'Il fatto non sussiste'. Assolta la donna a processo per violenza sessuale sulla 'ex'
La Procura aveva chiesto la condanna dell'imputata a 4 anni di reclusione: il collegio giudicante ha assolto invece la donna, perché il fatto non sussiste. Si è chiuso così, esattamente come "suggerito" dal difensore Agnese Massaro, il procedimento intentato nei confronti di un'esercente del casatese, dichiaratamente lesbica, chiamata a rispondere di un episodio di violenza sessuale su un'altra esponente del gentil sesso, sua compagna in un veloce quanto burrascoso frangente in cui le loro strade si sono incrociate.
Come sostenuto dal sostituto procuratore Silvia Zannini, in processi vertenti su ipotesi di reato di questo tipo, è la persona offesa a diventare voce narrante degli avvenimenti: il Pm ha ritenuto assolutamente credibile la versione dei fatti resa dalla supposta vittima, con il racconto messo invece pesantemente in discussione dal legale dell'imputata, pronta a introdurre, in sede di discussione, sottolineature non di poco conto come i "non ricordo" snocciolati dalla donna dinnanzi alle divergenze tra l'esposizione del "fattaccio" resa in Aula rispetto alla versione sintetizzata in denuncia, nel momento in cui è stata accompagna al cospetto dei giudici dopo essersi fatta attendere per tre udienze, senza rispondere all'appello.
Ma, soprattutto, pur mantenendo i toni nei confini del rispetto, l'avvocato Massaro ha demolito la credibilità della persona offesa rifacendosi ai messaggini che - a più riprese - la stessa avrebbe inoltrato, in momenti successivi a quel "maledetto" 24 settembre 2013, all'imputata per farle gli auguri di Natale, chiederle l'amicizia su Facebook oppure per rassicurarla circa l'aver ritirato una denuncia che, invece, presentata, viaggia poi diretta sulla propria strada vertendo su un'ipotesi di reato procedibile d'ufficio. Ed ancora, la toga lecchese, ha elencato le querele sottoscritte nel tempo dalla vittima, nei confronti dell'ex marito e di un ex fidanzato accusato, con la di lui sorella, di averla sfruttata avviandola alla prostituzione, una vicenda - quest'ultima - chiusasi recentemente con l'assoluzione dei due fratelli finiti a giudizio e la trasmissione, da parte del Tribunale, degli atti in Procura per valutare eventualmente la posizione dell'accusatrice. "Ha denunciato falsamente la mia assistita gettandola nel baratro della disperazione" ha concluso l'avvocato, parlando dell'attività professionale intrapresa della donna dedita per un certo periodo al porno e descrivendo poi la stessa come di una "persona non equilibrata, con tratti evidenti di instabilità caratteriale che costituiscono la chiave di lettura del suo comportamento".
Un quadro, questo, dalle tinte opposte rispetto a quello tracciato dalla titolare della pubblica accusa che, credendo alla presunta vittima, ha portato all'attenzione dei giudici dettagli come il supposto stato di alterazione per abuso d'alcool in cui - a detta della denunciante - si sarebbe trovata l'imputata al momento della violenza, perpetrata nei confronti di una donna abbandonata dalla propria famiglia e lanciatasi in una relazione omosessuale minata dalla gelosia e dalla possessività della compagna.
In meno di mezz'ora di camera di consiglio i giudici Salvatore Catalano (presidente), Nora Lisa Passoni e Maria Chiara Arrighi hanno sancito l'innocenza della commerciante a processo, assolta con formula piena.
L'ingresso in tribunale a Lecco
Come sostenuto dal sostituto procuratore Silvia Zannini, in processi vertenti su ipotesi di reato di questo tipo, è la persona offesa a diventare voce narrante degli avvenimenti: il Pm ha ritenuto assolutamente credibile la versione dei fatti resa dalla supposta vittima, con il racconto messo invece pesantemente in discussione dal legale dell'imputata, pronta a introdurre, in sede di discussione, sottolineature non di poco conto come i "non ricordo" snocciolati dalla donna dinnanzi alle divergenze tra l'esposizione del "fattaccio" resa in Aula rispetto alla versione sintetizzata in denuncia, nel momento in cui è stata accompagna al cospetto dei giudici dopo essersi fatta attendere per tre udienze, senza rispondere all'appello.
Ma, soprattutto, pur mantenendo i toni nei confini del rispetto, l'avvocato Massaro ha demolito la credibilità della persona offesa rifacendosi ai messaggini che - a più riprese - la stessa avrebbe inoltrato, in momenti successivi a quel "maledetto" 24 settembre 2013, all'imputata per farle gli auguri di Natale, chiederle l'amicizia su Facebook oppure per rassicurarla circa l'aver ritirato una denuncia che, invece, presentata, viaggia poi diretta sulla propria strada vertendo su un'ipotesi di reato procedibile d'ufficio. Ed ancora, la toga lecchese, ha elencato le querele sottoscritte nel tempo dalla vittima, nei confronti dell'ex marito e di un ex fidanzato accusato, con la di lui sorella, di averla sfruttata avviandola alla prostituzione, una vicenda - quest'ultima - chiusasi recentemente con l'assoluzione dei due fratelli finiti a giudizio e la trasmissione, da parte del Tribunale, degli atti in Procura per valutare eventualmente la posizione dell'accusatrice. "Ha denunciato falsamente la mia assistita gettandola nel baratro della disperazione" ha concluso l'avvocato, parlando dell'attività professionale intrapresa della donna dedita per un certo periodo al porno e descrivendo poi la stessa come di una "persona non equilibrata, con tratti evidenti di instabilità caratteriale che costituiscono la chiave di lettura del suo comportamento".
Un quadro, questo, dalle tinte opposte rispetto a quello tracciato dalla titolare della pubblica accusa che, credendo alla presunta vittima, ha portato all'attenzione dei giudici dettagli come il supposto stato di alterazione per abuso d'alcool in cui - a detta della denunciante - si sarebbe trovata l'imputata al momento della violenza, perpetrata nei confronti di una donna abbandonata dalla propria famiglia e lanciatasi in una relazione omosessuale minata dalla gelosia e dalla possessività della compagna.
In meno di mezz'ora di camera di consiglio i giudici Salvatore Catalano (presidente), Nora Lisa Passoni e Maria Chiara Arrighi hanno sancito l'innocenza della commerciante a processo, assolta con formula piena.
A.M.