Viaggio in Brianza/34: nuova tappa a Calco per una visita guidata a Villa La Vescogna

Questa domenica il nostro Viaggio in Brianza ritorna sul colle Vescogna, sul confine tra il comune di Calco e di Merate. Qui vi abbiamo raccontato tempo fa della storia di Villa Cachi e del suo importante frequentatore: Bartolomeo Calchi. Oggi ci spostiamo di nemmeno cinquanta metri dall'ingresso della precedente dimora per portarvi a scoprire un altro magico luogo che presidia questo colle: Villa La Vescogna.
Per questa occasione abbiamo avuto l'onore di essere accompagnati dal proprietario di una porzione di questa villa, Piergiorgio Fasoli che ha svolto approfonditi studi sulla sua proprietà anche perché svolge la libera professione di architetto.


LE ORIGINI DELLA VESCOGNA
Le prime notizie di un insediamento sulle colline di Calco si trovano in documenti del 936 e del 960 nei quali in qualità di testimoni sono presenti le firme di alcuni abitanti del paese ". . . del loco Calgo testes" . Prima dell'anno Mille troviamo altri cinque atti dei quali i personaggi citati sono sempre "Umberti et Warimbertus" che ci consentono di datare con certezza l'origine del paese al periodo Longobardo.
Il ripetersi dei nomi qui sopra citati nei documenti ed il fatto che oltre ad essere persone di fiducia dei potenti dell'epoca (Alcherio signore di Airuno, Attone conte di Lecco) fossero anche acquirenti e venditori, ci fa pensare a questi signori come appartenenti ad una nobile famiglia. Con buona probabilità sono gli antenati della famiglia Calchi o da Calco.
I Calchi ebbero come riferimento i potenti di Milano, riferimento che consentirà loro di ottenere gloria, ricchezze e onori. Proprietari di vasti territori in questa parte della Brianza, vivevano in origine in un palazzotto fortificato in quella parte del paese che adesso si chiama Vescogna.
Il Castellaccio (ora Villa Calchi) venne sostituito da un edificio molto più ampia e signorile: il complesso costituito da quelle che diventeranno le attuali ville di Calco Superiore, Vescogna, Moriggia e Torre. Situate in posizione elevata su un'altura che domina la valle di Calco, il lago e le terre di Sartirana e una vasta zona dell'attuale meratese, da qui i Calchi vigilavano sul confine dell'Adda tra il Ducato di Milano e la Repubblica di Venezia.
In origine non si hanno grandi riscontri storici se non riferiti alla torre la cui ricostruzione storica riporta che la famiglia Calchi abbia difeso per conto di Francesco Sforza, il Ducato di Milano all'arrivo dei Veneziani che si sarebbero schierati contro il ducato con la Repubblica Ambrosiana. Questa torre era probabilmente presente qui al posto della villa La Vescogna, con il fine di rendere più sicuro il poggio; infatti, da qui si può avere un'ottima visuale su tutto il territorio circostante. C'è anche chi sostiene che la torre soggetto dell'opera di difesa fosse, invece, situata in località Torre. Non si hanno molte certezze in merito, sta di fatto che la difesa del Ducato contro i Veneziani fu l'occasione per Bartolomeo Calchi per distinguersi ed essere apprezzato dagli Sforza, come vi abbiamo raccontato nel precedente articolo su Villa Calchi.
Oltre a queste residenze i Calchi ne costruirono numerose altre tra le quali il palazzo fatto edificare da Paolo Emilio Calco sulla collina del Buttero a Olgiate Molgora, passato poi ai Dugnani e attualmente proprietà dei Gola.
La famiglia risiedeva principalmente a Milano, dove alcuni dei suoi componenti arrivarono ad occupare alti incarichi di governo. Bartolomeo Calco divenne Primo Segretario Ducale con Gian Galeazzo e Lodovico Sforza; Tristano Calco fu estensore della prima storia di Milano su incarico di Lodovico il Moro; Polidoro Calco fu governatore dello Stato di Milano.
Questa famiglia dominò la scena per diversi secoli, ma il massimo prestigio lo raggiunse nel periodo rinascimentale quando ospitarono presso i loro possedimenti di Vescogna, oltre alla corte ducale impegnata in battute di caccia, anche illustri personaggi come Leonardo da Vinci di cui Bartolomeo aveva favorito l'arrivo a Milano al servizio degli Sforza.


