Dolzago: per la governante accusata di aver 'depredato' villa Brusadelli chiesto un anno di reclusione

Villa Brusadelli
A parlare proprio di tale atto è stata l'ultima testimone della difesa -rappresentata dall'avvocato Sandra Giusti del foro di Roma- nonchè parte civile G.P. ovvero la figlia del datore di lavoro di Laura C., chiamata oggi a deporre per la vicenda dolzaghese. "Tra me e lei. c'erano buoni rapporti, eravamo amiche finchè non ha trovato un testamento scritto di pugno e firmato da mio padre dove lei risultava essere l'unica beneficiaria" ha detto la teste, rispondendo alle domande del difensore. "Lei era la factotum di mio padre, che si occupava da solo del suo patrimonio e delle sue vicende, non voleva che i famigliari si intromettessero, me compresa". La donna, classe 1948, ha riferito però che il padre "aveva delegato l'imputata, una volta messo in vendita l'immobile, di andare lì e trasferire i mobili in buono stato nella sua casa romana ma nella sua abitazione io non li ho mai visti". Della scomparsa di quasi tutto l'arredo la donna è venuta a conoscenza una volta che, nominata sua figlia amministratore di sostegno dell'architetto, è giunta a Dolzago: "mio genero mi disse che era sparito gran parte del mobilio e mi mostrò delle foto per farmi vedere che i camini erano stati tolti e a quel punto mia figlia non potè occuparsi più di tanto dell'immobile, ormai era ridotto a macerie. Aveva murato le finestre per evitare che entrassero ragazzi ma il Comune si oppose perchè non era consentito". Dichiarata chiusa l'istruttoria dibattimentale, il Vpo Mattia Mascaro ha chiesto al giudice la condanna dell'imputata a un anno di reclusione e al pagamento di 1000 euro di multa, una proposta a cui si è associato l'avvocato Alessio Pica di parte civile, in rappresentanza della figlia e della nipote dell'ex proprietario di Villa Brusadelli, poichè, secondo la sua versione, l'imputata si sarebbe recata a Dolzago -come riferito a SIT dall'ormai deceduto architetto Scola, incaricato dalla famiglia di vendere l'immobile- per effettuare alcuni lavori e dopo pochi giorni se n'è andata; inoltre, secondo l'avvocato, la donna non avrebbe fornito la prova della vendita dei mobili, come da ordine ricevuto dal suo datore di lavoro. Non dello stesso parere si è espresso l'avvocato difensore dell'imputata che ha chiesto l'assoluzione per non aver commesso il fatto e perchè il fatto non è stato provato.
B.F.