
Il tribunale di Lecco
E' entrato nel vivo senza la parte civile il procedimento penale a carico del commercialista lecchese Felice Tavola chiamato a rispondere di bancarotta fraudolenta documentale e di bancarotta impropria da operazioni dolose che avrebbero cagionato il dissesto in relazione alla Stile Libero srl, società specializzata nella fabbricazione e nel commercio di biciclette, con sede operativa a Missaglia (frazione Lomaniga), nata nel 2003 e ufficialmente dichiarata "defunta" già nel 2009. L'ex assessore al bilancio della prima Giunta leghista di Lecco ha infatti "risarcito" il fallimento con un'offerta di 30.000 euro accettata dal collegio dei creditori, come asserito dalla dottoressa Maria Grazia De Zorzi, curatrice escussa quest'oggi insieme al maresciallo Mauro Quadri chiamato a dare "un'infarinatura" del caso a cominciare dagli accertamenti di natura fiscale delegati alla tenenza della Guardia di Finanza di Cernusco. Ma è stata la commercialista - collega dunque, professionalmente parlando, dell'imputato - a entrare nel dettaglio, rispondendo alle domande poste dal sostituto procuratore Nicola Preteroti e dagli avvocati di Tavola, il lecchese Stefano Pelizzari (in sostituzione di Enrico Giarda) e il comasco Marco Franzini (in Aula al posto di Andrea Marcinkiewicz). La professionista ha riferito di non aver riscontrato tutta la documentazione necessaria per poter procedere ad una ricostruzione puntuale degli "affari" della Stile Libero, riferendo come la redazione dei bilanci a detta dell'amministratore e della liquidatrice ovvero di Mirco Di Falco e Giuliana Porreca - entrambi già usciti di scena patteggiando in riferimento alle accuse mosse nei loro confronti sempre in relazione al crac - fosse affidata, come comprovato da una ricevuta esibita dagli stessi, al commercialista lecchese ora a giudizio, loro riferimento tra il 2003 e l'inizio del 2007. Questi, poi, seppur approvati non sarebbero stati depositati nel registro delle imprese. Evidenziata altresì dalla dottoressa De Zorzi come, dalle scritture ricostruite, sia emerso il mancato allineamento tra le dichiarazioni Iva e le dichiarazioni dei redditi. Nello specifico la curatrice avrebbe chiesto conto agli amministratori di cespiti per oltre 2.400.000 euro, risultanti sulla carta, ma di fatto non rinvenuti al momento dell'accesso presso la sede della società dove sarebbero stati trovati solo alcuni computer, fotocopiatrici e pochi beni per ufficio riconosciuti da Di Falco e Porreca come effettivamente della Stile Libero. Le spese milionarie, invece, a giudizio dell'incarica del Tribunale,
"figuravano solo ai fini Iva" ovvero avrebbero generato un ingente credito iva utilizzato, negli anni,
"per pagare vari tributi", tramite il meccanismo della compensazione (orizzontale e verticale), come sottolineato dal PM. Fittizi, poi, stando al capo d'imputazione, anche i versamenti in conto capitale per 403.000 euro,
"per coprire la perdita del capitale sociale", mai materialmente effettuati dai soci ed
"iscritti a bilancio a loro insaputa" come gli stessi avrebbero spiegato dalla De Zorzi, impossibilitata a chiarire la questione direttamente con Tavola che - a suo tempo - "non ha voluto affrontare il contraddittorio" come riferito ai giudici (Enrico Manzi presidente, Salvatore Catalano e Nora Lisa Passoni a latere).
Nemmeno in Aula il professionista lariano fornirà la propria versione, a meno che deciderà poi di rilasciare spontanee dichiarazioni. Non è infatti al momento previsto il suo esame, con il processo aggiornato al prossimo 4 maggio per i testi della difesa e la eventuale discussione.
Questa mattina, però, prima di aggiornare la causa, alla curatrice sono stati chiesti anche altri "dati". Il sostituto procuratore in particolare ha voluto tracciare i confini del "buco" lasciato dalla Stile Libero. In 9 milioni (di cui 6 circa rivendicati dalla sola Equitalia) il passivo. Di poco più di 120.000 euro l'attivo. Per un
"deficit abnorme" dunque al momento di tirare la linea, come rimarcato dalla commercialista, torchiata anche dagli avvocati Pelizzari e Franzini. Attraverso le loro domande è risultato chiaro come la sede legale della fallita fosse in Milano e come si siano riscontrate difficoltà nel reperire la documentazione contabile anche la fine della "gestione Tavola" (con un presunto allagamento che avrebbe mandato distrutto i carteggi), quando la società venne inizialmente messa in liquidazione per poi fare marcia indietro. Evidenziato inoltre come tutte le domande di insinuazione al passivo, tranne una, siano relative a crediti originati dal 2008 in poi, ad eccezione della "voragine-Equitalia" emersa con le cartelle arrivata tra il 2007 e l'anno successivo.
Tra due mesi il ritorno in Aula.
A.M.