Adesso tutti i candidati hanno scoperto l’ospedale ma nel concreto nessuna dice cosa intende fare per invertire la rotta

Per il personale del presidio ospedaliero, per il Comitato di difesa del Mandic e anche per noi, i programmi dei candidati al Consiglio regionale lombardo, rappresentano una incredibile gratificazione, uno straordinario risarcimento per le esplicite e velate accuse di esagerare sul declino del nosocomio.

Tutti, ma proprio tutti, dalla destra estrema all'ultra sinistra hanno al centro del programma titolato "se sarò eletto" il rilancio dell'ospedale che, chi più chi meno, riconosce essere stato molto penalizzato negli ultimi quattro anni, dalla direzione Favini.

Beh non proprio tutti, Mauro Piazza, che pure è consigliere uscente con tanta, ma tanta voglia di essere riconfermato, ha girato intorno essendo proprio quello che, a noi in particolare, non ha risparmiato accuse - sfruttando i giornali fiancheggiatori, sempre pronti a cedere (gratuitamente?) lo spazio - di utilizzare l'ospedale per la battaglia politica. Come se a noi fregasse qualcosa della sua battaglia politica che già di per sé procura labirintiti dato che fino a pochi anni fa attaccava a testa bassa la Lega salvo poi balzare da un carro all'altro fino ad accomodarsi sul Carroccio.

Si dirà, è la politica. E' vero ma c'è ancora un limite alla spregiudicatezza. E allo sprezzo del ridicolo. "L'ospedale non chiude" tuonava dalle colonne del compiacente settimanale cittadino. E chi l'ha mai detto? E' solo sottoposto a una cura dimagrante da far impallidire la terapia di 7 chili in 7 giorni.

Del resto le sparate non si contano, sempre grazie agli spazi amici. 22 settembre 2020: la tangenziale est nel meratese costa 1,3 miliardi ma si può fare. Tanto chi si ricorda più.

Ma torniamo al tema iniziale: finalmente tutti i candidati si sono accorti che il San Leopoldo Mandic ha perso molto in questi anni. Ha perso innanzitutto un minimo di autonomia senza direttore amministrativo e privo di direttori di dipartimento. Ha perso numerose specialità e altrettante prestazioni che oggi si possono ottenere soltanto andando a Lecco (spesso in tempi biblici) oppure dal privato a pagamento (in tempi rapidissimi, magari dallo stesso medico ospedaliero).

Difendere il presidio e rilanciarlo è la parola d'ordine. Anche se a sostenere questa tesi sono coloro che avrebbero potuto e dovuto farlo in questi anni. E non l'hanno fatto.

Ma nei fatti cambierà qualcosa, indipendentemente da chi sarà eletto? Probabilmente no. Nonostante questo new deal qualcuno ha sentito levarsi la protesta per l'esclusione dei meratesi dal Collegio di direzione dell'azienda socio-sanitaria territoriale, luogo dove si decidono tattiche e strategie per il Manzoni, il Mandic e l'Umberto I° ? Noi no. Da nessun candidato. E neppure dal sindaco di Merate il primo a doversi preoccupare della sorte del presidio.

Ma, soprattutto, qualcuno ha criticato con la necessaria durezza il ricorso crescente alle cooperative? No. Molti medici e infermieri un tempo dipendenti pubblici hanno preferito dimettersi, entrare nelle cooperative e poi - paradossalmente - ritornare nelle stesse corsie dove avevano prestato servizio. Ma con maggiore libertà e compensi molto più alti. Chi resterà ancora dipendente se non si blocca questo fenomeno? Fenomeno che ha due gravi controindicazioni: 1) il lavoratore della cooperativa non è fidelizzato per cui oggi è in servizio in un ospedale e domani in un altro, disperdendo così quello spirito di squadra e quell'empatia con il paziente indispensabili per svolgere al meglio la professione; 2) il costo per il sistema sanitario nazionale è assai più elevato mentre la capacitò organizzativa della dirigenza è subordinata agli interessi della società privata.

Occorre allora che tutti i candidati siano consapevoli e garantiscano un forte impegno a contrastare questo fenomeno. Mentre sul piano locale dovremo attendere fine anno, quando l'attuale direzione lascerà Germanedo per fare posto - ma questo è solo un auspicio - a una nuova direzione con una visione diversa, più ampia; con la consapevolezza che il Mandic va rafforzato se l'ASST di Lecco non vuole perdere una larga fetta di utenza a favore di Ponte San Pietro e Vimercate. Merate è un baluardo a difesa anche di Lecco. E' l'ospedale a misura d'uomo, quello che Umberto Veronesi e Renzo Piano avevano definito il modello ideale del duemila non piccolo ma nemmeno grande, con i suoi trecento posti letto. Ma la Direzione non l'ha capito e ha operato all'inverso: rafforzando Lecco a danno di Merate.

La speranza, quindi, è che la direzione in carica dal 1° gennaio 2024 sia strategicamente lungimirante e inverta la rotta. Se poi sempre nel 2024, in primavera, ci sarà un'Amministrazione comunale diversa, distinta e distante dai partiti - diversamente dall'attuale - e ponga i temi locali, ospedale in testa, in cima alle priorità, allora sì che il San Leopoldo Mandic potrà tornare a crescere.

Claudio Brambilla
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