TRISTANO CALCO: LO STORICO DEI VISCONTI
Tristano Calco nacque probabilmente poco prima della metà del XV secolo da Andrea e Maddalena Caimi. Godette della protezione del cancelliere Bartolomeo Calco e fu impiegato nel Consiglio Segreto del Castello. Del 1489 è il suo primo componimento a carattere storico a cui ne seguirono altri in celebrazione dei matrimoni alla corte ducale.
Dopo la morte del Merula, autore dell'incompiuta redazione della storia dei Visconti, venne incaricato da Lodovico Sforza di proseguirne l'opera "Historia Vicecomitum". Iniziato il lavoro egli rinunciò a continuare il testo secondo l'incarico ricevuto, ma volle ricominciare l'opera dall' inizio trasformandola da storia di una famiglia in storia di uno Stato. La sua "Mediolanensis Historiae Patriae" che va dalle origini di Milano al 1322, ricostruisce con secca obbiettività e sulla base della documentazione disponibile le origini dei Visconti, rifiutandone la trattazione più celebrativa che storica rispetto al suo predecessore.
Per le ricerche archivistiche condotte in preparazione della sua opera egli godette della massima collaborazione della autorità e usufruì di lettere di presentazione e di salvacondotti del Moro per archivi, biblioteche e privati nel ducato e fuori di esso. Pare che durante il lavoro Tristano venisse a Calco, in quella parte alta del paese che si chiama Vescogna, a ritemprarsi delle fatiche dello scrivere. Nonostante tanti sforzi Tristano non vide pubblicata la sua opera che fu edita a Milano soltanto nel 1627.

LA FAMIGLIA CALCHI MARLIANI
Nel 1477, alla morte di Giovanni Calco, i suoi beni passarono ai figli, fra cui Bartolomeo Calco che divenne proprietario del colle della Vescogna. Alla morte di questi, nel 1508, fra gli eredi si ritrova Polidoro Calco che fu governatore dello stato di Milano. Nel tempo I beni di Vescogna furono poi divisi e la porzione settentrionale pervenne ad Antonio Maria, figlio di Polidoro ed al figlio di quest'ultimo, Giovanni Battista Mauro Calco.
La figlia di Giovanni Battista Mauro sposò Giulio Marliani estinguendo questo ramo dei Calchi e facendo passare i possedimenti di Calco ai Marliani. La nuova proprietà, alla fine del Diciassettesimo secolo, partendo dagli edifici preesistenti o forse demolendone una parte, realizzò un'ampia villa nella porzione settentrionale della Vescogna.
La cartografia del Catasto Teresiano del 1721 riporta la forma definitiva della villa sostanzialmente ad U rivolta verso sud-ovest cioè verso Sartirana Briantea. La zona verso sud-est venne costruita inglobando e trasformando preesistenti edifici; fu realizzato un cortile di servizio ed altri edifici addossati che ebbero destinazione rustica. Venne edificato un nuovo corpo corrispondente alla porzione centrale del fronte comprendente una tinaia e una cantina al piano seminterrato (in cui è presente un pozzo da cui è possibile ancora oggi attingere acqua), mentre al primo piano trovavano posto stanze e saloni. In centro al fronte principale fu realizzato un portale con ai lati due torrette ospitanti le scale a chiocciola che portano ai piani superiori.
Queste due torrette riprendono il concetto di torre che ha reso tanto importante la famiglia Calchi presso il Ducato di Milano; l'antica torre di cui si è già parlato, doveva probabilmente essere posta nell'odierna ala sud-est della villa, in quanto parte più antica dell'edificio. Per quanto oggi ci possa apparire questo l'ingresso principale è più probabile he al tempo dei Calchi Marliani l'ingresso si trovasse più a valle, verso Sartirana (oggi è ancora visibile un grande cancello in via Principe Falcò Cassina).
Per accedere alle due ali della villa, quella signorile e quella di servizio, vennero realizzati due portici affacciati sul cortile. Inoltre venne realizzato il grande giardino all'italiana su tre terrazze divise da bellissime balaustre tardo-seicentesche in serizio che, degradando verso il lago di Sartirana, si apre su uno spettacolare paesaggio.
Alla fine del Settecento il conte Luigi Marliani si trovò oberato dai debiti e dovette cedere le sue proprietà di Masnago nel territorio di Varese e di Calco. Quest'ultima proprietà era descritta come: "... fondi con case rustiche e casa grande da nobile con giardino, chioso e roccolo, per un totale di 788 pertiche". La vendita all'asta avvenne nel 1804 ed essi furono acquistati da Andrea Cavalli Lanfredi, abitante in Porta Ticinese a Milano. Iniziò così un periodo di divisioni e continui passaggi di proprietà della villa e dei suoi annessi fino a che tra il 1821 e il 1826 gran parte della Vescogna entrò in possesso di Don Andrea Forti, parroco di Arlate.


