Oggiono: Chantal Borgonovo racconta la SLA che in pochi anni ha strappato alla vita il marito Stefano

Si è conclusa nella serata di ieri la rassegna "Incontri a km 0" con l'ultimo appuntamento in compagnia di Chantal Borgonovo e Mapi Danna, protagoniste dell'evento per raccontare la storia di Stefano Borgonovo, un padre, un marito ed uno sportivo d'eccezione conosciuto a livello nazionale per il suo talento e raro coraggio.

Gli ospiti della serata introdotti dall'assessore Elena Ornaghi (ultima a destra)

Le donne, autrici del libro "Una vita in gioco" hanno condiviso la presentazione dello scritto con il primario neurologo Andrea Rigamonti dell'Ospedale Manzoni di Lecco, sotto la regia del giornalista sportivo Nando Sanvito.
L'idea di scrivere di Stefano si è concretizzata nel primo incontro fra Chantal e Mapi, scrittrice di love books per la Mondadori che mai avrebbe pensato di scoprire un mondo a lei sconosciuto. "Quando sentivo parlare del calciatore Borgonovo - ha commentato la Danna - mi immaginavo la celebre scena di lui che entra nello stadio a Firenze e credevo di conoscere tutto di lui e della storia. In realtà mi sbagliavo. Mi è stato dato un compito delicato, meraviglioso e prezioso perché ho dovuto trasformare 30 anni di vita vissuti da Chantal in parole".
L'introduzione del libro ha lasciato spazio alla lettura di alcune frasi toccanti che Sanvito ha voluto condividere al pubblico, prima di addentrarsi in una storia d'amore nata tra due adolescenti quindicenni e sfociata in una famiglia con quattro meravigliosi figli che, un giorno d'improvviso nel 2006, ha avuto la sfortuna di conoscere la Sclerosi Laterale Amiotrofica.


La malattia ha accompagnato Stefano per ben sette anni, ma questa convivenza forzata non è riuscita a togliere la grinta del calciatore che era in lui. "Non abbiamo mai parlato di morte - ha raccontato Chantal - ma piuttosto di vita. Nei primi due anni Stefano ha avuto una chiusura totale, non rispondeva al telefono e non voleva che lo facessi io poi invece, quando è stato messo di fronte ad una scelta, ha deciso di vivere e da allora ha affrontato la malattia con uno spirito diverso, era lui che supportava chi aveva intorno".
Nel decorso, in molti hanno sostenuto il calciatore primi fra tutti i colleghi che spesso andavano a casa a trovarlo, anche se inizialmente con qualche titubanza perché "la SLA spaventa, non tutti sanno che colpisce il corpo ma non cambia la mente" ha detto la moglie.

Da sinistra il giornalista Nando Sanvito e il dottor Andrea Rigamonti

E proprio per il mondo del calcio questa patologia pare essere un vero e proprio tabù, forse anche perché dal punto di vista medico è ancora un tema coperto da mille domande "nei calciatori si è riscontrata una maggior incidenza - ha riferito il
Chantal Borgonovo
dottor Rigamonti - anche se buona parte dei meccanismi legati alla malattia ancora sfuggono: si riscontrano componenti genetiche, ma anche familiari e taluni casi sporadici, oltre ovviamente a fattori ambientali sconosciuti".
Nonostante le evidenti difficoltà mediche nella cura della patologia, le ricerche spesso non sono supportate da donazioni sufficienti che - a detta di Chantal - si sono rivelate scarse soprattutto dalle federazioni sportive "non vedo nel mondo del calcio l'intenzione di approfondire o finanziare le ricerche e non so dire perché. Probabilmente può essere indifferenza. Il grande polverone alzato da Stefano con la sua storia si sta abbassando e la polvere sta tornando al suo posto" queste le parole di rammarico a cui il mediatore ha tentato di dar spiegazione. "Suppongo non si tratti di indifferenza morale, quanto più dettata dal timore delle conseguenze a livello economico".
Nel 2013 Stefano ha perso definitivamente la lotta contro la patologia, lasciando la moglie e i figli tra cui Gaia e Benedetta di appena 10 e 16 anni. "La più piccola non ha mai conosciuto il papà sano - ha riportato Chantal - e ha avuto la grande fortuna di avere al suo fianco i fratelli maggiori; la penultima invece era bambina quando Stefano si è ammalato ed iniziava a far domande sulla sua guarigione a cui io non ho mai dato risposta. Mentre i più grandi hanno sentito la sigla ed hanno cercato quindi su internet scoprendo che cosa aveva colpito il papà".
Nonostante il grande ostacolo che la vita ha posto davanti, la "moglie della SLA" - come lei si è definita - ed i piccoli oggi ormai cresciuti non hanno mai perso la speranza e la voglia di lottare contro questa patologia per aiutare così chi sta soffrendo come ha sofferto Stefano.


La serata si è conclusa con le timide domande del pubblico, incuriosito ma anche rispettoso del delicato argomento trattato; per finire l'assessore Elena Ornaghi ha ringraziato i presenti per la partecipazione con la promessa di una nuova rassegna il prossimo anno.
Angelica Badoni
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