Tante le capigliature grigie (o le lucide abbronzature sul liscio cuoio capelluto) che si voltavano per seguire il correre delle bocce. Poco prima i concorrenti le avevano carezzate quasi con tenerezza, parlando loro come per suggerire la traiettoria appena prima di scagliarle veloci o di imprimere un tocco leggero e preciso, quasi potessero anch'esse muoversi seguendo la precisa volontà del lanciatore. Ma belli pure i momenti di pausa, in cui la più grande attenzione e un silenzio irreale calavano sul rettangolo di gioco, appena prima delle urla di "fatto!", "boccia punto!", "asse!", "nulla!" lanciate da un pubblico attento ed esperto. E bello anche vedere la luminosa scintilla che si accendeva negli occhi del giocatore una volta lanciata la boccia, pieni di speranza e di attesa nei confronti di quella sfera che - complice a volte un braccio disobbediente o maldestro - pareva talora obbedire più alla forza d'inerzia che alla muta invocazione del lanciatore.
Sono quegli strani ma gustosi momenti in cui ciascuno tra il pubblico può sentirsi a buon diritto giudice, tecnico e consigliere, mentre sono gli sfidanti a spartirsi la tensione e i punti in gara e agli astanti rimane la serena visione dello spettacolo e dei volti di chi ne è protagonista. I giocatori, infatti, accertati i punti, sospingevano le bocce col piede, senza cattiveria ma forse rimproverandole in segreto per non aver avuto l'effetto desiderato, ed era piuttosto attorno al campo di gara che si incendiavano le parole di commento, a volte espresse con grammatica sbriciolata: del resto "non sempre la ragione conosce se stessa".
C'è comunque un frammento di dolcezza che merita di essere celebrato: è quel momento in cui il tiratore carezzava il pallino appena prima di dare il via alla partita e alla ricerca degli 8 punti necessari per vincerla. E in questo contesto è giusto descrivere la perseveranza dell'alfiere dell'Associazione, Angelo Cirillo, che volentieri avremmo incoronato per una sera "re delle bocce" se solo non gli fosse sfuggito il colpo vincente dopo una partenza a razzo ingrippatasi, purtroppo per lui, a un passo dalla meta. Così il primo premio maschile lo ha vinto con merito il bravo Nicola Serafini, autore di una gara maiuscola. E ovviamente bravissima anche la vincitrice tra le donne, Bruna Spinelli, che ha unito alla coppa femminile anche quella conquistata nella categoria "lui e lei" in coppia col marito Carlo Fumagalli, ottimo compagno di gara.
Un appuntamento da non perdere, tanto è stato piacevole vedere questi "giovani un po' avanti negli anni" calzare scarpe ginniche e impegnarsi con garbo e perizia sufficienti a farla in barba a tanti giovani, inclusi quelli che a bordo pista magari tracannavano una fresca bottiglietta di birra: "vegn chi che te la do mi la bira!" parevano dire, sornioni, i pensionati cassaghesi.
E quando nel cielo cominciavano a vagire le stelle ecco che si concludeva anche lo spettacolo di quest'anno, davanti a bocce che a volte seguivano docili il braccio che le aveva lanciate e a volte sembravano intestardirsi nel cambiare direzione all'ultimo, oppure nel volersi fermare troppo presto, o troppo tardi. È proprio vero che lo spettacolo in fondo è tutto qui, nel seguire il rotolare della sfera con un piacere segreto, che solo ai più attenti è dato di leggere sui bei volti dei nostri pensionati. Un piacere che può spegnersi per l'errore o aprirsi nel largo sorriso di chi ha azzeccato lancio e partita, e che è il premio migliore che si possa conseguire, comunque vada.
Perché la felicità è qualcosa di meraviglioso, e non dipende certo dal portarsi a casa una coppa. La felicità luccica come la neve sotto il sole d'inverno, e dipende soprattutto dallo stare insieme con pazienza e con gioia. E i pensionati cassaghesi, in questo, sono maestri. Un bravo a tutti!