Montini arriva in piazza sulla sua auto. Scende, tanti vanno a salutarlo baciandogli l'anello. Lui, timidamente cerca di sottrarsi. E' un uomo timido. Le sue dita appoggiandosi sulla guancia del cresimando sono delicate, l'olio sulla fronte si stempera dolcemente. Lo sguardo fuggitivo, intenso si impone davanti all'occhio del cresimando. Il Cardinale è solo per lui, lo guarda, gli parla, lo tocca. Sono segni che resteranno.
Sembra un film in bianco e nero. Dopo cinquantacinque anni quell'uomo ascetico, triste, timido, dimenticato, messo da parte, costretto a subire la negazione del tempo viene, da parte della chiesa cattolica romana, rispolverato e consacrato agli onori della beatitudine.
Giovanni Battista Montini è stato un testimone significativo per il novecento italiano. Il postulatore della causa di beatificazione, padre Antonio Marrazzo, riferendosi proprio agli anni della Fuci e all'impegno in Segreteria di Stato durante la seconda guerra mondiale, ha definito Montini uno "sfegatato antifascista". E fu proprio tra gli universitari che il prelato bresciano "formò la futura classe dirigente dell'Italia", come sottolinea don Angelo Maffeis, ricordando anche la nascita del rapporto d'amicizia che legò Montini ad Aldo Moro, fino al tragico appello ai rapitori e poi alla sofferta omelia della celebrazione funebre, quando, rivolgendosi a Dio, il Papa disse: "Non ci hai ascoltato".
Montini fu un antifascista, ma anche un anticomunista. Parlando ai fedeli nel salone parrocchiale, in quel 5 ottobre 1959, disse: " La parrocchia dimostra vitalità, dovuta allo zelo del pastore e dei suoi collaboratori, tanto più provvida e meritoria quanto più difficile è il loro campo d'azione invaso dai seguaci delle avverse dottrine marxiste. Raccomandiamo la cura paziente, assidua, fiduciosa per il recupero dei figli lontani." (1897-1997, i cento anni della Parrocchia di Pescarenico, ed il campaniletto).
Non era un integralista. Il filosofo Jacque Maritain fu l'intellettuale laico più vicino alla formazione del pensiero di Montini. Negli anni Sessanta Jacque Maritain pose la dimensione dell'umanesimo al centro della persona, evidenziando il valore della democrazia in contrapposizione al totalitarismo tecnologico che tende all'individualismo, alla massificazione e fu contro lo statalismo, il prassismo. Per Jacque Maritain la politica doveva essere focalizzata sulla persona umana e finalizzata al bene comune nel rispetto del pluralismo. Per far questo Jacque Maritain sostenne che bisognasse sviluppare una formazione integrale e armonica, che superasse le unilateralità e le scissioni. Per raggiungere questo scopo è indispensabile adottare una metodologia che non sia né permissiva né autoritaria ma all'insegna della libertà. La libertà umanistica è la condizione indispensabile per evitare il vuoto metafìsico ed etico, che è nemico dell'educazione non meno che della democrazia.
Papa Paolo VI lo considerò il proprio ispiratore. A conferma di ciò, alla chiusura del Concilio Vaticano II, fu a Maritain, quale rappresentante degli intellettuali, che Paolo VI consegnò simbolicamente il proprio messaggio agli uomini di scienza e del pensiero.
Non si possono dimenticare gli anni di piombo, gli anni della crescita e delle contraddizioni. Il corpo di Montini fu l'emblema, l'icona di quel periodo, il suo corpo comunicava sofferenza, fatica, incomprensione. Il suo corpo per chi stava dall'altra parte della chiesa è stato un richiamo al recupero della lezione dell'umanesimo di Jacque Maritain. Per un laico, Montini, per la sua sofferenza esistenziale e per la sua testimonianza storica è da anni nel libro della beatitudine.