Viaggio in Brianza/27: tappa a Osnago per scoprire storia e curiosità di Palazzo Vimercati

In questa tappa del nostro Viaggio in Brianza vi portiamo a Osnago, alla scoperta della Casa Forte della famiglia De Capitani, oggi di proprietà dei Bonanomi.

LA MERAVIGLIA NEL RETRO BOTTEGA

In pieno centro, affacciato sulla via più trafficata del paese, si può riconoscere questo palazzo per il suo muro a scarpa ed il suo arco a tutto sesto ottenuto con laterizi antichi: se non fosse per questi elementi, sarebbe assai difficile distinguerlo da tutti gli altri palazzi che si ergono intorno a via Roma.

Al piano terra, infatti, non troviamo nulla di appariscente, una semplice panetteria con più di un secolo di storia alle sue spalle, ma proprio nel laboratorio posto dietro a questo piccolo negozio di alimentari, si può scoprire un vero e proprio tesoro: il retro bottega di questa panetteria era niente di meno che un grande salone di rappresentanza nel Quattordicesimo secolo.

IL MILLENARISMO NEL PALAZZO VIMERCATI

Questa è la storica dimora del ramo dei De Capitani di Vimercate (ovvero della famiglia dei Vimercati) a cui apparteneva l'astronomo sforzesco Raffaele e il fondatore della chiesa di Santa Maria delle Grazie, Gaspare. Questi due esponenti della più alta cultura milanese sono il motivo per cui in questa residenza possiamo ritrovare una simbologia astrologica millenaristica.

Il movimento del millenarismo è una corrente di pensiero che ha pervaso religioni e ideologie politiche in tutta la storia dell'uomo, rappresentando la consapevolezza di un futuro avvenimento che porterà ad un cambiamento radicale del mondo. Ancora oggi questo elemento è presente in varie religioni, una tra tutte quella professata dai Testimoni di Geova.

Il professor Andrea Spiriti ci ha fornito un suo parere al culmine di un approfondito studio di questo edificio e dei suoi elementi caratteristici: "Questo palazzo è in assoluto il più rilevante fuori Milano per le rappresentazioni di questa corrente di pensiero molto in voga durante il basso medioevo. Accedendo dal piccolo ingresso si può osservare una decorazione a graffito sul soffitto: un piccolo spazio con voltino a girali (motivi decorativi dei pilastri di pilastri composti da fregi e raffigurazioni vegetali come foglie d'acanto o tralci di vite) con delfini geometrizzati nelle lunette e la scritta "bene veneritis" che è sia un generico invito beneaugurante a coloro che accedono alla dimora, ma anche la formula iniziale per la trasmutazione dei metalli nelle teorie alchimiste".

LE ISCRIZIONI DEL PIANO TERRA

Sempre nella medesima minuta anticamera si possono osservare delle iscrizioni poste sulla parete: "nihil est omne (quod licet)", forma abbreviativa del brocardo "non omne quod licet honestum est", ossia la ferma sottolineatura morale dell'impossibilità di ridurre l'onestà alla formalità giuridica; inoltre si apprezzano un fregio con eleganti vasi, girali ed un clipeo (guerriero con uno scudo cavo originario dell'antica Grecia) con un profilo barbuto, dalla lunga chioma, con elmo con le corna ricurve. Non facilmente visibile, si possono ritrovare un Agnus Dei ovvero la rappresentazione simbolica di Cristo come un agnello con una croce.

Di per sé, l'elmo cornuto del clipeo è un chiaro riferimento ad Alessandro Magno, rappresentazione della sua discendenza divina da Amon-Ra, divinità egizia; ma, allo stesso modo, potrebbe simboleggiare un semplice elmo da parata, della tipologia fantasiosa e classicista tipica della corte del Moro.

