Bachelet, Marta Cartabia incontra gli studenti: "la giustizia riparativa non è debolezza, ma responsabilità"

La giustizia riparativa, al contrario di quella retributiva, non punta a colpire ma a ricostruire. Non una giustizia con la spada e gli occhi bendati, ma una giustizia che guarda in faccia le persone, vittima e reo, e che cerca parole nuove per ricucire ferite profonde. Così Marta Cartabia ha aperto il suo dialogo con centinaia di studenti riuniti questa mattina al Palablachet di Oggiono.
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La professoressa Marta Cartabia

Un incontro intenso e partecipato, in cui la professoressa – già presidente della Corte costituzionale, tra il 2019 e il 2020, e ministra della Giustizia del Governo Draghi – ha tracciato una riflessione lucida sul valore del diritto come strumento di convivenza e cura.
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''Immaginate la giustizia non più con una figura armata, ma con due persone sedute, simbolicamente sulla sua mano, che si guardano negli occhi e si parlano. È da lì che può nascere qualcosa di diverso'' ha detto Cartabia, offrendo agli studenti un'immagine potente, lontana dalla giustizia punitiva, eppure fortemente esigente. ''Si cerca - ha spiegato - di dare una risposta alle istanze della collettività senza però perdere la bussola di una soluzione che sia democraticamente ispirata, ma che al contrario contribuisca ad innalzare la cultura civica del nostro paese''. 
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Ad aprire l’incontro sono state Anna e Teresa, studentesse di quinta e quarta: ''Siamo onorate di poter ascoltarla oggi. Grazie a lei abbiamo imparato che esiste un paradigma diverso di giustizia, che non si limita al carcere, ma propone risposte non violente, complementari e più umane''.
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La dottoressa Cartabia con gli amministratori comunali di Oggiono, Dolzago, Annone ed Ello, intervenuti alla mattinata

Dal Sudafrica all’Italia, Cartabia ha portato esempi concreti per mostrare la forza del diritto quando si fa strumento di ricomposizione. ''Negli anni ’90, Albie Sachs, divenuto più tardi giudice della Corte costituzionale sudafricana, fu vittima di un attentato brutale battendosi per la libertà della popolazione nera. Quando si risvegliò dall’intervento, i suoi amici gli dissero: "Ti vendicheremo". Ma lui rispose: "Mi vendicherete? Taglierete occhi e braccia? Io non sto soffrendo per un popolo ridotto senz’occhi e senza braccia. La nostra vendetta dev’essere solo la ricomposizione di una società giusta". Questo è il senso più profondo della giustizia: spezzare la catena della vendetta per costruire qualcosa che resta''.
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La giustizia riparativa – ha spiegato Cartabia – non è una forma di perdono automatico, né un’amnistia mascherata: ''Si tratta di un incontro volontario, in cui chi ha commesso un reato si assume la responsabilità del proprio gesto davanti a chi è stato ferito. Non davanti a un’entità astratta, ma a una persona in carne e ossa''. Ed è lì che può nascere un nuovo linguaggio, capace di trasformare la rabbia e la paura in riconoscimento reciproco. 
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Il diritto, ha aggiunto, è chiamato a non alimentare solo l’idea di punizione, ma anche quella di rieducazione e dignità: ''La nostra Costituzione lo dice chiaramente, all’articolo 27: le pene non possono essere contrarie al senso di umanità, e devono tendere alla rieducazione. La giustizia riparativa non sostituisce la giustizia penale, ma offre un’occasione ulteriore: è una proposta che può essere accettata solo volontariamente, e che mette al centro il rapporto tra le persone, il riconoscimento della verità e la possibilità di ricominciare''.
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L'incontro è stato anche occasione per gli alunni di porre alla professoressa alcune domande: esiste davvero la giustizia? Il diritto ha davvero una forza capace di cambiare le cose? ''Sono domande che ci dobbiamo fare – ha risposto Cartabia – perché ogni volta che ci sentiamo colpiti da un’ingiustizia, rischiamo di rispondere solo con altra ingiustizia. Ma il diritto serve proprio a frenare quella reazione cieca. Serve a costruire''.
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A destra la dirigente scolastica Anna Panzeri

La dirigente scolastica, professoressa Anna Panzeri, ha voluto sottolineare il valore educativo dell’evento, dicendo importanti occasioni come queste, in cui ci si ferma a riflettere sugli strumenti che possediamo per una buona convivenza. ''In un mondo attraversato da disuguaglianze, crisi ambientali, guerre e nuove povertà, serve più che mai un bisogno di giustizia che sia promotore di diritti'' ha detto ringraziando l’ospite. ''Grazie per averci ricordato che la giustizia non è solo un sistema di norme, ma una responsabilità civile e culturale''. 
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A chiusura dell’incontro, Cartabia ha lasciato agli studenti una riflessione aperta: ''Quando capita un’ingiustizia, anche piccola, pensate alla parola che manca più di tutte: la verità. La giustizia riparativa nasce proprio da lì, da uno sguardo che restituisce senso, dignità, e apre la strada alla riconciliazione''.
Sa.A.
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