Viaggio in Brianza/18: tappa a Robbiate alla scoperta di Villa Bassi Brugnatelli

In questa nuova tappa di Viaggio in Brianza abbiamo voluto aprirvi le porte di una villa che è stata per anni al centro di un profondo restauro: Villa Bassi Brugnatelli a Robbiate, che oggi tuttavia, possiamo ammirare nel suo originale splendore.
Siamo stati calorosamente accolti da Marcello Bassi Brugnatelli, attuale proprietario della dimora, che ci ha gentilmente guidato attraverso i grandi saloni, facendoci scoprire tanti particolari fra i quali ci si potrebbe davvero perdere. Lo vogliamo ringraziare sin da subito per il prezioso aiuto che ci ha offerto, permettendoci di accedere a questo maestoso monumento nel centro robbiatese.

Marcello Bassi Brugnatelli

LE ORIGINI DELLA VILLA: I CORIO
I Corio erano una famiglia originaria della regione della Coira in Svizzera, dove si erano dedicati alla produzione e al commercio di armi, entrando in contatto con la famiglia Visconti nel Cinquecento. Questa relazione con la famiglia meneghina portò degli ottimi risultati alla famiglia svizzera: i Corio divennero Decurioni del Ducato di Milano, ovvero fecero parte dei sessanta senatori che coadiuvavano il Duca principalmente nell'amministrazione del territorio e del patrimonio del Ducato. Grazie a questa nomina, i Corio riuscirono ad entrare in rapporto e a mantenere degli stretti contatti con la famiglia del Duca, come anche con le altre famiglie del patriziato meneghino.
La Brianza era soggetta a dei privilegi, tra cui quelli di non essere infeudata poiché ai tempi del Barbarossa si era distinta per meriti. Per questo motivo i territori di Robbiate non erano ancora stati infeudati, ma i Corio riuscirono a farsi nominare feudatari di questa zona dal Ducato di Milano, poiché erano ben voluti dalla popolazione, tanto quanto erano conosciuti ed apprezzati all'interno del Ducato stesso. Con questo incarico, la famiglia Corio divenne titolare del potere giudiziario, come anche dell'amministrazione fiscale e dei diritti di pesca anche sul "lago" di Brivio.
La villa inizia la sua storia nel 1630 su un immobile preesistente; su questo fondo era infatti già presente una casa con un grande torchio con cui si produceva vino, motivo per cui la via pedonale di fronte alla villa si chiama "Vigna Chiusa". Ad inizio Diciassettesimo secolo, la famiglia Corio residente nel castello di Ganzara (di cui oggi si possono ancora vedere i resti inglobati nell'omonima cascina sempre a Robbiate), decise di costruire una villa secondo i canoni architettonici in voga nel Seicento. Tramontata l'era dei castelli che concentravano la loro attenzione sul cortile interno, le ville dei Diciassettesimo iniziarono ad aprirsi ai grandi giardini, iniziando a considerarli come un importante spazio da vivere.
La villa assume una pianta ad "L", al contrario della gran parte delle altre ville brianzole che sono caratterizzate da una pianta ad "U". Al piano terra si presentava con un grande portico decorato con delle colonne in pietra ed un loggiato al primo piano con delle grandi aperture quadrate. L'architetto Bassi Brugnatelli, parlandoci della struttura della villa, ci ha spiegato: "Ai primi del Seicento, si ha l'eredità del Rinascimento ed il concetto di villa si ispira all'epoca classica e agli stilemi delle ville romane, nelle quali si dà molta importanza al rapporto con il paesaggio. Questo rapporto viene architettonicamente rappresentato con i portici e la loggia che costituiscono un diaframma tra l'open air del giardino ed i saloni interni, ma anche con l'artificio architettonico del cannocchiale prospettico che innesta la proprietà nel paesaggio con lo scopo di esaltare la grandezza della proprietà, quindi l'importanza della famiglia". Questo cannocchiale prospettico è ben visibile sin dal portone della villa: dando le spalle all'enorme uscio ligneo, riconoscendo il simbolo della famiglia Corio nei due leoni rampanti che delimitano l'ingresso alla via Vigna Chiusa. Questo viale continua all'interno del giardino della villa, proseguendo verso est.
Ai tempi dei Corio non vi era la strada prospicente alla villa (l'odierna via Fumagalli, costruita nel tardo Ottocento), ma vi era una piazza che collegava l'area verde di fronte e quella sul retro del palazzo. Villa Bassi Brugnatelli è sempre stata chiamata palazzo perché dall'esterno appare con un aspetto molto severo; sulla facciata si ha il portale in pietra del Seicento, mentre lo stile neoclassico con finiture in pietra aggiunto dopo le modifiche di fine Settecento dalla medesima casata Corio, anticipò questo stile che si diffuse molto solo nel corso dell'Ottocento.
Agli inizi dell'Ottocento, la villa passò di proprietà a Donna Giovanna Stabilini Delfinoni. Questa fu una vera e propria lotta legale poiché che Donna Delfinoni ebbe a che vedere con i tanti eredi della famiglia Corio. Da questa nobildonna, la villa passa in eredità alla nipote Elena Scotti sposata in Fumagalli (dando origine alla nobile famiglia Fumagalli da cui deriva il nome della via antistante la villa). La villa viene poi acquistata nel 1933 dalla Marchesa Romilda Avignone ed in seguito alla famiglia Bassi Brugnatelli dopo il matrimonio della Marchesa in seconde nozze, con il Generale Giuseppe Brugnatelli.