LA FAMIGLIA GHISLANZONI: LA VESCOGNA DI DELIZIA
Andrea Forti, parroco di Arlate, muore il sei agosto del 1830. Nel testamento redatto nel 1828 egli nomina il pronipote Ignazio Ferdinando Ghislanzoni, figlio di sua nipote Anna Maria Regina Forti detta Marianna e di Evangelista, erede universale a cui lascia: "...i beni stabili di Vescogna comune di Calco da dividersi fra i cugini in parti uguali". Negli anni seguenti Ignazio subentrò pienamente ed esclusivamente nella proprietà della villa liquidando il fratello ed acquistato le altre porzioni da proprietari milanesi che non si erano mai curati della loro proprietà in Brianza, stabilendovisi nel 1832 all' età di ventitré anni.
Mentre la Vescogna era di proprietà della famiglia Ghislanzoni, venne realizzato un giardino romantico. Questo artificio architettonico ottocentesco si caratterizzava per la presenza di diverse piante ad alto fusto che garantivano una bolla di frescura durante le torride giornate estive. Tra questi fitti alberi si snodava un breve circuito in acciottolato sul quale i signori passeggiavano al fresco oppure permettevano di conoscersi ai giovani in età di matrimonio, fatto da cui deriva il nome di questa tipologia di giardino. Tutt'oggi questo giardino è ancora presente in villa ed è ancora apprezzato durante l'estate.
Ignazio Ghislanzoni nacque a Lecco nel 1809 ed è parente di Antonio Ghislanzoni librettista e scrittore il cui nome è legato soprattutto al libretto di "Aida" di Giuseppe Verdi con il quale collaborò anche alle revisioni della "Forza del Destino" e di "Don Carlos"; durante la villeggiatura estiva il librettista, insieme ai più famosi personaggi della Scapigliatura lombarda, frequentava la celebre Villa Gomes di Lecco ed era sovente ospitato in Vescogna. Ignazio nel 1838 sposò Maria Lavelli, nella Parrocchia di San Marcellino di Imbersago; da questa unione nacquero sette figli, tra cui: Giuseppa Giuditta Maria, Giovanni Ermenegildo Andrea e Giacomo Carlo Maria.
In quegli anni tormentati i Ghislanzoni si distinsero per la propria attiva partecipazione ai moti risorgimentali: Antonio, mazziniano, fu prima costretto a rifugiarsi in Svizzera ed in seguito arrestato dai Francesi e deportato in Corsica; Ignazio venne arrestato come cospiratore dagli Austriaci e fu imprigionato a San Vittore nel periodo all'inizio degli anni Cinquanta dell'Ottocento. Questo episodio portò probabilmente a tragiche conseguenze sullo stato di salute mentale di Ignazio che morì nel 1862, all' età di cinquantatré anni, nel manicomio di San Vittore a Milano.
Tra i figli di Ignazio si distinse Giovanni che ricoprì la carica di sindaco di Calco dal 1871 al 1894. Egli venne descritto come persona estremamente sensibile umanamente e politicamente. Questo è confermato dal fatto che nel 1897, quando vennr raddoppiata la tassa sulla famiglia, Giovanni vi si oppose fortemente, arrivando a dimettersi da tutte le cariche pubbliche, convincendo gli altri assessori ed il sindaco in carica a presentare un esposto al re Umberto I. Il buon cuore di Giovanni era inoltre da tutti riconosciuto in quanto era solito saldare tutti i debiti che i suoi contadini non erano in grado di onorare. Non si sposerà e non avrà figli, morì all' età di sessantadue anni.
Il quarto figlio Giacomo Carlo Maria, ormai conosciuto con il solo nome di Carlo, sposa nel 1891 Alessandra Eusebia Serassi, figlia di Giuseppe IV erede della famiglia Serassi, conosciuta anche oggi per la realizzazione di organi. Organi prodotti dai Serassi si possono trovare anche nella Chiesa Parrocchiale di San Vigilio a Calco (realizzato nel 1772) e San Marcellino di Imbersago.

