Due sintetici promemoria per gli eletti con l’auspicio che non seguano le sirene dei professionisti del trasformismo

Con sei volti nuovi - anche se alcuni sono la prosecuzione della maggioranza precedente - e quattro noti si chiude la tornata elettorale nel meratese-casatese e si riprende a lavorare.
Questi sindaci e tutti i colleghi non interessati dal rinnovo amministrativo hanno di fronte due sfide che solo assieme e sotto un coordinamento autorevole possono affrontare con qualche speranza di farcela: il rilancio di Retesalute e il salvataggio del presidio ospedaliero Mandic. E questa volta diciamo proprio il salvataggio perché mai in passato - e nel disinteresse generale - si è assistito al vero e proprio crollo di prestazioni sanitarie.
La vicenda di Retesalute, la società pubblica che gestisce i servizi alla persona, tiene banco da mesi, dalla rocambolesca "scoperta" di un disavanzo accumulato negli anni che assomma a circa 4 milioni di euro. L'Assemblea dei sindaci ha impiegato un anno per decidere il da farsi e alla fine ha optato per la soluzione più inutile e costosa: la liquidazione volontaria con ipotesi di ritorno in bonis. Come e perché ancora nessuno lo ha spiegato ma a quanto pare tutti ci credono. Così i 4 milioni sono già diventati 4,5 per i costi di perizie e liquidatori e anche l'ultimo penultimatum ai comuni-soci imposto dai Liquidatori - "versate i soldi pro quota entro il 30 settembre" - è stato ignorato. Gli arditi guidati da Ciro D'Aries hanno riemesso un ulteriore penultimatum: versare i soldi entro il 31 ottobre. Operazione impossibile, almeno per tutte le Amministrazioni rinnovate. E anche questo cadrà nel vuoto. Intanto l'azienda perde pezzi e il piano di risanamento è ancora tutto da discutere e approvare. Perché così come lo hanno presentato i Liquidatori ben pochi hanno intenzione di votarlo. Calcolare la copertura del disavanzo da parte dei comuni-soci , pro quota, e iscrivere a bilancio la relativa voce tra le "Fatture da emettere" avrebbe molto probabilmente evitato un dispendio di tempo e denaro. Ora si tratta di decidere: se si versano i soldi si va avanti altrimenti si chiude. Ma a decidere temiamo saranno i segretari comunali, i responsabili dell'area finanza e i revisori dei conti. Non i Consigli comunali.
Il fronte ospedaliero, al di là dell'apparenza, sta messo altrettanto male. In rapida sintesi: il reparto di Psichiatria resta chiuso e forse mai riaprirà, L'ostetricia Ginecologia è sotto attacco - sai che novità... - ma stavolta il reparto rischia o il commissariamento o dimissioni eccellenti, la Chirurgia lavora a trazione ridottissima, gli interventi in sala operatoria anche per Ortopedia sono condizionati dalla mancanza di anestesisti, il P.S. si affida per lo più a personale esterno, Oculistica e Otorinolaringoiatria sono solo un pallido ricordo dell'eccellenza del passato e si potrebbe continuare. L'Assemblea dei sindaci ha ignorato sin qui la questione e le rarissime volte che il tema ha fatto capolino in Aula ci si è rivolti al Direttore generale dell'Asst per chiedere se vi fossero davvero problemi. Naturalmente non ce n'erano.
Confidiamo nei volti nuovi affinché si convincano che sociale e sanitario sono le grandi questioni del domani come la lunga e non finita pandemia ha dimostrato. Poi vengono strade, marciapiedi, tombini e altre incombenze che per alcuni sindaci sono priorità.
Non servono moderni pensatoi varati da soggetti frusti e vetusti come estremo tentativo di dimostrare di esistere ancora, per focalizzare i problemi principali del nostro territorio. E non si dia retta alle sirene dei professionisti del salto della quaglia quando fanno annunciare dai trombettieri di corte fantasmagorici progetti come il prolungamento della Est per 1,3 miliardi di euro. Nel piano Olimpiadi non c'è nulla ma fatta la boutade questi specialisti bianco-azzurro-verdi contano sulla scarsa memoria dei lettori per rigenerarsi con nuove mirabolanti trovate.
Così le poltrone sono assicurate mentre i problemi veri restano.
Claudio Brambilla
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