GLI INTERNI DEL PRIMO PIANO
La casa si distingue stilisticamente tra il piano terra ed il primo piano. Questa differenza è probabilmente dovuta al passare dei secoli che vedono nel Seicento riconoscere il primo piano come piano nobile, lasciando scevro da decorazioni il pian terreno. Questa visione cambiò nell'Ottocento: in quegli anni i saloni al piano terra divennero le sale di società dove si svolgevano i banchetti e le feste.
Nel Settecento i Corio fanno chiudere il portico al piano terra. Nell'Ottocento la Delfinoni che si impegnò a ristrutturare la villa fece affrescare le pareti dei saloni ricavati secondo lo stile romantico del tempo, fece modificare i soffitti creando delle volte, lasciando invece intatti i meravigliosi affreschi seicenteschi al primo piano.
Proprio al primo piano vi sono le sale di rappresentanza decorate secondo diversi stilemi ed utilizzate durante tutta la vita della villa come aree comuni in cui gli ospiti delle feste e dei banchetti potevano conversare, mangiare e giocare anche a biliardo. Oltre alla sala dedicata al gioco della carambola, si ha il salone cinese con le decorazioni orientaleggianti, il salone etrusco e la sala da pranzo neoclassica. Anche la cucina merita un accenno poiché è stata completamente restaurata nei minimi dettagli, riportandola il suo antico splendore.

IL GIARDINO E LA CORTE RUSTICA
Il giardino si distingueva rispetto alla campagna circostante per l'architettura con cui era stato pensato e realizzato. Ogni elemento architettonico come la serra e i diversi padiglioni sparsi nel verde, come può essere un casino di caccia, erano studiati per rendere più vivibile il giardino.
Si ha un duplice legame tra gli interni della villa ed il giardino: dal primo piano in stile barocco, era possibile godere meglio del giardino all'italiana, apprezzandone le geometrie viste dall'alto; le decorazioni neoclassiche del piano terra, invece, creano un senso di continuità con il giardino all'inglese tutt'ora presente.
Il giardino di proprietà della villa è di contenute dimensioni e si compone di vari elementi arborei di tutto riguardo. Nell'angolo a sud est del giardino si individua la così detta "Montagnetta" realizzata dalla famiglia Corio per avere un punto di osservazione più elevato, un belvedere, che puntava proprio verso la residenza fortificata della famiglia a Ganzara.
Alla fine dell'Ottocento venne creato un ampliamento del giardino sul lato sud, che venne realizzato nel periodo romantico in cui si desiderava riproporre gli antichi stilemi dei giardini, infatti vi fu ricostruito un giardino all'italiana al posto di una stecca di fabbricati rustici. Il pozzo, che un tempo trovava posto al centro di un cortile, divenne un grazioso elemento di arredo del nuovo giardino all'italiana di bosso.
L'architetto Bassi Brugnatelli ci ha raccontato l'origine di alcuni esemplari ospitati nel suo giardino all'inglese: "Questi giardini erano dei veri e propri status symbol: erano arricchiti da diversi esemplari di piante esotiche, divenendo dei motivi di vanto per la famiglia che ne era proprietaria. Un esempio è la magnolia grandiflora, introdotta nel Settecento, oppure il bambù. In questo giardino possiamo riconoscere una chiara divisione tra piante autoctone nella parte a sud e alloctone nella parte nord del giardino. A sud si possono riconoscere delle querce autoctone, i faggi, i prunus; a nord si può invece trovare, oltre alla già citata magnolia grandiflora, la lagestroemia proveniente dal Sud Carolina, le magnolie solangeanee e le camelie iaponiche originarie dell'estremo oriente, e poi le diverse varietà di palme".