Galleria fotografica (19 immagini)

Nel locale adiacente, una volta parte del medesimo ambiente e oggi tramutato nel laboratorio della panetteria, abbiamo la parete ripartita da grandi candelabre, ovvero da colonne tracciate sulle mura a fini decorativi, costituite da forme simili a fiori di aloe. Il fregio superiore alterna girali agli stemmi del ramo principale della famiglia Vimercati e del ramo cadetto, ossia i genitori di Raffaele che abitava in questa casa forte. Il registro inferiore, per quanto può essere osservato, risulta composto da due riquadri, posti su due pareti contrapposte, con girali al cui centro sono rappresentati due clipei: perduto quello di destra, quello di sinistra rappresenta il profilo di uno strepitoso ritratto di giovane guerriero con elmo di grifo.

Il classicismo, in diretto contatto con la tradizione lombarda per cui si possono ritrovare vari riferimenti con i grandi cicli della certosa di Pavia, della cappella Colleoni di Bergamo e dei cortili dei palazzi milanesi, può dare conferma dell'importanza di coloro che vivevano in questo luogo.

IL PRIMO PIANO: L'APOCALISSE NOVA

Dopo aver salito le scale per raggiungere il primo piano, troviamo lo stesso schema a riquadri clipeati, lelesene ed il fregio stemmato del piano terra. Di diverso notiamo quattro riquadri riccamente decorati, in due dei quali si possono incontrare nuovamente i guerrieri grechi: uno con un superbo ritratto di profilo in cui si può riconoscere un giovane laureato dalla lunga chioma, l'altro con la sillaba "AN" sormontata da tre croci e ai lati le lettere D ed E.

Per comprendere meglio questa iscrizione ci rifacciamo alla descrizione del professor Andrea Spiriti. "Ho già rilevato come l'emblema duplicemente cruciforme, sia per la posizione della N, sia per la rappresentazione stilizzata del Calvario sormontante, rappresenta il messaggio dell'Apocalypsis nova; se interpretiamo D ed E come Domine exsurge, nel duplice senso della Resurrezione e dell'invito al Giudizio, abbiamo recuperato il senso: l'opera di Amadeo che troviamo in questa sala, preannuncia il tempo che, iniziato da Passione e Resurrezione, troverà compimento nella Parousía (arrivo di Dio) e nella fine giudiziale della storia. Ma l'espressione tratta dal Salmo 74 (73) al versetto 22, è ben più pregnante, poiché Exsurge Domine è la citazione biblica con cui inizia ed è titolata la celebre bolla del 15 giugno 1520 con la quale papa Leone X ribatte alle novantacinque tesi di Martin Lutero, rappresentando una forte adesione e sostegno alla Chiesa di Roma ed al Pontefice".

Per comprendere meglio il pensiero su cui si fonda il ciclo decorativo di questo luogo bisogna conoscere le vicende proprietarie che abbiamo potuto ricostruire grazie al supporto del professor Spiriti: "Recentemente è stato sostenuto con buoni argomenti che il proprietario tardo quattrocentesco sia proprio l'astrologo Raffaele, sposo della congiunta Leonarda Della Strada. Dal matrimonio sono nati Giovanni Battista e Pietro Paolo, che muore in giovane età, ma dopo aver sposato Polissena, figlia di Ettore Calchi, rendendo così ragione dei nessi profondi con la villa della famiglia del Segretario del Ducato di Milano a Calco. Si tratta dunque, all'interno della famiglia allargata che comprendeva linee e orientamenti diversi, di un ramo di provata fedeltà sforzesca capace di portare avanti un progetto culturale in grado, dopo la violenta polemica antiastrologica dell'ultimo Quattrocento, di declinare gli interessi di Raffaele in una nuova sintesi millenaristica''.

