Castello B.za: lutto per la morte a soli 43 anni di Claudio Rocca

Comunità. Una parola spesso usata a sproposito, all’interno di slogan privi di un reale significato. Eppure, una parola così preziosa, soprattutto in un mondo segnato, in tutti i sensi, dalle conseguenze della pandemia. I piccoli paesi, quelli che popolano le nostre vallate e le nostre colline, rappresentano forse l’archetipo del concetto di comunità: una struttura di relazioni, legami che si tramanda da generazioni e si consolida attraverso la condivisione dei passaggi fondamentali della vita delle persone, dall’infanzia, all’adolescenza passata in oratorio fino all’età adulta. Della forza di questa rete sociale se n’è avuto un esempio questo pomeriggio a Castello di Brianza
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Nonostante il freddo e il nevischio incombente, la chiesa parrocchiale di San Lorenzo si è riempita ben oltre l’ultimo posto disponibile per dare l’ultimo saluto a Claudio Rocca, scomparso a soli 43 anni a causa di una malattia. Benché da tempo residente a Oggiono, l'uomo era un figlio di questa comunità. Egli era nato e cresciuto all’ombra del castello della Regina Teodolinda, trascorrendo la sua giovinezza assieme agli amici nei locali dell’ACLI allora gestito da Augusta e Mario Pirovano. Un legame, quello tra la comunità e i suoi figli che sopravvive al tempo e alla distanza e, quando si rompe, soprattutto in circostanze come queste, genera un dolore forte e condiviso. 
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Spinti da quel dolore, in tanti sono arrivati oggi in chiesa, dai dirigenti e i tecnici della polisportiva fino agli animatori del mondo parrocchiale. Tanti snodi di una lunga ed estesa rete sociale che, al termine della cerimonia funebre, ha avvolto in un lungo e composto abbraccio i parenti del defunto: la moglie Simona, il figlio Antonio, la madre Maria Enrica, il padre Dionigi, il fratello Filippo e la cognata Barbara, questi ultimi volontari molto attivi in parrocchia a Castello.
''La nostra presenza così numerosa è importante. Siamo qui per onorare Claudio, la sua giovane età. La sua vita sarebbe stata tutta da vivere. Siamo qui per i suoi genitori, che non avrebbero mai voluto sopravvivere ad un figlio che se ne va. Siamo qui per Filippo. Quando si spezza il rametto della fraternità umana si spezza un mondo, l’aver fatto dall’infanzia tutto insieme. Siamo qui per tutti coloro che hanno incrociato la vita di Claudio, per chi ha ricevuto da lui attenzioni e premure ma anche per chi queste cose a lui le ha date'' ha ricordato il parroco don Walter Brambilla nell’omelia.
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''È importante che noi tutti riusciamo con la nostra presenza a dare ciascuno quel poco che ha, quel poco di fede in grado di rendere questa vicenda una storia di grande consolazione e speranza. È la fede la grande forza della vita. Noi non celebriamo la morte. Noi celebriamo Gesù, nostra speranza anche in situazioni umane di disperazione. Gesù è venuto per Claudio e verrà per noi, per ripagarci di tutta quella gioia di cui la vita, forse, troppe volte ci ha privato'' ha concluso.
A.Bes.
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