Il linguaggio Meloniano, appare funzionale alla comunicazione di massa ma è dimesso e ridondante

Le scuole stanno chiudendo. Nella fantasia di qualche ex studente diversamente giovane l'estate è l'occasione per scappare, lasciarsi rapire dalle lunghe giornate in spiaggia tra bagni, ombrelloni donne, passeggiate in montagna, oltre a leggere lunghi romanzi come Alla Ricerca del Tempo Perduto di Proust o Ulisse di Joyce o Le Anime Morte di Gogol o Lolita di Nabkov, Tex Willer Oggi, invece, raramente un giornale entra in un'aula scolastica e in qualche casa.

Eppure alcune testate giornalistiche importanti e alcune trasmissioni radiotelevisive organizzano festival e in estate fioriscono premi letterari, artistici, spettacoli vari. La cosa sarebbe confortante, stuzzichevole, peccato che le edicole abbassino le saracinesche e ristagnino sotto il cocente sole desertico come rottami nelle piazze o agli angoli delle stazioni.

Secondo il rapporto OECD-PIACC, in Italia il 28% circa delle persone tra i 16 e i 65 anni è analfabeta funzionale: non è in grado di comprendere un testo complesso.

Per l'Istat 2019, meno della metà della popolazione legge quotidiani abitualmente. La lettura dei giornali è prerogativa degli adulti: solo il 13,1% dei ragazzi dagli 11 ai 14 anni ne legge almeno uno in una settimana, si sale al 28,1% tra i 20-24enni, i lettori di quotidiani diventano poco meno del 40% tra i 35-44enni, mentre raggiungono la quota più alta tra gli ultra 65enni. I giornali sono più letti al Nord (il 41,8% del Nord-ovest e il 47,9 % del Nord-est contro il 37,3% del Centro, il 29,2 del Sud e il 31,4 % delle Isole) con eccezione della Sardegna, dove il 48,4% consulta quotidiani.

Il 49% della popolazione non legge mai testi, o li legge molto raramente. Solo il 14% legge un libro una volta al mese (vedi l'attuale Ministro alla Cultura). In Francia legge un libro all'anno l'88% delle persone tra i 15 e i 65 anni di età, in Norvegia 9 persone su 10, nel Regno Unito l'86%, negli Stati Uniti sono il 72%.

Rispetto a qualche anno fa oggi c'è meno voglia di approfondire, ci si limita a restare in superficie, pensando che basti leggere il titolo per conoscere i contenuti di un articolo e che i feed dei social siano la lista di notizie più neutrale e completa che ci sia.

Per incrementare il quoziente intellettivo della popolazione l'attuale governance si è impegnata a produrre, con la televisione pubblica, i Telegiornali Meloniani su tutti i canali per 24 ore: tutto va bene madama la marchesa o meglio, madama Meloni. Il linguaggio romanesco usato, o italico nazional romanesco, è spaventosamente sgradevole. E' composto da una fonematica destrutturata, mal organizzata, da una sintassi espressiva sincopata con pochissime articolazioni o subordinate, che rende il linguaggio stringato e imperativo. Ci sono solo affermazioni ripetute, riconfermate, semplici. Anche se è funzionale per la comunicazione di massa, è un linguaggio dimesso.

Se il linguaggio articolato con una serie di subordinate apparteneva ai politici precedenti, quello attuale è ridondante e poco costruttivo.

I telegiornali meloniani al posto di incrementare il livello della comprensione, riguardante la complessità sociale, culturale e politica, tendono a semplificare. L'esempio classico è quello del borioso Ministro della Cultura che, con orgoglio, afferma di leggere un libro al mese: non è certo di buon esempio per gli studenti e non solo. Quelli che leggono sono i soliti: con i loro sei sette libri al mese alzano la statistica. Leggere fa bene alla politica e alla salute mentale.

E' fastidioso ascoltare quotidianamente il romanesco: altro che don Milani!

Non necessariamente bisogna imparare da Protagora, Gorgia, Prodico, o ricercare un logos horthótatos dell'età d'oro della polis ateniese, basterebbe usare un linguaggio rigoroso e formalmente preciso per definire le cose: ci si accontenterebbe di un linguaggio spurgato da fonemi dialettali romaneschi che evocano suoni lontani. Ma dove sono finiti gli altri?!!

Dr. Enrico Magni, Psicologo Psicoterapeuta
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