Galleria fotografica (24 immagini)



La coppia ebbe tre figli maschi: Mario Giuseppe Giovanni Ignazio Eusebio, Giuseppe Maria Emilio Carlo Alessandro e Andrea Umberto Annamaria.
Giuseppe, tenente dell'Aviazione, morì in combattimento impegnato in un duello aereo sull' Altopiano di Asiago il 26 febbraio del 1918. Nel successivo ventennio fascista il regime ricercava delle figure da idolatrare come eroi della patria, tra questi venne individuato il pilota della famiglia Ghislanzoni che, suo malgrado, venne riconosciuto come un vero eroe in questa zona. Gli quindi venne assegnata la Medaglia d'Argento al Valore Militare, gli fu intitolata la strada che porta dal paese al colle di Vescogna e il Monumento ai Caduti di fronte alla Chiesa Parrocchiale per il quale la madre del Ghislanzoni, Alessandra Eusebia Serassi promosse una raccolta fondi (cosa che si può vedere nelle foto che commemorano l'inaugurazione del cippo ai caduti della Grande Guerra).
Andrea Ghislanzoni è ricordato in paese per alcuni a malevoli episodi. Si dice che si divertisse a caricare sull'automobile i contadini dopo il lavoro nei campi per portarli fino a Lecco o Bergamo. Qui giunti li faceva scendere e li abbandonava ad un triste e faticoso ritorno, percorrendo venti o trenta chilometri a piedi nudi per puro divertimento.
Mario, colonnello del Genio Militare, risiedette spesso a Roma dove frequentò i circoli altolocati e qui incontrò la nobildonna Sveva Vittoria Colonna, moglie del principe spagnolo Pio Falcò proprietario di villa Mombello di Imbersago. Tra la Signora Colonna e Mario Ghislanzoni si suppone che vi fosse una storia d'amore motivata dalla grande differenza d'età con il marito che ella aveva sposato , probabilmente, per dare più lustro al nome della sua famiglia. Nel 1921 Mario sposò Clara Pacifici da cui ebbe due figli Giancarlo e Annamaria; Clara è ricordata in paese perché veniva vista passeggiare a cavallo di un bianco destriero per i campi, facendo spesso distrarre i contadini dal loro lavoro. Il matrimonio non durò a lungo e la giovane moglie con il primogenito ritornò a Roma; invece, Annamaria visse in Vescogna con il padre e la nonna fino al 1948.
Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale Mario Ghislanzoni si trovava in Etiopia impegnato nella mappatura topografica della colonia italiana; venne catturato dagli Inglesi ed internato in Australia. Al suo ritorno nel 1947 la situazione economica della famiglia Ghislanzoni era ormai compromessa. Nel 1948, morta la madre, si trasferì con la compagna Maria Celestina Tomasini (ultima erede della famiglia Calchi) nel Castellaccio di Vescogna (oggi, come già detto, Villa Calchi) mettendo in vendita la villa stessa e i suoi terreni.