L'orangerie, conosciuta anche come limonaia, è stata costruita nel Settecento per poter ospitare le piante di limoni. Queste piante erano considerate preziose sia per i loro frutti, sia per il ciclo continuo di fioritura e fruttificazione che, non seguendo il normale andamento delle stagioni, permetteva di godere di limoni freschi tutto l'anno.
Il parterre libero e le quinte arboree create dalle chiome degli alberi, rendono unico questo giardino e le passeggiate che vi si possono fare: "Il fine del giardino romantico è quello di dare l'impressione di essere un giardino naturale, per quanto sia necessario un grande impegno per mantenerlo e riuscire a valorizzare le vedute scenografiche create dai diversi alberi con le loro foglie" ha concluso il Bassi Brignatelli.
Continuando la visita, l'architetto ci ha guidato poi sino alla corte rustica di cui ci ha accennato la storia: "La stecca di edifici che compone la corte rustica, costruita nel Cinquecento, ha subito tre fasi di costruzione: nella prima si è costruito quello che oggi ha la funzione di garage, ma che un tempo ospitava la torre colombaia; nella seconda fase viene ampliata sino alla strada, mentre nel Settecento venne spazio in questi fabbricati per il fienile, le scuderie e gli alloggi dei contadini oltre che per poter ospitare il ramo cadetto della famiglia, ovvero i figli non primogeniti delle passate casate nobiliari".

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LA CHIESA DI SANTA TERESA D'AVILA
La chiesa privata della villa è stata rifatta tre volte; si sa che la prima si trovava di fronte al palazzo, anche se non è ben chiaro in quale punto del giardino. La seconda venne ricavata nel Settecento al piano terra, all'estrema destra del palazzo; nei primi anni del Diciannovesimo secolo la chiesina venne completamente ristrutturata in stile impero quando, la proprietà della villa passò dai Corio a Donna Giovanna Stabilini Delfinoni.
Per quanto appaia con una architettura simile alle chiese parrocchiali, non era comune che una cappella privata fosse decorata in modi così elaborati: presenta un impianto a crociera sopra la navata, la volta a botte sovrastante l'altare e gli architravi tra le colonne ioniche. Il tutto decorato con finiture in marmorino e un pavimento in cotto lombardo che crea degli effetti decorativi alternando le miscele chiare e scure nelle piastrelle. Questo impegnativo intervento di Donna Delfinoni è stato mantenuto anche con i lavori di restauro e si sono anche ritrovati i paramenti sacri cifrati con le iniziali della nobildonna.
L'accesso sulla pubblica via è una caratteristica delle chiese private lombarde perché San Carlo Borromeo impose che le cappelle gentilizie fossero aperte anche al pubblico. Le famiglie proprietarie assistevano alle celebrazioni da una balconata posta all'interno della chiesa, sopra il portone d'accesso oppure da dietro una grata sul lato destro della cappella.
La chiesa è tutt'oggi consacrata e viene aperta al pubblico per la messa il 15 ottobre di ogni anno in concomitanza con la giornata dedicata a Santa Teresa d'Avila. Questa dedicazione è avvenuta per volontà della famiglia Corio quando decisero di costruire la prima versione della loro cappella signorile. Per procedere alla dedicazione la famiglia Corio scrisse una lettera alla Curia di Milano chiedendo di dedicare la loro cappella a Santa Teresa d'Avila o ad altro Santo che fosse gradito alla Curia; quest'ultima approvò l'indicazione proposta dai Corio senza porre alcuna questione. La scelta ricadde su questa santa probabilmente perché al momento della costruzione di questa cappella privata il nord Italia era sotto il controllo spagnolo, madre patria di Santa Teresa d'Avila che era anche stata da poco santificata.

