Oggiono: giunto al traguardo della pensione, Gurrieri Lauria traccia un bilancio di 14 anni alla guida dell'istituto Bachelet

Dopo tanti anni trascorsi a dirigere l’Istituto di istruzione superiore statale (IIS) “Bachelet” di Oggiono, il professor Sergio Gurrieri Lauria, 67 anni, è pronto a lasciare il mondo della scuola per godersi la meritata pensione.
Svolta per qualche anno l’attività di architetto, ha scelto di entrare nel mondo della scuola a metà anni '80: prima nel ruolo di insegnante di disegno tecnico e poi ottenendo vari incarichi di presidenza in diverse scuole in giro per la Lombardia, come l’istituto professionale di Codogno, il “Leonardo da Vinci” di Carate Brianza o ancora l’ITIS “Altiero Spinelli” di Sesto San Giovanni. Nel 2003 è approdato come dirigente scolastico all’Istituto “Bachelet” dove  è rimasto fino a oggi.
 
Il professor Sergio Gurrieri Lauria
Ultimi giorni da preside. Ha già fatto un bilancio?

C’è decisamente il rammarico di lasciare un lavoro interessante e importante che, nonostante gli aspetti negativi, mi ha regalato delle grandi emozioni. L’ultima è stata qualche giorno fa la visita di due ex alunni, diplomatisi rispettivamente dieci e sette anni fa.

Dopo l’attività di libero professionista e di docente, la sua carriera professionale termina nel ruolo di dirigente scolastico. Cosa l’ha spinta qualche anno fa a abbandonare l’insegnamento e a diventare preside?
La novità, il voler provare qualcosa di diverso. Dopo aver svolto per un anno il ruolo di vicario alla presidenza, me la son sentita di tentare anche questa strada.

Quali sono gli aspetti di questo ruolo che più le sono piaciuti?
Prioritariamente il rapporto con i ragazzi, che bisogna saper costruire nel tempo: si può fare il dirigente o mantenendo rapporti freddi e distaccati con gli studenti oppure considerandoli non semplici numeri, ma persone con nomi e cognomi. Da parte mia ho fatto sempre lo sforzo di conoscerli, di sapere come stanno e di capirne le eventuali problematiche di un’età (solitamente dai quattordici ai diciannove anni con qualcuno anche più grande) estremamente complessa e articolata. In questo senso per me è sempre stato fondamentale aiutare questi ragazzi a crescere sereni, nonostante le elevatissime pressioni e tensioni sociali a cui sono sottoposti. Ansie, angosce e paure sono diventate un affare così quotidiano e diffuso da rendere la figura dello psicologo a scuola una necessità rispetto a qualche anno fa.

Secondo lei, quali sono le problematiche più diffuse e pericolose tra i ragazzi di oggi?
Impressionante è l’ansia di successo di tanti ragazzi, che si manifesta sia nella frustrazione per non aver raggiunto la sufficienza in alcuni casi o per non aver preso 9 o 10 in altri. In entrambe le situazioni però, i risultati sono gli stessi in termini di depressione e scadimento della qualità di vita. Nel mio piccolo ho cercato attraverso il dialogo di venire incontro agli studenti e alle loro problematiche.

Il disagio e le difficoltà degli studenti di oggi ci offrono la possibilità di avere uno sguardo di lungo periodo sulla scuola. Che cambiamenti ha avvertito in questi anni nelle varie componenti che compongono il mondo della scuola?
Se ripenso ai primi studenti dell’ITIS degli anni ’80, c’era una visione tipica di una scuola tecnica in un contesto di provincia, secondo cui si frequentava un corso di studi perché si era già in qualche modo indirizzati e si sapeva di finire poi a lavorare in certe aziende. A fronte di meno stimoli dall’esterno, questi ragazzi, chi più chi meno già indirizzati, erano sicuramente più sereni. A partire da quel periodo poi, le giovani generazioni sono diventate protagoniste del consumo fino a arrivare agli eccessi attuali in cui i ragazzi hanno una notevole capacità di spesa e vengono continuamente corteggiati dal mercato. Ciò genera scontento, insoddisfazione e soprattutto ansia generalizzata dovuta alla tensione tra l’irraggiungibile modello proposto e lo sforzo continuamente frustrato di raggiungerlo.

L'istituto oggionese
Una situazione senza speranza?

No assolutamente. Nonostante il contesto fosco, tanti ragazzi sono in grado di costruirsi e curare un proprio mondo interiore che guarda al di là della quotidianità e pronuncia altre parole. Sono quei ragazzi un po’ estrosi, dall’abbigliamento non convenzionale, dal linguaggio anomalo che sono in grado di mostrarti e farti percepire una loro interiorità.

Alle tensioni e all’ansia nella società corrisponde un mondo della scuola che da più di vent’anni non trova la sua stabilità viste le varie riforme scolastiche che si sono succedute finora. Cosa ne pensa?
Bene o male non sono andate avanti, visto l’arrivo di un governo di colore diverso che promuove un’altra riforma senza abrogare del tutto quella preesistente. In questo modo si è spesso venuto a creare una situazione paradossale: le nuove normative si sommano alle legislazioni precedenti, lasciando chi si trova a applicarle in una sorta di palude. La quantità di leggi è impressionante a tal punto da farmi parlare di molestie burocratiche.

Cosa manca secondo lei?
Manca la capacità di razionalizzare e semplificare. Addirittura avevano creato il Ministero della Semplificazione, sembrava una rivoluzione epocale ma i risultati decisamente non sono stati quelli sperati. E poi c’è un’altra questione, grave e colpevole.

Qual è?
Alla formula “scuola dell’autonomia” aggiungerei una serie di aggettivi come falsa, limitata, ridotta, controllata. Vanno bene i controlli ma di che autonomia stiamo parlando se non c’è la possibilità di decidere come usare i fondi, di scegliere o meno gli insegnanti e di allontanare quelle persone che non sono all’altezza? Non l’ha detto il dottore che bisogna lavorare nella scuola pubblica ed è veramente difficile, quasi impossibile, allontanare qualcuno. Ma la cosa più grave è la mancanza di risorse a disposizione del dirigente scolastico.

L’ultima domanda la vorrei dedicare all’istituto Bachelet di Oggiono di cui è stato preside per molti anni. Cosa si augura di aver lasciato e quali sono le sfide più importanti del suo successore?
Alla collega di notevole intelligente e sensibilità che mi sostituisce (Anna Panzeri ndr) auguro di trovarsi bene e di riuscire a creare un buon rapporto con studenti e il personale.

Per quanto riguarda la situazione dell’istituto che si appresta a lasciare, cosa vuole dire?
L’Istituto Bachelet è indubbiamente al limite per il numero di studenti. La scuola si dovrebbe assestare a cinquanta classi e non alle cinquantadue attuali visto che è impensabile pensare a un allargamento edilizio. Se fosse possibile gestire autonomamente una parte del budget per edilizia e manutenzione, la situazione sarebbe diversa con tutte i rischi che si potrebbero presentare. Al di là di tutte le difficoltà però, burocratiche e organizzative, mi sento di dire che mi mancheranno tantissimo i sorrisi e le battute con gli studenti ogni mattina.
Alessandro Pirovano
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