Casatenovo: suscita ancora “sospetti” l’assunzione a termini di concorso di Simona Milani, ex Retesalute ai servizi sociali

SImona Milani
E’ passata un po’ sotto traccia la nomina, quale vincitrice del concorso , della dottoressa Simona Milani a capo dell’Ufficio Sociale, cultura, biblioteca, istruzione e sport del comune di Casatenovo.  Ma che si tratti di una notizia clamorosa non v’è dubbio, soprattutto avendo contezza della posizione del segretario comunale della cittadina, schieratissimo sulle posizioni che vogliono la messa in liquidazione di Retesalute di cui la dottoressa Milani è stata direttrice fino a pochi mesi fa e indicata come la migliore scelta dagli esponenti di centrosinistra e centrodestra che fondarono l’azienda nel 2005.

Quella di Filippo Galbiati, sindaco di Casatenovo e presidente della Conferenza dei sindaci, nonché esponente di punta dei comuni soci dell’azienda speciale pubblica, è una mossa difficile da decifrare. C’era un concorso, la Milani l’ha vinto e si è aggiudicata il ruolo. Tutto qui. Tutto qui? A noi pare un po’ strano.

Soprattutto in questo momento dove, al di là delle apparenti convergenze sulla gestione commissariale di Retesalute, ci sono sommovimenti tali da lasciare intendere che la lunga partita ingaggiata da coloro che vedrebbero volentieri la chiusura dell’azienda a favore di altre realtà provinciali sia tutt’altro che conclusa.

Il quadro sia politico sia economico-finanziario ora è chiarissimo: se l’assemblea dei soci nel 2018 avesse accolto il piano di risanamento e rilancio proposto dal CdA a gestione Alessandro Salvioni la situazione sarebbe stata riportata alla normalità nel volgere di un paio d’anni senza bisogno di ricorrere a studi e perizie assai costosi. Ma un gruppo ben definito di Comuni bloccò l’operazione e ancora oggi alcuni di essi non hanno neppure completato il versamento della quota di aumento di capitale. Come pure, chi oggi dice che aveva capito che c’era qualcosa che non tornava dal punto di vista dei conti e scientemente ha bloccato il piano di risanamento perché non ha indagato in quella sede per far emergere il problema? Il Testo Unico degli Enti Locali (Basta leggere l’art. 114) impone ai Comuni Soci un obbligo di vigilanza; qualcuno ha chiuso gli occhi non accorgendosi di quanto stava accadendo? Questa è stata solo un’omissione colpevole o una manovra ben ponderata?

Nel frattempo il nuovo CdA  - che con eccessivo clamore ha sollevato gli stracci definendo fallimentare la gestione dell’azienda - ha fatto passare l’aumento delle tariffe principali e già l’esercizio 2020 veleggia verso il pareggio.

Tuttavia, dice la Corte dei Conti in un parere non vincolante, i quattro precedenti erano sicuramente in perdita quindi l’azienda va posta in liquidazione con una gestione commissariale, ma con possibilità di revoca.  

Ma qui si perde di vista l’oggetto sociale di Retesalute: erogare direttamente o indirettamente servizi alle persone fragili, agli anziani, ai minori, a coloro che vivono difficoltà, criticità, violenze, ai malati a domicilio, insomma a tutti i cittadini che hanno necessità di assistenza. Davvero qualcuno se la sente di mettere in discussione un servizio del genere?

E poi come stanno davvero i conti di Retesalute? Secondo i pochi dati noti dell’esercizio 2019 che si ritrovano nel progetto di bilancio diffuso a giugno del 2020, si è registrata una perdita di 566mila euro. Il capitale circolante netto è negativo per circa 3,2 milioni di euro. La voce “Clienti” salda a circa 2 milioni più crediti tributari e disponibilità liquide per 350mila euro per un totale disponibilità a breve di 2,4 milioni. I “Fornitori” assommano a 2,6 milioni, altri 2,5 sono debiti per distribuzione risorse dell’ambito e quasi 200mila euro di debiti correnti verso dipendenti, enti previdenziali e tributari, tutti relativi al solo mese di dicembre. In totale una esposizione di 5,6 milioni che genera appunto un capitale circolante netto negativo per 3,2 milioni. Ma se dei 2,5 milioni di risorse dell’ambito si sottraggono i debiti verso i comuni soci e i debiti verso il distretto, la cifra scende considerevolmente, a circa 450mila euro. Con questa importante rettifica l’indebitamento complessivo si riduce a 3,6 milioni a fronte di crediti complessivi per 2,4 milioni. A questo punto il reale capitale netto circolante negativo scende a 1,2 milioni di euro. Quindi con una veloce ricapitalizzazione che ripaghi l’azienda delle tariffe insufficienti applicate ai Comuni negli anni passati (che ne hanno beneficiato quando stringevano i vincoli del patto di stabilità) si potrebbe mettere in equilibrio non solo economicamente (come già avvenuto), ma anche finanziariamente Retesalute. E tutti i problemi di quest’azienda sarebbero risolti senza tante chiacchiere.

E’ in questo quadro, con debiti verso le banche che non arrivano a 400mila euro, che si intende commissariare l’azienda o addirittura liquidarla e sostituirla con una Retesalute.2 nuova di zecca come vorrebbe qualche segretario comunale?

Di fronte a una simile assurdità torna la domanda iniziale: quale retroscena c’è – ammesso che ci sia ovviamente – dietro l’assunzione da parte del comune di Casatenovo della dottoressa Simona Milani, da diverse parti indicata tra le responsabili del presunto tracollo di Retesalute?

Marco Panzeri non ne sa nulla? E qualche sindaco dell’area caratese, che a suo tempo proprio al sindaco de La Valletta Brianza aveva dato disponibilità a entrare nella compagine dell’azienda speciale pubblica meratese, è ancora in campo e dello stesso avviso?

Il mese di gennaio è decisivo per comprendere quale strada imboccherà l’assemblea dei soci dell’azienda. Una prima decisione però deve essere assunta in tempi brevi: la nomina dei due esponenti mancanti del Consiglio di Amministrazione. L’auspicio è che la scelta sia sulla base della competenza, non dell’appartenenza, sia in materia finanziaria sia nella capacità di selezionare gli erogatori di servizi sociali. Pur rischiando di bruciarli due nomi noi li abbiamo bene in testa: Andrea Massironi e Dario Perego.
Claudio Brambilla
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