L'ARCHIVIO DELLA VILLA
Al piano terra, nell'ala sud, si trova l'archivio della villa in cui sono conservati tanti documenti e reperti antichi di varia provenienza. Uno di questi è un dipinto murale che appartiene all'antica casa quattrocentesca con torchio sui cui resti è stata costruita villa Bassi Brugnatelli. "Questi dipinti mi hanno permesso di comprendere che la casa con torchio era stata inglobata dalla costruzione del palazzo, non era andata persa" ci ha specificato il padrone di casa.
Sulle pareti si trovano appese varie incisioni di Cavour e Mazzini, stampe e documenti storici, come ad esempio una laurea di un Brugnatelli conferita in nome della Repubblica Italiana nel 1802. Non si tratta di un errore o di un falso, con repubblica italiana si indicava la repubblica Cisalpina. Queste sale erano originariamente dedicate all'esposizione della collezione di armi di Umberto Brugnatelli. Tutt'ora si possono ammirare armi di un certo prestigio come delle spingarde, ovvero dei fucili da spalto del Settecento.
Una seconda sala è totalmente dedicata al Rinascimento italiano in quanto i due rami della famiglia (Bassi e Brugnatelli) avevano vissuto il risorgimento a Milano, affrontando e vivendo in prima persona i tanti eventi storici come le Cinque Giornate di Milano.

IL PIANO NOBILE: TRA PREZIOSI DIPINTI E RICERCATI ARREDI
Salito lo scalone nobile, si raggiunge un ampio salone in cui si può ammirare il trionfo del quadraturismo bolognese, stile con cui la fascia più alta delle pareti veniva suddivisa in varie cornici dove sono racchiusi differenti paesaggi settecenteschi, alternati a stemmi delle famiglie più importanti del ducato milanese. Il soffitto è ancora Seicentesco, dipinto seguendo le singole formelle del solaio create dalle varie travi che danno forza al soffitto.
Lo stemma della famiglia Corio si può riconoscere al di sopra della bocca del camino al centro della parete a nord, ma non è lo stemma originale. Quello qui rappresentato ospita per metà il biscione dei Visconti perché ad un certo punto i Corio si uniscono con la famiglia Visconti e, come tradizione nel Sedicesimo secolo, lo stemma della famiglia meno importante si modificava dando spazio allo stemma del casato acquisito.
I quadri che si possono trovare sulla parete sud di questa sala sono due pale d'altare del Cinque-Seicento nate per una chiesa, ma arrivate in questa casa a seguito delle soppressioni napoleoniche. Inoltre questo salone è finemente arredato con mobili di alto prestigio di origine lombarda.
"I mobili del Seicento sono riconoscibili per essere molto squadrati, con una struttura semplice e definita da linee rette. Quando si iniziano a muovere le linee ci si avvicina al Settecento, durante il quale appaiono, ad esempio, l'angolo sfaltonato (quindi tronco, senza lo spigolo aguzzo), i riccioli decorativi e la bombatura dei cassetti. Nell'Ottocento le caratteristiche settecentesche si fanno più evidenti con delle grandi bombature, ma si ha anche una decorazione non più cassetto per cassetto, perchè si sviluppa su più di essi, creando un disegno che abbraccia tutto il mobile quando i tiretti sono chiusi'' ha aggiunto il padrone di casa.

Lo stesso discorso delle decorazioni si rivede anche sui soffitti delle camere degli ospiti che si trovano sul lato sud. È semplice riconoscere i diversi secoli di decorazione: è sufficiente osservare i limiti sono posti al disegno. I soffitti seicenteschi hanno decorazioni che vanno a decorare formella per formell; nel Settecento si inizia ad ampliare il disegno su fasce divise dalle travi portanti; nel corso del Diciannovesimo secolo si arriva alla tecnica del "passasotto" in cui il disegno della decorazione ignora la struttura del solaio, passando, appunto, sotto le travi più grosse come si può anche osservare nella biblioteca al primo piano. Alla fine dell'Ottocento si ha un ulteriore passaggio che porta alla realizzazione di una singola tela decorata che veniva posta sopra al solaio, nascondendo le travi che lo componevano.
Raggiungendo il lato nord della villa, si trovano delle finte architetture dipinte alle pareti in stile roccocò su sfondi di colore pastello, sono quelle di maggior pregio a parere dell'architetto Bassi. Qui si trova l'alcova del padrone di casa, oggi trasformata in sala da bagno. "Questa è l'antica stanza padronale che presenta due porte: una che permetteva al personale della casa di poter entrare nella stanza senza passare per il corridoio principale, la seconda permetteva di accedere ad un primitivo bagno, dove trovava posto il vaso da notte. Il tema amoroso dell'affresco sul soffitto, ovvero l'allegoria della primavera che getta petali di fiore in segno di fecondità, conferma che qui si trovasse il letto matrimoniale. L'alcova nelle ville era sempre in una zona defilata dell'edificio, in quanto luogo privato che doveva rimanere lontano dalle altre sale che spesso ospitavano gli invitati alle feste".
L'effetto del cannocchiale prospettico in giardino è qui riproposto dalla lunga infilata (che potrebbe volgarmente chiamare corridoio) di porte che collega tutte le stanze degli ospiti sul lato sud, sino alla stanza padronale di cui vi abbiamo appena parlato, sull'estremo lato nord.

