Un appello alle mie alunne: siate gentili, ma non abbiate mai paura di denunciare ingiustizie e soprusi

Riceviamo e pubblichiamo la lettera che la professoressa Cinzia Romano, insegnante di lingua inglese dell’IIS Vittorio Bachelet di Oggiono, ha voluto indirizzare alle ''sue'' studentesse della classe 5BLL che hanno terminato gli Esami di Stato lo scorso sabato. Un invito - a fronte di un'esperienza vissuta sulla propria pelle - ad essere sempre gentili ed educate; ma anche forti e coraggiose. Senza aver mai il timore di segnalare eventuali ingiustizie o soprusi:

Mie carissime ragazze, spero siate soddisfatte del vostro ultimo esame. Vorrei tanto che non foste soddisfatte del mero voto che avete ottenuto. In fondo è solo un numero in una società dei numeri. Ma noi siamo uomini, e donne. Il voto può corrispondere alle aspettative e ad un reale livello di competenza, ma a volte è solo il risultato di strane combinazioni astrali: può infatti dipendere da momenti, da persone, da idee o da fortuna; spero davvero che siate felici di quello che siete diventate e di questo importante traguardo di maturità, che apre il capitolo della vostra età adulta. Sono orgogliosa di ciascuna di voi e felicissima di avervi conosciute.

Vi confesso oggi che i giorni che mi hanno vista coinvolta nei lavori dell’Esame di Stato non sono stati affatto facili. Hanno causato molta preoccupazione. Ebbene sì, anche la vostra insegnante, in questa particolare occasione, ha patito la stessa ‘ansia’ di cui abbiamo sempre parlato in classe e per i corridoi. La preoccupazione non ha riguardato certo voi, perché sapevo che avreste fatto un buon esame, mettendo in gioco, nonostante le fragilità di ciascuna, tutta la vostra forza. Come ci siamo dette più volte, non esiste persona che non abbia luci e ombre, il progresso sta nella ‘tensione di opposti complementari’.

La mia preoccupazione è stata dovuta ad uno spiacevole accadimento. Di quelli che non ti aspetteresti mai in un contesto in cui a lavorare sono persone adulte, che pure dedicano la loro vita all’Educazione. Mi sono imbattuta in una persona che, di una società sempre più dominata dalla violenza, dalle logiche del potere e da una retorica dai toni alti e arroganti, ne ha fatto lo specchio vivente. Sono stata, senza alcuna ragione che si possa ritenere logica, criticata, aggredita verbalmente, discriminata. Sì, proprio come tutte quelle volte in cui abbiamo parlato di soprusi e atti di violenza, proprio come quando abbiamo parlato di bullismo tra adolescenti. Ed è successo tra adulti, a scuola.

Non so trovare ancora una parola che possa definire l’amarezza della sorpresa. Mi verrebbe ironicamente da pensare ad un esempio di orwelliano bipensiero: l'arroganza della Neoeducazione. Che sensazione spiacevole vivere sulla propria pelle la selvaggia darwiniana lotta per la sopravvivenza, vedere lì ‘Jack’ che costruisce il suo ‘Signore delle Mosche’, il freudiano ‘Es’ che disconosce il ‘Super-io’ e dà sfogo al suo nocivo egocentrismo. Sono stata molto preoccupata. Sì perché lago sa che per stare meglio deve colpire l’amore di Otello; Mary Shelley sa bene che, per rendere credibile il suo romanzo, la creatura deve poter colpire quelli a cui lo scienziato più tiene, i suoi affetti più cari. E qui anche senza alcun geniale e ambizioso ‘creatore del male’. La causa di questo male, che ha avuto bisogno di uno sfogo, andava forse ben lontano, in un oltre a me sconosciuto. Mi dispiace. Il carnefice, lo sappiamo, vittima anche lui, ha bisogno di un atto liberatorio. E quindi mi sento di provare una socratica compassione.

Ho molto pensato e riflettuto. Se mi avete vista con gli occhi scavati è perché la notte è stata lunga in questa ‘lunga’ settimana. Chissà, forse eravamo lì insieme a guardare la luna, alla stessa ora, e condividevamo ansie di diversa natura. La riflessione notturna, ‘Alla Luna’, ha portato poi alla risoluzione. Non avrei reagito. Non avrei ‘ruggito’. Sarei rimasta inerme e indifferente. Sarei stata io il solo bersaglio, scudo per ogni altra possibile saetta. Una meta più ambita superava ogni amore per se stessi. Dovevate avere il giusto ed equo esito, senza ripercussioni. Niente avrebbe mai potuto essere più importante.

Oggi però, con questa lettera e non solo, è arrivato il momento di ''parlare''. E non è certo una rivalsa per aver subito, ma solo fedeltà ad un ricordo, quello di messaggi lontani e importanti che io stessa ho ricevuto a scuola: ''Perché una società vada bene, si muova nel progresso, nell’esaltazione dei valori della famiglia, dello spirito, del bene, dell’amicizia, perché prosperi senza contrasti tra i vari consociati, per avviarsi serena nel cammino verso un domani migliore, basta che ognuno faccia il proprio dovere. Abituare tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità''. 

L’ingiustizia e l’abuso, anche i più subdoli e nascosti, si riconoscono e si denunciano, senza minimizzare. Perché se si chiudono gli occhi nell'illusione di vivere in pace, questi si rinforzano e diventano il seme della violenza futura. La vera parola è solo specchio di umanità, gentilezza e cordialità. È rispettoso scambio di idee.

Ricordatelo sempre, ragazze. Non esistono altri usi che non siano abusi. Quindi il mio ultimo messaggio: siate sempre gentili e rispettose. Ma siate anche determinate, forti e coraggiose; riconoscete, parlate.
Vi voglio bene, tutte. 
Ad maiora semper. 
Cinzia Romano
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.