Sirone: l’arcivescovo Delpini e il messaggio di speranza
Il legame con la memoria e la gratitudine verso chi ci ha preceduti, ma anche l’incontro con i ragazzi, futuro del paese e della comunità cristiana e ancora la valorizzazione della spiritualità diocesana e una parola di speranza per le vite “incompiute”. Il passaggio dell’arcivescovo di Milano Monsignor Mario Delpini nella comunità pastorale dei Santi Martino e Benedetto è cominciato da Sirone, paese che ha visitato nel tardo pomeriggio di sabato 14 giugno nell’ambito della visita pastorale nel Decanato di Oggiono. La comunità ha vissuto un momento di fede, ascolto e condivisione che ha toccato profondamente tutte le generazioni.


In seguito ha incontrato i genitori e i ragazzi dell'iniziazione cristiana e i ragazzi del cammino preadolescenti di Sirone. Parlando ai genitori, ha voluto rassicurare e incoraggiare, dicendo che non serve essere perfetti per educare alla fede. “Così imperfetti come siamo andiamo bene per vivere la nostra vocazione. Il Signore non chiama le persone ad essere perfette prima ancora di cominciare a vivere: andiamo bene a svolgere il compito imperfetti come siamo. I genitori sono coloro che mettono al mondo i figli e trasmettono loro il significato della vita perché si viene al mondo per essere amati: questo è il senso della vita. Così si insegna la visione cristiana della vita”. L’essere imperfetti, però, “non è una scusa per essere inadempienti” nel proprio ruolo di genitori.


Nel momento comunitario, nella chiesa di San Carlo, è stata celebrata dall’arcivescovo la Santa Messa vigilare della prima domenica dopo la Pentecoste, la solennità della Santissima Trinità, alla presenza dell’autorità civile, il sindaco Emanuele De Capitani e dell’amministrazione comunale in carica.




Ci sono poi le aspettative deluse: “Nella comunità ci sono persone che hanno frutti da condividere, talenti da mettere a disposizione. Ciascuno ha le sue risorse e le sue doti. Dovrebbero essere un cuor solo e un’anima sola, ma capita che non vadano d’accordo e chi si interessa di una cosa non trova supporto negli altri. Dovrebbero tutte costruire l’unica Chiesa del Signore, ma non vanno d’accordo, si ignorano e si fanno concorrenza”. Infine, il tema dei propositi impraticabili: “Quando ci si ferma un momento a prepararsi alla confessione pasquale o alla verifica, si fanno propositi entusiasmanti e poi ci si rende conto di non riuscire a praticarli. Ci si propone di praticare la carità, la pazienza e di cambiare e dopo un po’ si è ancora come prima. Capisco che non va bene, ma mi adatto e mi assesto nella mediocrità”.


L’incontro con l’Arcivescovo è stato un abbraccio spirituale che ha unito passato e futuro, giovani e adulti, singole parrocchie e la grande diocesi.

