Lettera aperta a Conte
Non ho mai creduto al leaderismo e ho sempre pensato o meglio sperato che in Politica (quella con la P maiuscola) dovessero prevalere i migliori e i più “per bene”.
Oggi però, in tempi di de-responsabilizzazione sistemica a vantaggio delle élite e di modelli spesso negativi e a “doppia faccia” alimentati dalla Gran parte del Circo Mediatico (GCM), si avverte un gran bisogno di persone autorevoli ma soprattutto disinteressate e con una forte etica sociale.
Modelli a cui i cittadini onesti e responsabili possano guardare come volti credibili delle nostre Istituzioni e della nostra classe dirigente.
Esempi praticanti più che “predicanti”.
Persone coraggiose che sappiano contribuire ad indicare, pur con un giusto mix di gradualità e concretezza, una strada di effettivo cambiamento da quella palude che è ormai purtroppo diventato il nostro Paese, nonostante milioni di cittadini degni e partecipativi.
Ovviamente ognuno avrà i propri riferimenti ma sicuramente un misuratore coerente per individuare alcuni di essi è quello che definirei il loro tasso di scomodità rispetto ad un sistema incancrenito, peraltro non solo italiano. Ed è, a mio avviso, dal moltiplicarsi dei loro nemici, o spesso strumentali detrattori, che li si può riconoscere.
Giuseppe Conte, non solo a mio parere, è uno di questi.
Io non ho mai ragionato “per partito preso” ne ho mai sposato acriticamente qualsivoglia causa, non subordinando il mio consenso a facili slogans o a presunte appartenenze, ma semmai alla loro reale traduzione in fatti concreti e misurabili.
Reddito di Cittadinanza, Salario Minimo, Legge “Spazzacorrotti” e “Questione morale”, ricerca ad oltranza della Pace in Ucraina: sono queste alcuni oggettivi elementi qualificanti su cui poggio le mie valutazioni politiche. Non che le scelte dei 5 Stelle e i Governi presieduti da Conte siano mai stati scevri da errori, a partire dall'improvvido contratto di governo con Salvini, ma la sua azione si è sempre contraddistinta, contrariamente a quanto narrato strumentalmente da un interessato mondo politico-mediatico (con la p e la m minuscoli), dal mettere al primo posto l'interesse collettivo e non quello personale.
Le prove sarebbero molte, ovviamente con la contro-narrazione confutativa degli immancabili detrattori, ma basterebbe ricordare il suo oggettivo passato diniego a subentrare facilmente come parlamentare (e annessi emolumenti) contando viceversa solo sul proprio autonomo sostentamento. O in quest'ultima fase l'aver coerentemente evitato di candidarsi “fittiziamente”, come fatto da quasi tutti i suoi maggiori “competitori”, alle elezioni europee appena svolte, ben sapendo di rischiarne i contraccolpi in termini di voti. In questo caso si potrebbe ben dire che nel nostro martoriato Paese si può paradossalmente arrivare ad un rovesciamento delle parti tale da essere additati al pubblico ludibrio per un eccesso di coerenza!
Come, se si è intellettualmente onesti, non si può non attribuire loro la primogenitura di almeno le prime due “intuizioni/lotte” sopra richiamate (RdC e SM) , peraltro spesso addirittura inizialmente osteggiate da coloro che oggi le condividono e le sostengono apertamente.
Ma quello che appare vergognoso, quanto purtroppo ormai di normale prassi, è che tutto non viene più vagliato secondo la logica dell'interesse pubblico e, ad esempio, della riduzione delle disuguaglianze (come scolpito - ma poco attuato - nella nostra preziosissima Costituzione) ma quasi esclusivamente secondo le convenienze del proprio partito e delle proprie consorterie.
E a veicolare questo tipo di narrazione, spesso distorsiva, ecco l'ancillare mondo mediatico, a partire dai vari talk show televisivi, che in gran parte arrivano non a commentare fatti e avvenimenti ma addirittura, se non letteralmente inventare “notizie”, a produrre continue enfatiche narrazioni spesso depistanti dai reali problemi. Un vero e proprio mondo parallelo fatto di beghe di partito e quant'altro che è arrivato con questo Governo (non che a volte prima mancassero condizioni perlomeno simili) ad una sistematica costruzione di un immaginario collettivo pro domo suo e volutamente bypassando lo “statutario” fuoco di fila del giornalismo più indipendente.
