Oggiono: Ceresa non ci sarà alle elezioni 2024. Il bilancio di una lunga attività politica

Era il 1990, un’altra era politica, quando Ferdinando Maria Ceresa, ''Pucci'' per gli amici, entrò per la prima volta in consiglio comunale a Oggiono. L’inizio di un impegno politico e amministrativo fra le fila della Lega che lo hanno portato a maturare un’ampia esperienza, anche nei consigli di amministrazione delle società pubbliche. Ora ha annunciato di non ricandidarsi alle elezioni della prossima primavera, guardando ad altre sfide. Abbiamo ripercorso alcuni dei cambiamenti politici degli scorsi trent’anni e la sua scelta, maturata durante la pandemia, di dedicarsi allo sport.
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Ceresa, quali ricordi ha della sua prima elezione in consiglio comunale?
Quando sono stato eletto consigliere comunale, nel 1990, non avevo ancora compiuto 21 anni. Era il mese di aprile. La prima seduta consiliare è stata fatta nel mese di luglio. La Lega non si era mai presentata prima alle elezioni a Oggiono, aveva come capolista Luigi Lietti che aveva 23 anni. Ci siamo candidati credendo di ottenere due consiglieri, ne ottenemmo cinque. Oltre a Lietti in consiglio entrammo io, Gilardi, Vassena e Riva. Dopo 40 anni di dominio democristiano fu un mezzo terremoto.

Come mai quasi quattro mesi per l’insediamento del primo consiglio?
Molte amministrazioni comunali, fra le quali Oggiono, in precedenza erano monocolore DC. La Lega sbaragliò tutti i campi e ottenne un consenso elettorale tale che la Democrazia Cristiana non ebbe più la maggioranza in diversi consigli comunali del territorio e fu obbligata a cercare alleanze. A Oggiono la Lega aveva ottenuto cinque consiglieri comunali su 20. Solo nove andarono alla DC del sindaco Luigi Pirovano che per avere la maggioranza dovette andare alla ricerca di un accordo con il PSI. Accordo che richiese tempo.

Dai suoi ricordi emerge subito come la politica locale era tutt’altra cosa rispetto ad oggi. Più partiti, meno liste civiche e meno personalismi come quelli odierni…
In quelle elezioni la Lega sbaragliò tutti i campi e portò una forma di rinnovamento precedente a Mani Pulite. Due anni dopo, Mani pulite ha fatto un po’ da frontiera tra politica dei partiti e la politica degli uomini che è arrivata dopo. Io sono legato alla politica dei partiti, credo nei valori e stento a riconoscermi sotto una leadership personalistica.
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Come si uscì da quell’impasse del 1990?
Le segreterie dei partiti spingevano la DC a trovare un accordo con il PSI, mentre a livello locale alcuni volevano l’accordo fra DC e PCI. Alla fine ad Oggiono la Democrazia Cristiana si accordò con i socialisti, anche se, dopo l’accordo, un consigliere del PSI lasciò subito il suo gruppo restando come indipendente.

Cosa ricorda di quella prima esperienza?
Sono stati belli, noi eravamo giovani e ho trovato dei maestri. Il capogruppo Dc Redaelli e il capogruppo del Pci Pupino mi hanno fatto da scuola. Loro erano portatori di idee e valori, con loro in consiglio ho capito che si può discutere animatamente senza scendere nel personale, mantenendo il rispetto reciproco, ciascuno portando avanti valori e idee in cui crede. Un insegnamento che ho sempre cercato di portare avanti.

Lei era su un versante politico diverso. Perché scelse la militanza nella Lega?
Ho apprezzato l’idea della Lega di arrivare a un forte decentramento, l’idea del federalismo proprio quando all’epoca era tutto più centralista. Il guardare a uno stato più moderno, prendendo a modello stati federali o confederali come la Svizzera o gli Stati Uniti. L’idea del federalismo portava a snellire il sistema e valorizzava i territori. Io amo il mio territorio e penso che valorizzarlo sia una forma di ricchezza. Quindi la Lega era il mio approdo naturale. Da giovani, si sa, siamo tutti rivoluzionari, si vuole cambiare il mondo. Non potevo certo entrare nel Partito Repubblicano…
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Era la Lega di Bossi. Altra storia.
La Lega Lombarda è quella che mi ha fatto battere il cuore. All’epoca la Lega era la Lega di Bossi e per me lo è ancora. Non vedo nessun altro al di fuori di Bossi. Ho conosciuto tanti altri da Castelli, Calderoli, Giorgetti e anche Salvini, da ragazzi. Però Bossi era, ed è, la Lega.