GIUSEPPE GHISLANZONI: L'AVIATORE
Torniamo ora a Giuseppe Maria Emilio Carlo Alessandro, figlio di Carlo e Alessandra Serassi. Egli nacque in Vescogna il 22 dicembre 1896. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale entrò nella Regia Aereonautica frequentando la scuola di pilotaggio di Pisa e quella di Busto Arsizio. Nel gennaio del 1916 venne inviato al fronte e dopo essersi rimesso da un incidente aereo, gli venne assegnato un aeroplano Nieuport-Macchi Ni.10.
Con la Settantesima Squadriglia caccia, nella quale prestò servizio anche Francesco Baracca (asso dell'aviazione italiana durante la Prima guerra mondiale), la mattina del 26 febbraio 1918 Giuseppe decollò dall'altopiano di Asiago ma, in seguito ad un'avaria del motore, dovette rientrare alla base per il cambio del velivolo. Tentò nuovamente di raggiungere i compagni di squadriglia ma venne intercettato dagli aerei austriaci con i quali ingaggiò un combattimento. Venne sopraffatto e precipitò nei pressi di Melago, perdendo la vita.
Per questa azione gli venne conferita la Medaglia d'argento al Valore Militare con questa motivazione:
"Abile pilota, eseguì numerose ricognizioni, dimostrando alto sentimento del dovere e sprezzo del pericolo. Assegnato ad una squadriglia di caccia, diè, in varie circostanze bella prova di ardire e di calma. Il 26.2.1918 partito in crociera, avendo perso di vista i compagni di pattuglia a causa delle cattive condizioni atmosferiche, ed essendo stato attaccato improvvisamente da tre apparecchi nemici, oppose, da solo, valida resistenza, finché colpito a morte da proiettili di mitragliatrici, cadde con l'apparecchio in fiamme".

