territorio mettendo a disposizione palestre, servizi di riabilitazione, centri diurni, servizi alla persona, assistenza domiciliare. Questa è la via maestra per evitare nel limite del possibile il ricovero in strutture protette che costano e di cui gli anziani ne farebbero volentieri a mano. Certo, bisogna investire in strutture, personale, formazione e nel sostegno maggiore alle famiglie in termini di servizi.".
Ma i soldi ci sono?
La Regione Lombardia ha conservato fondi importanti per interventi socio-sanitari come prevede l'accordo siglato con il sindacato dei pensionati del 3.11.2009. La proposta del sindacato è precisa: investire e mettere a disposizione servizi se effettivamente vogliamo aiutare le famiglie. Con i contributi a pioggia non si va molto lontano.
Inoltre mi chiedo: se queste strutture sono tutte soggette agli stessi criteri di accreditamento, come è possibile avere, a parità di classificazione ed assistenza ai degenti, rette così differenziate? A questa domanda semplice alle famiglie piacerebbero avere una risposta".