Casatenovo: dalla stella ottenuta a La Fermata, alla guida della scuola internazionale di Alma. Lo chef Luciano Tona si racconta

Luciano Tona
Percorrendo la strada provinciale 51 che attraversa da nord a sud Casatenovo, all'inizio di Via De Gasperi ci si imbatte in quello che è stato un punto di riferimento per la cucina italiana e non solo: il ristorante ''La Fermata''. O meglio, nell'edificio al confine tra Campofiorenzo e Rogoredo, che del locale è stato per molti anni la sede.
A gestirlo, fino ad un decennio fa, lo chef stellato Luciano Tona, che nel 1989 ha preso in mano le redini dell'antica trattoria di famiglia, trasformandola in un ristorante dall'offerta raffinata sulla scia dell'allora emergente nouvelle cuisine.
Grandi e molteplici sono subito stati i riconoscimenti e gli apprezzamenti per questo cambio di direzione impresso al locale e alcuni piatti - tra cui citiamo come esempio la zuppa di pomodoro e astice ed il famoso "miseria e nobiltà", con vitello e caviale - sono stati immediatamente ripresi da altri ristoranti, come simbolo del successo nascente della nuova realtà culinaria.
''La Fermata'', chiusa ormai da tempo, ha rappresentato il trampolino di lancio per l'attività gastronomica dello chef Tona, perché proprio da quella prima esperienza è emersa la sua forte passione per la ricerca di sapori e gusti che fossero in grado di innovare la tradizione, soprattutto grazie all'influenza dello stile e del metodo di Gualtiero Marchesi, lo chef ritenuto il "fondatore della nuova cucina italiana" recentemente scomparso.
Dalla nostra chiacchierata con Luciano Tona infatti, è emersa la descrizione di un'influenza altamente positiva e stimolante che hanno accresciuto l'attenzione e la sensibilità nei confronti di un panorama culinario che muoveva in Italia i primi passi verso una cucina più consapevole delle altre esperienze gastronomiche e delle potenzialità insite intrinsecamente nei piatti della tradizione.
Un incontro ricordato come un punto di svolta per l'intera carriera dello chef brianzolo e il cui sviluppo, culminato con l'assegnazione della stella Michelin nel 1995, lo hanno portato a percorrere strade diverse da quella originariamente intrapresa. In particolare, sia come conseguenza di una personale scelta famigliare sia a causa della chiamata da parte dello stesso Marchesi a gestire la nascente Scuola Internazionale di Cucina Italiana ALMA, con sede nella Reggia di Colorno, è seguita la decisione di chiudere il ristorante casatese per poter meglio dedicarsi alla nuova esperienza professionale. Presso la prestigiosa accademia infatti, si è presentata la possibilità di intraprendere un percorso in tutto e per tutto arricchente e valorizzante come quello dell'insegnamento, che fin da subito ha accolto il favore e l'entusiasmo dei primi studenti che gli sono stati assegnati, e che ha inoltre costituito la prima esperienza scolastica in assoluto di ALMA.

