C’è un’altalena in cima al mondo


C’è un’altalena in cima al mondo che raggiungo ogni volta che posso. C’è un piccolo angolo di Valmalenco che amo ritenere mio, non fosse altro per il toponimo, “Motta”, così diffuso in tutte le nostre valli alpine a significare un’altura turgida. Una volta era un alpeggio floridissimo, con pascoli ubertosi. Finché il clima l’ha concesso di lì passava una pista da sci bellissima, un curvone quasi parabolica che poi faceva picchiare giù a Caspoggio. Oggi non ci sono più né mucche né seggiovie, e ci si sale solo per la bellezza del luogo.

È una specie di pellegrinaggio del cuore quello che compio ogni volta che vengo alla casa di montagna: a costo di salirci di corsa, la sera, con la lampada frontale, non passa volta che non venga a sedermi su questa altalena.

Di fronte la valle nasconde sentieri che ho percorso mille volte, là dietro c’è lo Scalino, là sopra le dighe, là a sinistra il sentiero per la Marinelli, e la Marco e Rosa, e il Bernina, più oltre le dighe c’è il ghiacciaio di Fellaria che cade nel lago come il Perito Moreno in Argentina, il mio piccolo angolo di Patagonia in Italia. Non serve dondolarsi troppo: appena stacco i piedi dall’erba sotto di me c’è il “muro” della pista, e sto volando almeno cento metri sopra il terreno.

C’è un’altalena ogni 31 dicembre che dondola tra i ricordi di quel che è stato e le speranze per quel che di meglio potrà essere.

C’era una canzone, quando suonavo la chitarra all’oratorio, che faceva così: “io domando dove porta l’altalena della vita, dove spesso ciò che vale sembra proprio ciò che muore”. E ci penso mentre dondolo con circospezione, bambino nel cuore ma non più nel peso: quante cose di valore lascia indietro chiunque di noi in questo anno così difficile, che viene dopo un precedente non certo semplice: cosa sarà il prossimo?

In ogni altalena c’è uno slancio in avanti che ci riporta inevitabilmente indietro. Lo sa chi ha osato fare sogni grandi e ha dovuto incassare amare delusioni. In ogni altalena bisogna partire molto indietro per riuscire a sollevarsi più in alto. Lo sa chi ha accumulato sacrifici e fatiche e adesso respira vento e libertà.

Non dite a chi sta volando che prima o poi atterrerà, non dite a chi sta prendendo la rincorsa di andare adagio.

Non dite a chi si scambia gli auguri per il nuovo anno “che tanto non cambierà niente”: non è vero che su un’altalena si ritorna sempre al punto di partenza. Si torna indietro, è vero, ma sempre un po’ nuovi.

Non serve neppure che mi dondoli su questa mia altalena in cima al mondo: sollevo i piedi e il vento mi spinge.

Non serve che faccia niente per accelerare l’arrivo di un nuovo anno più prospero, o più sano, o più libero, né potrei fare qualcosa per trattenere le cose belle di questo 2021 che se ne va. Basta che mi faccia trovare pronto, credo.

Mentre inizia il 2022 c’è in molti la sensazione che si stia tornando indietro, di nuovo alle zone “gialle” o peggio, di nuovo alle statistiche dei contagi, al rincaro delle mascherine, alle file per i tamponi. Ci dicono che il ritmo è comunque rallentato, come se questa altalena stia comunque rallentando.

Lascio posto ai miei figli su questa nostra altalena in zona bianca: “Mi spingi papà?”, mi chiede il piccolo. Ha la valle davanti, la neve sotto i piedi, il vento nel cuore. Per lui ogni nuovo giorno è un anno nuovo: buon anno a te, che non hai paura di questa altalena.
Prof. Stefano Motta
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