L'esatto contrario del confronto diretto coi giornalisti scelto in passato da Conte, e aborrito dall'attuale Premier, che naturalmente veniva invece rappresentato all'opinione pubblica come interessato protagonismo narcisistico.
Avrei molte altre considerazioni e opinioni da esprimere ma penso che potrebbero semmai essere oggetto di future eventuali confronti di idee e valutazioni con altri possibili interlocutori che dovessero esprimere le loro opinioni.
Al presidente Conte, se mi sentisse, mi limiterei a dire di non non lasciarsi abbattere come “uomo per bene e di buona volontà” perché è tutt'altro che solo in questa battaglia di cambiamento. Del resto, e vale ovviamente anche per me, è proprio nel momento delle difficoltà che occorre esprimere la proprie opinioni pur anche impopolari e mantenendo sempre un costruttivo senso critico.
Ai cittadini “di buona volontà”, e sono tanti, rivolgo un semplice invito: continuiamo a credere che, nonostante tutto, i valori (solo apparentemente desueti) di onestà e responsabilità verso se stessi e gli altri svolti nel quotidiano alla ricerca del Giusto e del Vero, si saldino al faticoso quanto rischioso lavoro di chi cerca di rappresentare ai vertici della vita istituzionale le esigenze più vere della nostra Collettività.
E ritengo Giuseppe Conte, certo è un mio pur opinabile parere, proprio uno di questi. Ovviamente non l'unico e certamente soggetto ad errori, ma sicuramente, per tutto quello sin qui fatto, non in mala fede.
Cerchiamo tutti quindi di far la nostra pur piccola parte, proprio in questo frangente apparentemente segnato da rassegnazione e astensionismo, partecipando attivamente alla vita sociale e politica (di nuovo quella con la P maiuscola) non lasciando emarginare coloro che, anche a nome nostro, si battono per un Paese e un mondo più giusto di questo.
Non è facile retorica ma solo possibile conseguenza di una rinnovata consapevolezza controcorrente che non delega aprioristicamente ad alcuna appartenenza precostituita ma cerca di giudicare volta per volta fatti e coerenze.
Oggi però, in tempi di de-responsabilizzazione sistemica a vantaggio delle élite e di modelli spesso negativi e a “doppia faccia” alimentati dalla Gran parte del Circo Mediatico (GCM), si avverte un gran bisogno di persone autorevoli ma soprattutto disinteressate e con una forte etica sociale.
Modelli a cui i cittadini onesti e responsabili possano guardare come volti credibili delle nostre Istituzioni e della nostra classe dirigente.
Esempi praticanti più che “predicanti”.
Persone coraggiose che sappiano contribuire ad indicare, pur con un giusto mix di gradualità e concretezza, una strada di effettivo cambiamento da quella palude che è ormai purtroppo diventato il nostro Paese, nonostante milioni di cittadini degni e partecipativi.
Ovviamente ognuno avrà i propri riferimenti ma sicuramente un misuratore coerente per individuare alcuni di essi è quello che definirei il loro tasso di scomodità rispetto ad un sistema incancrenito, peraltro non solo italiano. Ed è, a mio avviso, dal moltiplicarsi dei loro nemici, o spesso strumentali detrattori, che li si può riconoscere.
Giuseppe Conte, non solo a mio parere, è uno di questi.
Io non ho mai ragionato “per partito preso” ne ho mai sposato acriticamente qualsivoglia causa, non subordinando il mio consenso a facili slogans o a presunte appartenenze, ma semmai alla loro reale traduzione in fatti concreti e misurabili.
Reddito di Cittadinanza, Salario Minimo, Legge “Spazzacorrotti” e “Questione morale”, ricerca ad oltranza della Pace in Ucraina: sono queste alcuni oggettivi elementi qualificanti su cui poggio le mie valutazioni politiche. Non che le scelte dei 5 Stelle e i Governi presieduti da Conte siano mai stati scevri da errori, a partire dall'improvvido contratto di governo con Salvini, ma la sua azione si è sempre contraddistinta, contrariamente a quanto narrato strumentalmente da un interessato mondo politico-mediatico (con la p e la m minuscoli), dal mettere al primo posto l'interesse collettivo e non quello personale.