Luciano Tona con Gualtiero Marchesi

La riflessione a questo punto è inevitabilmente caduta sulla questione mediatica e pubblicitaria della cucina, con particolare riferimento ai sempre più seguiti talent show e programmi televisivi quali "Masterchef" o "Top Chef"; anche in tali contesti il ruolo della formazione sembra giocare un ruolo centrale, ma l'opinione dello chef è che, in realtà, di insegnamento vero e
Chef Tona ai tempi de La Fermata
proprio non ci sia concretamente ed effettivamente nulla poiché ciò che conta davvero, e cioè il contatto diretto e il genuino scambio di opinioni, sembra essere pressochè assente. "Il vero valore aggiunto dell'esperienza di formazione presso ALMA è la possibilità per gli allievi di entrare in contatto con cuochi e personalità dal rilevante e prestigioso spessore internazionale che arricchiscono il percorso di apprendimento e assicurano la trasmissione di solide basi in materia culinaria e non solo" le parole di Luciano Tona, la cui sfida è divenuta quella di riuscire a trasmettere un metodo, dei valori e delle sensazioni autentici attraverso l'attività e i vari progetti di insegnamento intrapresi negli anni.
Il racconto sugli sviluppi della sua carriera è proseguito e non è mancata di presentarsi l'occasione per parlare del nuovo progetto gastronomico che è stato realizzato in concomitanza con l'appoggio di un altro rinomato nome dell'alta cucina italiana e internazionale, lo chef Enrico Crippa, anch'esso di origini brianzole (di Viganò per la precisione ndr).
Il disegno che vede come collaboratori i due chef stellati rappresenta la più importante competizione delle Arti Gastronomiche a livello mondiale, il "Bocuse d'Or", il quale consiste in un concorso a squadre suddiviso in una tappa nazionale, una continentale e una mondiale, attraverso le quali i cuochi in gara devono sfidarsi presentando piatti e pietanze che rasentino o raggiungano l'eccellenza in materia di cucina. Entrambi gli chef sono stati coinvolti anche in una serie di eventi collaterali al concorso sul tema della riscoperta gastronomica dell'Italia del Novecento, organizzati per lo più nel territorio torinese in luoghi e strutture suggestive come la Mole Antoneliana e lo storico museo del cinema. Il concorso costituisce inoltre, un importante momento di valorizzazione del Made in Italy alimentare, essendo una proposta dell'Accademia italiana, nel tentativo di rinvigorire la qualità e le variegate e molteplici proprietà della cucina nazionale. Il rapporto tra lo chef Tona e lo chef Crippa nasce e si consolida all'interno di un quadro di esperienze e contesti a livello locale e internazionale che hanno rinsaldato la reciproca fiducia tra i due, elemento che peraltro è continuamente supportato dalle origini comuni e che fa della Brianza in particolare un medesimo punto di riferimento. E' infatti la matrice culturale e popolare del proprio passato a costituire le fondamenta dell'attività e del pensiero dello chef Tona, il quale ha affermato di pensare ancora oggi al locale di famiglia come a un'immagine costante e presente anche nello svolgimento delle attività di cui si occupa.

Luciano Tona con chef Enrico Crippa durante il Bocus d'or

Se allarghiamo il campo al contesto della globalizzazione e dell'incontro tra culture diverse, la cucina italiana resta ancora oggi la più copiata in tutto il mondo, con trasformazioni che spesso si discostano completamente dalla versione originale e che quindi si allontanano dai quei tre chiari ed essenziali aggettivi che maggiormente connotano la nostra tradizione gastronomica: bella, buona e semplice. D'obbligo a questo punto un ulteriore collegamento al tentativo, riuscito egregiamente dello chef Marchesi, di aver portato nel nostro Paese la cucina francese, adattandola però allo stile e all'identità italiana e
Tona all'epoca in cui era direttore della scuola Alma
reinterpretando ogni piatto alla luce di nuovi tempi e di idee innovative. Nonostante lo chef ha insistito sul valore della riconoscibilità della cucina italiana, ha comunque riconosciuto un grande pregio all'innovazione culinaria soprattutto perché, come ci ha espressamente raccontato, "la cucina è figlia del tempo che vive e quindi la tradizione deve poter essere attualizzata".
Dopo aver lasciato la direzione di ALMA nel 2014, Luciano Tona ha guidato nuovi progetti  di  ristorazione, ha scritto e pubblicato vari titoli sulla gastronomia principalmente italiana e ha iniziato a dedicarsi intensamente nell'attività di consulente aziendale in tutto il mondo. In particolare, l'ultimo progetto di consulenza che lo ha visto protagonista ha avuto luogo a Panama, presso un'osteria italiana moderna che ha rilanciato l'antico e più che mai vero legame che unisce il concetto della semplicità con l'idea di bellezza. Per concludere, alla domanda relativa a quale sia l'insegnamento più valido e attuale che ha coltivato nella sua ricca e soddisfacente carriera, lo chef Tona non ha esitato a rispondere con poche e semplici parole che hanno coronato con coerenza il discorso fin qui riportato sulla sua affascinante vicenda nata nel cuore di un piccolo paese della Brianza. "In cucina, come in tutto il resto, l'importante è non dimenticare mai il luogo in cui si nasce, perché è solo avendo concretamente i piedi per terra, e non semplicemente le scarpe, che è possibile entrare autenticamente in contatto con quella parte di cultura che ci coinvolge, ci appartiene ma che riesce anche a rinnovarci" ha concluso lo chef.
Martina Besana
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