La visita dell’arcivescovo nella zona pastorale III si concluderà oggi, domenica 15 giugno, con le parrocchie San Bernando di Brongio e San Giorgio di Molteno. Monsignor Delpini porterà il suo sguardo di paternità, fiducia e speranza, ricordando che ogni comunità, anche con le sue fragilità, è chiamata a essere segno vivo della Chiesa di Cristo. Queste ultime tappe saranno occasione per riscoprire il valore dell’appartenenza alla Chiesa, per lasciarsi incoraggiare dalla Parola di Dio e sostenere dalla presenza concreta del Vescovo che cammina con il suo popolo.
La preghiera al cimitero
Monsignor Delpini ha infatti voluto iniziare il suo cammino dal cimitero, luogo di memoria silenziosa, dove ha pregato per il passato della comunità. Un gesto carico di significato perché ogni vita, anche nella sua fragilità e nel suo silenzio, è parte viva della storia del paese. Al suo fianco erano presenti il vicario parrocchiale di Sirone, Monsignor Gianluigi Rusconi, il responsabile della comunità pastorale don Giandomenico Colombo e il vicario per la pastorale giovanile, don Francesco Beretta. In seguito ha incontrato i genitori e i ragazzi dell'iniziazione cristiana e i ragazzi del cammino preadolescenti di Sirone. Parlando ai genitori, ha voluto rassicurare e incoraggiare, dicendo che non serve essere perfetti per educare alla fede. “Così imperfetti come siamo andiamo bene per vivere la nostra vocazione. Il Signore non chiama le persone ad essere perfette prima ancora di cominciare a vivere: andiamo bene a svolgere il compito imperfetti come siamo. I genitori sono coloro che mettono al mondo i figli e trasmettono loro il significato della vita perché si viene al mondo per essere amati: questo è il senso della vita. Così si insegna la visione cristiana della vita”. L’essere imperfetti, però, “non è una scusa per essere inadempienti” nel proprio ruolo di genitori.
L’arcivescovo e Monsignor Gianluigi Rusconi
La responsabilità educativa nella fede, ha evidenziato, non richiede genitori impeccabili, ma genitori che testimoniano, anche con fatica, il senso della vita cristiana. L’Arcivescovo ha invitato specialmente i ragazzi, a riscoprire la preghiera come un incontro personale con Dio. “Quando sono diventato vescovo - ha proseguito - ho scelto come mio motto “la terra è piena della gloria di Dio”. La gloria di Dio è l’amore che rende capaci di amare: ogni uomo e donna è amata da Dio in modo che sia capace di amare. Poi ciascuno si prende le sue responsabilità e c’è chi, al posto di amare, odia, ma Dio accoglie anche loro. Dobbiamo contrastare quelli che vedono tutto negativo, si lamentano sempre. A loro bisogna dire di cominciare ad amare: il mondo forse diventerà un po’ migliore”. Ha consegnato ai giovani un’immagine con tre domande fondamentali sul senso della vita, su Dio e sulla vocazione: a partire da queste domande, a cui Dio ha dato risposta, ha suggerito di usare il testo come guida per la preghiera del giovedì. Nel momento comunitario, nella chiesa di San Carlo, è stata celebrata dall’arcivescovo la Santa Messa vigilare della prima domenica dopo la Pentecoste, la solennità della Santissima Trinità, alla presenza dell’autorità civile, il sindaco Emanuele De Capitani e dell’amministrazione comunale in carica.
Nel teatro parrocchiale, l’arcivescovo tra don Francesco Beretta e don Giandomenico Colombo
Don Giandomenico Colombo, prima dell’avvio dell’assemblea liturgica, ha dato il benvenuto a Monsignor Delpini: “Come i figli che aspettano a casa il papà dopo il lavoro, così noi abbiamo atteso nella gioia questa visita in mezzo a noi. Il nostro fervore della preparazione non era per fare bella figura, ma per dire che le vogliamo bene. In questa eucaristia c’è il nostro grazie per spendersi senza misura in questa immensa diocesi che il Signore le ha affidato. Siamo nella chiesa dedicata a San Carlo di cui lei prosegue la dedizione: qui si canta e si prega davvero bene, sotto la sapiente regia di don Gianluigi, stimato e amato pastore. Siamo tre parrocchie e portiamo l’impronta della trinità. I nostri tre campanili già si guardano e si sorridono: vorremmo provarci sempre di più”. L’ingresso solenne in chiesa
L’arcivescovo, durante l’omelia, ha ricordato di essere venuto a Sirone più volte in passato, ai tempi in cui don Giuseppe era parroco della comunità e di esserci tornato diversi anni fa per le Cresime. Ieri, il ritorno per la visita pastorale: “Per me è l’occasione per dirvi che mi siete cari, che mi state a cuore e sento responsabilità per voi, il cammino di fede e la vita di comunità. Esprimo questa sollecitudine per voi attraverso coloro ai quali do il mandato di curarsi di questa comunità: preti, catechiste, incaricati per comunione dei malati e Caritas”. L’Arcivescovo ha poi sollecitato la comunità a intensificare la spiritualità diocesana e a sentirsi coinvolta nella vita della Diocesi, a partecipare, a vivere la bellezza di una fede che è comunione tra parrocchie, vocazioni e cammini diversi. “Siamo un’unica chiesa, la santa chiesa di Dio che è in Milano. Sentite la bellezza e la responsabilità di fare parte di questa chiesa” ha aggiunto. L’aspersione della comunità
Infine, ha offerto una parola di luce per tutti, toccando le ferite di molte vite: ha parlato delle vite incompiute, di aspettative deluse e di propositi impraticabili. Nel cuore della sua omelia, l’Arcivescovo ha rivolto uno sguardo profondamente umano e spirituale alle fragilità e alle fatiche che ciascuno porta nel cuore. Le sue parole hanno toccato la condizione di chi si sente incompleto, deluso o scoraggiato: “La vita incompiuta di tante persone che hanno avuto un grande sogno per la loro vita e non l’hanno potuto realizzare: coppie di sposi che non riescono ad avere un bambino, persone che sognano un grande amore e non l’hanno trovato, persone che hanno studiato per fare un lavoro corrispondente ai talenti e alle competenze ma non lo trovano”. Ci sono poi le aspettative deluse: “Nella comunità ci sono persone che hanno frutti da condividere, talenti da mettere a disposizione. Ciascuno ha le sue risorse e le sue doti. Dovrebbero essere un cuor solo e un’anima sola, ma capita che non vadano d’accordo e chi si interessa di una cosa non trova supporto negli altri. Dovrebbero tutte costruire l’unica Chiesa del Signore, ma non vanno d’accordo, si ignorano e si fanno concorrenza”. Infine, il tema dei propositi impraticabili: “Quando ci si ferma un momento a prepararsi alla confessione pasquale o alla verifica, si fanno propositi entusiasmanti e poi ci si rende conto di non riuscire a praticarli. Ci si propone di praticare la carità, la pazienza e di cambiare e dopo un po’ si è ancora come prima. Capisco che non va bene, ma mi adatto e mi assesto nella mediocrità”.
In fascia tricolore il sindaco Emanuele De Capitani
A queste esperienze di fatica e di limite, l’Arcivescovo ha voluto opporre un messaggio di speranza, radicato nella presenza di Gesù e nell’azione dello Spirito Santo. Quest’ultimo è la risposta di Dio alle nostre insoddisfazioni e anche nella fragilità quotidiana è possibile riscoprire la vocazione alla santità.L’incontro con l’Arcivescovo è stato un abbraccio spirituale che ha unito passato e futuro, giovani e adulti, singole parrocchie e la grande diocesi.
La visita dell’arcivescovo nella zona pastorale III si concluderà oggi, domenica 15 giugno, con le parrocchie San Bernando di Brongio e San Giorgio di Molteno. Monsignor Delpini porterà il suo sguardo di paternità, fiducia e speranza, ricordando che ogni comunità, anche con le sue fragilità, è chiamata a essere segno vivo della Chiesa di Cristo. Queste ultime tappe saranno occasione per riscoprire il valore dell’appartenenza alla Chiesa, per lasciarsi incoraggiare dalla Parola di Dio e sostenere dalla presenza concreta del Vescovo che cammina con il suo popolo.
M.Mau.