Oggiono: accusata di aver rubato bracciali per 34mila€, un alibi la scagiona. E' assolta

E' stata assolta per non aver commesso il fatto Maria Piera Pesce, finita a processo in tribunale a Lecco con l'accusa di furto aggravato. Secondo quanto stabilito quest'oggi dal giudice monocratico Nora Lisa Passoni, non è stata la 55enne di origine sinti a sottrarre un rotolo contenente diversi bracciali in oro dalla gioielleria Fasoli a Oggiono. Un episodio risalente all'ottobre 2010 che era costato all'esercizio commerciale di Via 1° Maggio un danno di circa 34mila euro.
A condurre i militari della locale stazione sulle tracce della donna erano state le immagini del sistema di videosorveglianza del negozio oggionese, dalle quali erano state estrapolate le targhe di due auto ritenute sospette. Effettuati gli accertamenti sugli intestatari, una di esse era risultata riconducibile ad un giovane domiciliato in un campo nomade di Brugherio, zona che i carabinieri di Oggiono hanno perlustrato, avvalendosi anche dell'aiuto dei colleghi della stazione di riferimento. L'attività investigativa aveva consentito di stringere il cerchio intorno a quattro famiglie di etnia sinti, sino ad arrivare all'odierna imputata, collegata all'intestatario della Twingo da un legame di parentela e corrispondente alla descrizione fornita dalla commerciante oggionese vittima del furto: la presunta ladra era infatti una donna bionda, di circa cinquant'anni di età.
Stamani però, il ''colpo di scena''. Il difensore dell'imputata, l'avvocato Raffaele Dalle Fave del foro di Macerata, ha prodotto un certificato medico secondo il quale il 14 ottobre 2010, lo stesso giorno in cui è stato messo a segno il furto ai danni della gioielleria Fasoli, la donna si era recata al Policlinico di Monza per sottoporsi ad una visita. Una circostanza confermata anche dal medico presso il quale aveva preso appuntamento la donna, escusso in qualità di teste, così come dall'allora fidanzato dell'imputata. Quest'ultimo ha infatti asserito stamani in aula di avere personalmente accompagnato la Pesce al Policlinico. ''Sono sicuro che si trattava del mese di ottobre perchè ero venuto in Italia a distanza di dieci anni dalla morte di mio padre, alla memoria del quale avevo fatto celebrare una messa. Mi ero sentito con Maria Piera e l'avevo accompagnata in ospedale perchè aveva programmato una visita. Era sicuramente di mattina perchè successivamente ci siamo recati a pranzo insieme in un locale lì vicino'' ha affermato il testimone citato dalla difesa.
Un'alibi ''di ferro'' dunque, che ha spinto il vice procuratore onorario Pietro Bassi a chiedere l'assoluzione dell'imputata ''poichè non è stata raggiunta la prova che abbia commesso il fatto''.
Nella propria requisitoria l'avvocato Dalle Fave ha evidenziato come l'apertura del fascicolo d'indagine con citazione diretta a giudizio della propria assistita fosse scaturita da una mera individuazione fotografica da parte dei carabinieri, senza ulteriore attività investigativa. ''In passato l'imputata ha avuto problematiche con la giustizia, ma ha abbandonato questa condotta da molti anni, eppure si prosegue a ritenerla un soggetto che potrebbe aver commesso reati'' ha aggiunto il legale citando aluni dei circaa quindici procedimenti a carico di Maria Piera Pesce in tutto il nord Italia - dal Piemonte al Friuli Venezia Giulia - che sono stati di recente archiviati o che si sono conclusi con un'assoluzione. Tra questi il più recente risale ai mesi scorsi, quando la Procura di Torino, ritenendola responsabile di cinque furti, aveva chiesto nei suoi confronti una misura cautelare. Le accuse però, erano successivamente cadute e l'indagine archiviata.
Al termine di una breve camera di consiglio il giudice Passoni ha assolto l'imputata per non aver commesso il fatto.
G. C.
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