LA VITA CONTEMPORANEA DI VILLA BASSI
La villa non venne mai abitata tutto l'anno, era anch'essa una residenza di villeggiatura, prima per i Corio, poi per Donna Delfinoni. Venne vissuta in modo continuato solo in tempo di guerra, quando a Milano bombardavano continuamente e chi poteva farlo, si rifugiava in campagna. Marcello Bassi Brugnatelli ha iniziato a vivere stabilmente in villa a Robbiate dal 2001, dopo averla ereditata alla dottoressa Romilda Brugnatelli, apprezzando questa casa soprattutto nell'attuale periodo di pandemia.
Il rapporto tra questa villa e l'architetto Bassi nacque molto prima dell'eredità. "Cominciai a vivere questa villa a quindici anni e ad apprezzarla come un'oasi in cui rifugiarmi. Iniziai a prendermene anche cura grazie anche alla mia passione per le cose antiche che coltivavo sin da piccolo. Vedendo la necessità di cure di cui necessitava questa villa, mi feci carico di intervenire con la collaborazione della mia parente Romilda Fumagalli, costruendo così con lei un rapporto davvero speciale intorno a questa dimora".

LA PASSIONE PER I CARAVAN
Marcello Bassi ha però una passione singolare: quella per i caravan d'epoca. "Sin da bambino mi piaceva l'idea di queste piccole casettine autonome, ma non ho mai fatto vacanze di questo tipo prima di sei anni fa, sarei dovuto andare in Gran Bretagna in auto. A me non convinceva l'idea di fare tutto il viaggio senza soste, sarebbe stato perfetto farlo con una roulotte. Allo stesso tempo stavo seguendo dei lavori per un mio amico che stava ristrutturando la zona del garage della sua villa e in angolo vidi una vecchia roulotte che chiesi in prestito. Inizialmente il mio amico me lo sconsigliò, poiché che non era in buone condizioni, ma qualche tempo dopo decise gentilmente di regalarmela. In un paio di settimane riuscii a sistemarla e partì a metà agosto. Fu una meravigliosa esperienza e da allora ho iniziato ad interessarmi e a collezionare roulotte d'epoca".
L'architetto Bassi sta lavorando da qualche anno alla realizzazione di un museo del caravan, composto dalle sue cinquantatré roulotte e tre camper top di gamma costruiti dagli anni Trenta agli anni Ottanta, che rappresenta la più grande collezione di questo tipo di tutta Italia.

L'architetto Bassi ora sta ragionando sulla possibilità di realizzare un museo con degli amici che condividono la sua passione. Unico altro museo del caravan è a Monaco di Baviera, ma presenta principalmente prodotti tedeschi, la collezione di Bassi è invece molto più varia. "Le roulotte turistiche, come le intendiamo noi, nascono in Inghilterra negli anni Venti come elemento di eccentricità; questo vuol dire che le più vecchie che ho sono inglesi; poi degli anni Cinquanta si hanno anche esemplari francesi e tedeschi, come anche italiani, di cui la più antica è del 1956".
In Italia si diffondono le prime roulotte tra gli anni Cinquanta e Sessanta, ma non hanno una grande diffusione poiché il potere d'acquisto degli italiani era modesto al tempo, quindi avere un'automobile era già un lusso. Negli anni Settanta le roulotte si diffusero molto di più, ma dovevano essere delle roulotte piccole perché le auto che circolavano erano di bassa potenza, perciò non erano in grado di trainare pesi troppo elevati.

Abbiamo avuto l'onore di essere guidati tra le sale della villa da qualcuno che con passione l'ha ristrutturata, l'ama e ci vive. Un'esperienza unica che ci ha permesso di apprezzare ancora di più il luogo che abbiamo visitato. Per questo vogliamo ringraziare ancora una volta l'architetto Marcello Bassi Brugnatelli per la sua grande gentilezza e disponibilità.
Noi siamo stati felici di avervi guidato in questo tour, vi invitiamo a scoprire le altre curiosità su questa villa seguendoci sulla nostra pagina Instagram.

Rubrica a cura di Giovanni Pennati e Alessandro Vergani
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