LA FAMIGLIA FOSSATI BELLANI: LA VESCOGNA MODERNA
Nei primi anni Cinquanta la proprietà della Vescogna con alcuni annessi venne acquistata da Felice Fossati Bellani. Nato a Monza, figlio di Maria Luisa Somarelli ed Alberto, era nipote del conte Marco Tullio ultimo erede di Felice Fossati Bellani Senior fondatore del Cotonificio di Sondrio nel 1905. Nel 1934 sposò Laura Tronconi da cui ebbe sei figli..
Felice Senior, insieme ad un cugino, nel 1874 a Monza aveva creato una filatura artigianale probabilmente subentrando a una precedente iniziativa del 1852 dello zio Antonio Quirino. Nei primi anni del Novecento con l'apertura in Valtellina dello stabilimento di tessitura, l'attività industriale si sviluppò notevolmente creando un unico organismo produttivo integrato di filatura-tessitura-tintoria. Alla morte del fondatore gli successe il figlio Alberto che all'inizio degli anni Venti aggiunse il cognome della madre Antonietta Bellani a quello della famiglia. Alberto compì cospicui investimenti ed importanti innovazioni tecnologiche nonostante la grande crisi degli anni Trenta e lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Fu in questo periodo che i Fossati espressero al meglio il loro dinamismo imprenditoriale.
Durante il conflitto la famiglia fu colpita da gravi sciagure a cui sopravvisse solo Marco Tullio. Nominato conte da Re Umberto II, rimase solo al vertice della società dopo la morte dei fratelli Alberto, Silvio e Luigi Vittorio. Ben presto, data l'età avanzata dello zio, emerse la figura di Felice Junior. Questo fu prima vice-presidente e direttore generale poi, alla morte dello zio, assunse la presidenza della società. Avvalendosi dell'aiuto del fratello Gian Vittorio, proseguì nella politica degli investimenti ed innovazione soprattutto nella sede di Sondrio che portò gradualmente alla definitiva chiusura della sede storica di Monza.
Nel 1953 l'azienda contava cinquantadue mila fusi che salirono ad oltre sessantaquattro mila con duemilacinquecento dipendenti nel 1962, l'anno di massimo sviluppo che segnò l'inizio di un lento declino terminato nel 1975 con la decisione di cedere la fabbrica. Diverse furono le cause che portarono alla crisi tra cui la scarsa produttività della mano d'opera ancora legata all'antico modello dell'operaio-contadino a cui Felice Jr. diede benevola tolleranza porgendo "rispetto alle assenze nella stagione del fieno o di quella della vendemmia".
Come abbiamo detto, negli anni Cinquanta i Fossati Bellani si trovarono nelle condizioni di potersi permettere l'acquisto di una villa in campagna. Scelsero La Vescogna. I motivi per cui venne scelta questa villa da Felice Fossati Bellani erano diversi, fra cui la posizione, circa a metà strada tra la Valtellina e Milano, nonché la vicinanza con la villa della famiglia Crespi che abitava nell'omonima villa di Merate, con cui i Fossati Bellani erano imparentati
I lavori compiuti in Vescogna dopo l'acquisto vennero affidati all'architetto Gualtiero Galmanini, amico di famiglia che si era occupato di parte della progettazione dello stabilimento di Sondrio, ma anche della realizzazione dello scalone d'onore della Triennale dell'Architettura di Milano nel 1953, un incarico molto importante.
Gli interventi furono grandiosi e dispendiosi: la villa fu ristrutturata e dotata di moderni impianti (prima l'acqua si raccoglieva ancora dal pozzo in cantina), il fondo agricolo verso Sartirana fu trasformato in un parco all' inglese, venne costruita una grande piscina, un campo da tennis, un campo da bocce (con un impianto di illuminazione che permetteva il gioco anche in ore notturne), un campo da calcetto, una sabbiaia dove far giocare i bambini e la cappella affacciata sul bosco romantico dove vennero celebrati i matrimoni delle figlie di Felice Junior (questa zona dipendeva dalla cappella di Villa Moriggia, poco sotto il colle Vescogna).

Purtroppo questa ristrutturazione portò a perdere tanti degli elementi decorativi di questa villa storica caratteristici del Diciottesimo e Diciannovesimo secolo.
Nell'organizzazione degli spazi della villa venne rispettata l'organizzazione originaria del Diciassettesimo secolo, mantenendo quindi nell'ala a sud-est gli ambienti di servizio, come il garage, le cucine e la lavanderia, mentre le camere dei proprietari trovarono posto nell'ala simmetricamente opposta.
Un aneddoto interessante da ricordare è legato alla villetta ancora oggi presente sulla rampa di accesso alla villa. Una posizione un poco strana: potrebbe sembrare una foresteria oppure un appartamento per il custode della villa. In realtà prima che il Fossati Bellani comprasse la villa, i Ghislanzoni avevano venduto quella piccola porzione di terreno ad una signora di origine svizzera dopo la Seconda guerra mondiale. La signora aveva osservato che per ragigiungere Calco allora era necessario salire sul colle Vescogna (non vi c'era la strada provinciale) e poi scendere verso il paese, quindi decise di aprire un'osteria.
Questo punto di ristoro divenne luogo di ritrovo dei giovani del paese attratti dalla presenza del numeroso personale femminile proveniente dalla Valtellina impiegato presso i Fossati. In paese ancora oggi si ricorda che Felice Junior decise di acquistare l'edificio così da eliminare quella fonte di disturbo e distrazione, ma che in breve si trovò a doverne acquistare un secondo sulla strada che sale dal paese, a poche decine di metri di distanza, in cui si era trasferita tutta l'allegra compagnia.
La villa, a seguito dei problemi legati alla sorte del Cotonificio, venne chiusa nei primi anni Ottanta e definitivamente ceduta nel 1985 agli attuali proprietari che con l'intervento dell'ingegnere Gianfranco Fasoli (padre dell'attuale proprietario) e dell'architetto Ugo Grimoldi la preservarono dalla rovina che in quegli anni colpì simili proprietà in tutta la Brianza.