LA LETTURA POLITICA DELL'ICONOGRAFIA

Purtroppo, lo stato di conservazione frammentario del ciclo della casa forte di Osnago impedisce una lettura chiara e di insieme, ma alcune considerazioni tematiche sono state possibili grazie agli studi svolti dal professor Spiriti: "Certamente vi è un ciclo classicista degli Eroi, simile al caso celebre e bramantesco di casa Panigarola a Milano; intersecato però con la citazione diretta dell'Apocalypsis nova, in quel clima di classicismo filosofico che stava trionfando a Roma negli appartamenti vaticani di Giulio II. Più complessa appare la decifrazione del messaggio politico celato dietro a queste decorazioni parietali. Se si vuole darne una lettura filosforzesca, come il contesto politico porterebbe a credere, pare plausibile una datazione fra il 1500 e il 1502, e questo spiegherebbe l'iconografia ‘imperiale' dei clipei, specialmente di quello superiore con la corona di alloro. Alla caduta definitiva del Moro nel 1500, il sacro romano imperatore Massimiliano I d'Asburgo si trovava in una situazione difficilissima: sul piano del diritto, Milano era feudo imperiale, la concessione ducale al Moro legittima e la successione viscontea di Luigi XII nulla; su quello parentale, il Kaiser era il consorte della nipote dello spodestato Moro, Bianca Maria Sforza, che infatti aveva accolto i nipoti Ercole Massimiliano e Francesco a Innsbruck. Fino agli accordi di Blois del 1504, in effetti, l'imperatore pensò concretamente ad una spedizione filosforzesca, bloccata però dalla sua indisponibilità di denaro e dalla realistica constatazione della potenza francese. Possiamo allora ipotizzare che Pietro Paolo Vimercati abbia voluto la realizzazione del ciclo all'indomani della caduta del Moro, riaffermando la fedeltà dinastica sostenuta dai congiunti Calchi, nel momento delicatissimo del passaggio della saldatura ghibellina fra parte sforzesca e parte imperiale. Si trattava di quel partito che lavorava nell'ombra in vista del trionfo del 1512, quando a Milano ritorna uno Sforza che porta il nome dell'imperatore. Un progetto così ambizioso includeva la strumentalizzazione dell'Apocalypsis nova, o meglio il suo utilizzo di parte, finalizzato ad obbiettivi politici ben precisi".

LA QUALITA' DELLE DECORAZIONI

Nel ciclo di Osnago sono presenti differenze nella qualità di realizzazione delle decorazioni, ma i punti alti, come i due grandi ritratti clipeati al primo piano, rilevano la saggezza delle mani che hanno operato in questa casa: il tratto acuto ma attento al dettaglio, la ricerca di unità espressiva ed altrettanti indizi, fanno pensare che l'autore, o per lo meno il coordinatore della realizzazione di questa opera, sia Bernardo Zenale. Questo grande artista, oltra al ciclo di Osnago (graffito, 1500/1502), è stato autore del secondo momento del ciclo Pozzobonelli (graffito, 1503) e del ciclo della biblioteca dell'Incoronata (affresco, 1503). Ma il ciclo brianteo merita rilievo per un'altra ragione: la profonda, sistematica interazione fra immagine figurata, decorazione e frase scritta. In altre parole, siamo alla vigilia di quanto nel 1515 si realizzerà a Calco con l'emblematica di cui vi abbiamo parlato nella tappa a Villa Calchi. "Il punto non era più quello di ritenere esistente una corrispondenza fra il mondo celeste (e in specifico astrale) e quello terrestre da comprendere in chiave astrologica, ma di esaltare l'unità profonda dell'universo in termini pitagorico-platonici, con la geometria chiave di perfezione" ha precisato il professor Spiriti.

LA CAUSA PIA DE CAPITANI DA VIMERCATE PER I POVERI DI OSNAGO

Per avvicinarci ai giorni nostri, è bene citare l'opera caritatevole di Giovanni Maria de Capitani di Vimercate che con il proprio testamento, datato 15 agosto 1526, fondò la "Causa pia per limosine ai poveri e per doti alle fanciulle delle due famiglie De-Capitani di Vimercate", cioè di quella del padre e di quella della madre di lui. In questo modo viene conferita l'amministrazione dei beni e l'erogazione delle rendite in perpetuo a due individui appartenenti alle famiglie, denominandoli "erogatarj".

