Oggionese, iva evasa per milioni di euro: africana condannata, ma l'attività la gestiva il fratello

Avrebbe aperto una partita iva in Italia su indicazione del fratello, coinvolto in un'attività di compravendita di stoffe dall'Austria, da ''smerciare'' poi in Senegal. 
Una serie di movimenti - anche importanti - di cui però, pare che lei sapesse poco o nulla, perlomeno fino a quando dall'Agenzia delle Entrate non hanno iniziato ad arrivare una serie di cartelle esattoriali per il mancato versamento dell'iva sulle fatture d'acquisto. 
E così la donna, una quarantenne residente da qualche anno in un comune dell'oggionese - che a fatica riesce a leggere - è finita a processo in Tribunale a Lecco. 
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Già qualche anno fa, era stata condannata alla pena di un anno e quattro mesi poichè, pur dichiarandosi totalmente inconsapevole rispetto all'attività formalmente portata avanti dal fratello, risultava essere l'unica intestataria dell'impresa, peraltro sprovvista di sede legale. Quando gli operanti incaricati dalla Procura avevano avviato gli accertamenti a suo carico, era stata pure sottoposta a perquisizione presso la propria residenza, una piccola abitazione situata in un comune dell'oggionese.
Con la definizione della pena, pensava di aver chiuso il conto con la giustizia: non era così. Il congiunto avrebbe reiterato la propria condotta (i fatti in contestazione sarebbero andati avanti dal 2017 al 2020), tanto che alla donna è arrivata una nuova ''pioggia'' di cartelle, per una cifra da capogiro, pari a qualche milione di euro complessivamente.
Ieri mattina è arrivata la condanna - in abbreviato - del giudice per le udienze preliminari Gianluca Piantadosi che ha sentenziato la pena di 6 mesi (in continuazione con la precedente condanna) - per omesso versamento dell'iva e occultamento delle scritture contabili - nei confronti dell'imputata, che nel frattempo, assistita da un legale, è riuscita finalmente a chiudere quella partita iva che le ha causato più di qualche grattacapo. 
G.C.
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