GLI INTERNI
Al nostro arrivo in villa siamo stati accolti dall'architetto che ci ha mostrato il suo appartamento in cui sono stati riorganizzati gli spazi negli anni Ottanta, periodo in cui la sua famiglia acquistò l'immobile: "Lo scalone originariamente occupava tutto l'ingresso dell'ala nord-ovest, quando è stata divisa la casa in due parti, ed è stato sostituito da una scala più piccola, facendo spazio ad una cucina dietro di essa". Poi ci ha velocemente mostrato un'elegante sala da pranzo ed un ampio salotto in cui oggi poco si può riconoscere degli stilemi originali della Vescogna: "I pochi resti delle antiche decorazioni si possono ritrovare nella camera da letto e nella parte che si affaccia a nord, dove un tempo trovava posto la sala da ballo. Qui si ritrova un grande salone a doppia altezza sul cui soffitto cassettonato si possono osservare degli affreschi dei primi del Settecento".


LA PISCINA: LO STATUS SIMBOL DEGLI ANNI CINQUANTA
La costruzione della piscina nel 1955 divenne un'enorme attrattiva per tutti i villeggianti delle ville circostanti. Progettata sempre dell'architetto Galmanini, era la seconda nella zona oltre a quella di Villa Crespi e, di sicuro, la più grande: ventitré metri per undici, profonda massima tre metri, con un meraviglioso trampolino Sanpierdarena in legno tutt'oggi utilizzato per tuffarsi in piscina. Nelle belle giornate d'estate l'acqua torna a risplendere dentro a questa enorme vasca dotata su un lato di una agevole scalinata con un pianerottolo intermedio per potersi rinfrescare.
Il capanno posto a fianco della piscina è certamente precedente alla piscina e veniva utilizzato come serra, fienile o deposito delle carrozze. Con la costruzione dello specchio d'acqua è stato convertito in sporting house a servizio della piscina realizzando degli spogliatoi e dei bagni nel seminterrato, mentre al piano terra si ha un gradevole spazio dove potersi rilassare a bordo piscina.
Nella vecchia osteria, sulla rampa che sale verso la villa, venne realizzata una dependance dove gli ospiti dei Fossati Bellani potevano restare durante l'estate per frequentare la meravigliosa piscina. "Mi è capitato di frequentare delle persone che ancora mi chiedono è: ‘c'è ancora la piscina?' perché era un luogo dove gli amici dei Fossati Bellani si riunivano e trascorrevano le giornate. Ci sono foto che testimoniano tutto questo con tanto di bambini che sguazzano divertiti" ci ha raccontato l'architetto Fasoli.

In conclusione di questa ennesima tappa nel nostro meraviglioso territorio, vogliamo ringraziare l'architetto Piergiorgio Fasoli che ci ha dato la possibilità di visitare parte della villa e ci ha raccontato la sua storia. Le informazioni raccolte in questo articolo sono tratte dal sito ufficiale di Villa La Vescogna che riporta le principali vicende che hanno avuto come scenario questa bellissima residenza.
Rubrica a cura di Giovanni Pennati e Alessandro Vergani
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.