Molteno: animali maltrattati? In tribunale due veterinari raccontano l'ispezione del 2013

Il tribunale di Lecco
Sono stati due i veterinari chiamati quest'oggi a deporre in'aula del tribunale di Lecco in merito al ''blitz'' scattato nel 2013 in un'azienda agricola di Molteno, a seguito di una segnalazione inoltrata al Corpo forestale dello Stato, dalla Leidaa-Lega italiana per la difesa degli animali. Nel luglio di quell'anno infatti, più di un centinaio di animali erano finiti sotto sequestro per presunti maltrattamenti da parte del loro proprietario, Claudio F., allevatore residente in paese, finito quindi a processo. Secondo il quadro accusatorio (ancora tutto da dimostrare), l'allevatore avrebbe sottoposto gli animali a comportamenti e fatiche insopportabili, lasciando i cani legati per giorni ad una catena di ferro troppo corta per consentire loro di abbeverarsi, in condizioni igieniche pessime, avendo peraltro estratto i canini a tre di essi mediante l'utilizzo di una tenaglia. Una condotta analoga sarebbe stata manifestata dal moltenese nei confronti del gregge di pecore (144 per la precisione) che facevano la spola tra la sede dell'azienda agricola di Molteno e il pascolo ai Piani dei Resinelli, dove gli animali sostavano per buona parte dell'anno, prima di scendere a valle secondo l'antico rito della transumanza.
Il dottor Paolo Bianchi dell'ATS (allora Asl di Lecco) ha relazionato in merito al sopralluogo compiuto in Valsassina dove su circa centocinquanta capi del gregge complessivamente presenti, meno di cinque erano stati rinvenuti con ferite ed abrasioni piuttosto recenti. Per quanto riguarda invece i cani, alcuni presentavano evidenti segni riconducibili all'estrazione di alcuni denti incisivi e canini; in questo caso mancavano le relative certificazioni a firma dei veterinari per giustificare tale pratica.
Ben più allarmante il quadro descritto invece da Nico Tavian, veterinario libero professionista che ha affiancato il Corpo Forestale dello Stato durante l'ispezione prima all'azienda agricola di Molteno e successivamente ai Resinelli. Per quanto riguarda la prima parte del sopralluogo condotta nell'abitazione dell'imputato e in un terreno poco distante, il medico ha spiegato di aver rinvenuto una quindicina di cani presenti in condizioni fatiscenti dal punto di vista igienico sanitario, riferendo che c'erano ''carcasse di animali morti ovunque'', molti dei quali ''non identificabili, deceduti senza nessun documento di cancellazione'', tanto che era stato necessario provvedere all'identificazione di ogni singolo cane. ''Faceva molto caldo: ricordo che c'era un numero di mosche non quantificabili e odore di morte ovunque e due cani talmente impauriti, che era impossibile avvicinarli. Non si poteva prenderli, nè visitarli. Si nascondevano sotto dei pezzi di motore''. Il sopralluogo era poi proseguito in un'altra parte di proprietà, dove i cani erano ''legati con delle catene, coperte da rovi e arrotolate'' e alcuni di loro ''privi di acqua e cibo''. ''C'era una madre con dei cuccioli di pochi giorni di vita, sotto il sole cocente senza acqua da bere e con una catena che andava bene per un bovino, ma il cane era di piccola taglia. Due erano già morti schiacciati dalla catena e perdevano sangue dalla testa'' ha aggiunto il professionista, spiegando che un altro cane era coperto di feci con il pelo pieno di fango, mentre alcuni animali non avevano più ''nè i canini, nè gli incisivi''. Per quanto riguarda il pascolo ai Resinelli invece, il dottor Tavian ha spiegato che nel gregge c'erano duecento capi tra agnelli, asini, ''senza possibilità di refrigerio nè ombra. Agnelli a cui era stata tagliata la coda da poco, molti capi non identificati, altri marcatamente zoppi'' e infine dei cani ''legati da una catena in una specie di dirupo''.
Un quadro davvero grave che è stato però ridimensionato dal difensore dell'imputato, l'avvocato Claudio Rivetti che ha interrogato a lungo il teste ponendogli precise domande sulla condizione in cui versavano gli animali. Per quanto riguarda la prima ispezione effettuata all'interno dell'abitazione moltenese, è emerso che i cani erano ''malnutriti, non denutriti'', inoltre ''liberi con disponibilità di acqua''. Nel terreno situato ad un centinaio di metri di distanza invece, gli animali erano ''legati da catene troppo corte, totalmente attorcigliate, tanto che era impossibile srotolarle'', mentre le feci si trovavano ''tutte intorno nella stessa zona'', segnale che i cani non avevano libertà di movimento. Due di loro erano sprovvisti di ciotole per bere. Per quanto riguarda infine l'alpeggio, c'erano alcuni ''agnelli con coda troncata, zoppi, con vertebre sporgenti, tutti ammassati in un recinto. Fuori due cani erano legati, in pendenza''.
Nell'interrogare il teste sulle persone che avevano partecipato al sopralluogo, è emerso che oltre al Corpo Forestale e ai veterinari era intervenuta a Molteno anche l'ex ministro Michela Vittoria Brambilla, in qualità di presidente della Leidaa. ''E' arrivata in un secondo momento per recuperare i cuccioli'' ha precisato il dottor Tavian.
Conclusa la lunga escussione del teste, il giudice Passoni ha rinviato l'udienza al 9 maggio per l'audizione degli operanti e la chiusura dell'istruttoria.
G. C.
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