L'amministrazione della Causa pia si svolge continuativamente sino all'inizio del Tredicesimo secolo ma con frequenti contestazioni da parte dei poveri di Osnago in relazione al riparto delle rendite tra le "zitelle dotande" e i poveri stessi. Al fine di porre termine alle frequenti dispute tra i diversi beneficiari dell'opera pia, Paolo Gamboldi, quale procuratore dei poveri di Osnago, e Gasparre e Michelangelo De Capitani da Vimercate, erogatari, giungono ad una transazione contenuta nell'atto del 14 maggio 1733 rogato da Pietro Antonio Rusca, notaio della Curia arcivescovile di Milano. In tale atto la sostanza lasciata dal testatore viene divisa in due parti uguali, una assegnata ai poveri e l'altra per l'erogazione delle doti. Ad ulteriore garanzia, gli erogatari acconsentono che l'amministrazione della parte di sostanza attribuita ai poveri venga assunta, in loro vece, dal marchese Giulio Antonio Lucini, feudatario di Osnago e, successivamente, dai suoi eredi in linea maschile.

Con l'esaurimento della discendenza maschile della famiglia Lucini, avvenuta dopo la metà del Tredicesimo secolo, l'amministrazione della Causa pia dei poveri avrebbe dovuto tornare agli erogatori della famiglia De Capitani da Vimercate, ma ciò non avvenne poiché loro non rivendicarono questo compito. Con decreto 29 luglio 1813, il Ministro dell'Interno del Regno d'Italia dispose che l'amministrazione dell'opera pia, non rivendicata dalla famiglia De Capitani, venisse concentrata nella Congregazione di carità, istituita in tutti i Comuni del Regno in forza del decreto reale 21 dicembre 1807. All'amministrazione doveva comunque partecipare, di diritto, uno dei patroni della famiglia De Capitani.

Con il ritorno della dominazione austriaca e la conseguente soppressione delle Congregazioni di carità, viene emanata una sovrana risoluzione in data 19 luglio 1819 secondo la quale le sostanze delle opere pie unite alle Congregazioni vengano restituite alle amministrazioni di origine. Pertanto anche la Causa pia De Capitani torna ad essere amministrata dai due erogatari che già gestivano la sostanza destinata alle fanciulle dotande. L'amministrazione da parte degli erogatari prosegue sino al 1846, quando il "Direttorio elemosiniere di Osnago" invoca l'intervento della Delegazione provinciale di Como per il ripristino della gestione pubblica della sostanza attribuita ai poveri. La richiesta viene più volte respinta sino a giungere alla sentenza definitiva del Tribunale superiore del 15 maggio 1857, anch'essa negativa.

Con l'avvento del Regno d'Italia e la ricostituzione della Congregazione di carità, la Causa pia per i poveri di Osnago entra a far parte della pubblica beneficenza, senza peraltro essere preventivamente riconosciuta come ente morale. Infatti con regio decreto del 17 ottobre 1900 l'Opera pia viene direttamente concentrata nella Congregazione di carità di Osnago. La gestione dell'opera pia, sebbene giuridicamente assegnata alla Congregazione di carità e, successivamente all'Ente comunale di assistenza subentrato nel 1937.

Con questo racconto vi abbiamo fornito solo un piccolo assaggio dell'importanza della famiglia De Capitani da Vimercate in tutta la Brianza; pensate che questa era la terza dinastia più ricca di tutto il Ducato di Milano con un reddito di circa cinquanta mila scudi, preceduta in classifica solo dalla famiglia Borromeo (settanta mila scudi annui) e dalla famiglia Fregoso (centosettanta mila scudi annui).

Vorremmo per questo ringraziare Andrea Bonanomi che ci ha permesso di visitare la sua proprietà e ci ha messo in contatto diretto con il professor Andrea Spiriti, il quale ci ha donato una sua sintetica, ma esaustiva relazione, sul ciclo decorativo di Osnago. Inoltre va nominata l'esperta Loredana Michetti che ha puntualmente ricostruito la storia della fondazione costituita dalla famiglia De Capitani da Vimercate a cui abbiamo attinto per la stesura dell'articolo.

Rubrica a cura di Giovanni Pennati e Alessandro Vergani
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.