All’epoca com’era ''fare'' politica?
Ricordo una delle prime riunioni che feci con Bossi. Lui disse che far politica non era vendere fustini di detersivo. Tu dovevi avere le tue idee e convincere le persone che erano le migliori per risolvere i loro problemi. Oggi no. I leader dicono alla gente che vogliono fare quello che le persone si aspettano di sentirsi dire da loro. Paradossalmente, l’apertura dell’informazione attraverso internet ha imbruttito il corpo elettorale che è meno preparato di una volta.
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Oggi c’è disaffezione verso la politica. Come lo spiega?
Prima ci si riconosceva in alcuni valori portati avanti dai partiti: Pci, Dc, Lega. Oggi sembra più un’appartenenza a clan e personalismi. Prima le persone crescevano nei partiti, portavano avanti degli ideali e venivano selezionate in base alle capacità. Oggi gli elettori vanno alla ricerca di rappresentanti che hanno i valori meno lontani dai loro. Con dei leader che promettono solo quello che le persone si aspettano di sentirsi dire. A rischio di derive estremiste e pericolose che non vanno bene.

Dagli anni Novanta è cambiato tutto, anche dentro i comuni…
Rispetto al passato l’amministrazione comunale è completamente diversa. Gli spartiacque sono stati Mani Pulite e la legge Bassanini che ha modificato il momento decisionale fra politico e funzionario, ha cambiato il mondo. Prima era molto più centrale il consiglio comunale, era molto più importante nel portare avanti le scelte. Oggi non è più così. Poi, le elezioni dirette dei sindaci hanno spostato ulteriormente il potere dal consiglio alla figura del primo cittadino. Mi sentivo molto più importante come consigliere di minoranza nel 1990 che come capogruppo di maggioranza nella passata legislatura. Ancora meno come consigliere di minoranza in questa legislatura. Oggi c’è paura del confronto e anche paura di voler accettare aiuto.
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Ed è arrivata la scelta di rinunciare a una nuova candidatura…
Una rinuncia motivata dal fatto che non ho un partito in cui mi possa riconoscere. Non c’è un partito che rappresenti i valori per i quali ho sempre combattuto e lavorato. Cambiare partito non sarebbe credibile e non è nella mia indole. Non sono sovranista, ma autonomista, due valori in antitesi.

Un cambiamento, per lei, è arrivato anche durante la pandemia…
Durante il covid è arrivato il Pucci 2.0. La mia prima pazzia, anche un po’ pre-covid, è arrivata in occasione del raggiungimento dei miei 50 anni: ho voluto fare un incontro di pugilato. Ho dovuto mettermi in forma, da lì non mi sono più fermato. Ho iniziato a sperimentare sport diversi che mi stanno dando belle soddisfazioni. Con lo sport sono riuscito anche a diventare donatore del sangue, volontario di Avis. Prima non potevo, ora da tre anni faccio quattro donazioni all’anno. Una cosa che mi rende molto orgoglioso.
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Le soddisfazioni sportive arrivate non sono indifferenti per chi ha iniziato a 50 anni…
Ho scalato tre cime sopra i 4mila metri. Tutte sul massiccio del Monte Rosa. Purtroppo per motivi metereologici quest’anno ho dovuto rinunciare al Gran Paradiso. Ma, guardo avanti. Per il prossimo anno ho programmato un’ascesa solitaria al Kilimangiaro.

Non solo alpinismo, ma anche ciclismo. Ha partecipato all’Eroica, una delle corse più impegnative…
L’Eroica è una festa. Arrivi nel chianti e sei in una festa all’aperto incredibile, con pranzi a base di piatti tipici locali, tutte queste bici storiche e abbigliamento storico. La corsa parte al mattino presto, alle cinque ero già in bicicletta sfidando buio e freddo. Ma, la gara è una festa fra un ristoro e l’altro e il pubblico. Probabilmente chi arriva ultimo è colui che si gode di più lo spirito di questa corsa.
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Corsa che resta massacrante, da compiere con attrezzatura d’epoca su strade sterrate…
Ho usato una bici di fine anni Settanta che non avevo mai usato prima, una Preda artigianale. Il cambio sulla canna, ogni tre pedalate ne perdeva una. E una divisa vintage comprata al museo del Ghisallo, in lana cotta, che mi sono fatto regalare dagli amici apposta per fare questa corsa. Lunga 210 chilometri, in buona parte su strade bianche, difficile, ma bellissima.

Torniamo alla politica, fra pochi mesi molti comuni andranno al voto. Quali consigli si sente di dare a un giovane che sceglierà di candidarsi per la prima volta…
Non ho un consiglio. Posso dirgli che, se è intenzionato a farlo, lo faccia. Perché fare politica è un’esperienza importante. La politica è far qualcosa per gli altri. Anche la politica è un ambito nobile che merita di essere provato come servizio alla comunità. Io l’ho sempre vissuta così.
Lorenzo Adorni
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