Le prove sarebbero molte, ovviamente con la contro-narrazione confutativa degli immancabili detrattori, ma basterebbe ricordare il suo oggettivo passato diniego a subentrare facilmente come parlamentare (e annessi emolumenti) contando viceversa solo sul proprio autonomo sostentamento. O in quest'ultima fase l'aver coerentemente evitato di candidarsi “fittiziamente”, come fatto da quasi tutti i suoi maggiori “competitori”, alle elezioni europee appena svolte, ben sapendo di rischiarne i contraccolpi in termini di voti. In questo caso si potrebbe ben dire che nel nostro martoriato Paese si può paradossalmente arrivare ad un rovesciamento delle parti tale da essere additati al pubblico ludibrio per un eccesso di coerenza!
Come, se si è intellettualmente onesti, non si può non attribuire loro la primogenitura di almeno le prime due “intuizioni/lotte” sopra richiamate (RdC e SM) , peraltro spesso addirittura inizialmente osteggiate da coloro che oggi le condividono e le sostengono apertamente.
Ma quello che appare vergognoso, quanto purtroppo ormai di normale prassi, è che tutto non viene più vagliato secondo la logica dell'interesse pubblico e, ad esempio, della riduzione delle disuguaglianze (come scolpito - ma poco attuato - nella nostra preziosissima Costituzione) ma quasi esclusivamente secondo le convenienze del proprio partito e delle proprie consorterie.
E a veicolare questo tipo di narrazione, spesso distorsiva, ecco l'ancillare mondo mediatico, a partire dai vari talk show televisivi, che in gran parte arrivano non a commentare fatti e avvenimenti ma addirittura, se non letteralmente inventare “notizie”, a produrre continue enfatiche narrazioni spesso depistanti dai reali problemi. Un vero e proprio mondo parallelo fatto di beghe di partito e quant'altro che è arrivato con questo Governo (non che a volte prima mancassero condizioni perlomeno simili) ad una sistematica costruzione di un immaginario collettivo pro domo suo e volutamente bypassando lo “statutario” fuoco di fila del giornalismo più indipendente.
L'esatto contrario del confronto diretto coi giornalisti scelto in passato da Conte, e aborrito dall'attuale Premier, che naturalmente veniva invece rappresentato all'opinione pubblica come interessato protagonismo narcisistico.
Avrei molte altre considerazioni e opinioni da esprimere ma penso che potrebbero semmai essere oggetto di future eventuali confronti di idee e valutazioni con altri possibili interlocutori che dovessero esprimere le loro opinioni.
Al presidente Conte, se mi sentisse, mi limiterei a dire di non non lasciarsi abbattere come “uomo per bene e di buona volontà” perché è tutt'altro che solo in questa battaglia di cambiamento. Del resto, e vale ovviamente anche per me, è proprio nel momento delle difficoltà che occorre esprimere la proprie opinioni pur anche impopolari e mantenendo sempre un costruttivo senso critico.
Ai cittadini “di buona volontà”, e sono tanti, rivolgo un semplice invito: continuiamo a credere che, nonostante tutto, i valori (solo apparentemente desueti) di onestà e responsabilità verso se stessi e gli altri svolti nel quotidiano alla ricerca del Giusto e del Vero, si saldino al faticoso quanto rischioso lavoro di chi cerca di rappresentare ai vertici della vita istituzionale le esigenze più vere della nostra Collettività.
E ritengo Giuseppe Conte, certo è un mio pur opinabile parere, proprio uno di questi. Ovviamente non l'unico e certamente soggetto ad errori, ma sicuramente, per tutto quello sin qui fatto, non in mala fede.
Cerchiamo tutti quindi di far la nostra pur piccola parte, proprio in questo frangente apparentemente segnato da rassegnazione e astensionismo, partecipando attivamente alla vita sociale e politica (di nuovo quella con la P maiuscola) non lasciando emarginare coloro che, anche a nome nostro, si battono per un Paese e un mondo più giusto di questo.
Non è facile retorica ma solo possibile conseguenza di una rinnovata consapevolezza controcorrente che non delega aprioristicamente ad alcuna appartenenza precostituita ma cerca di giudicare volta per volta fatti e coerenze.
Germano Bosisio