Nibionno: l'importanza di essere se stessi e di coltivare i propri sogni con lo scrittore Enrico Galiano

''E voi, un sogno, ce l’avete?''. Le mani si alzano rapidamente, alcune mosse dall’entusiasmo, altre più timidamente. Con questa semplice ma profonda domanda Enrico Galiano, insegnante e scrittore tra i già amati dal pubblico giovane e adulto, ha aperto la serata ''Meglio veri che perfetti'', intervenendo venerdì 12 settembre presso il teatro dell’oratorio don Olimpo Moneta di Tabiago di Nibionno, gremito di partecipanti (esauriti presto i 250 posti a sedere, è stata allestita un’altra sala per trasmettere l’incontro in video conferenza).
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Enrico Galiano

L'iniziativa rientra nel progetto "Linfa - Lecco Interventi per le Famiglie" ed è promossa dall’Ambito territoriale di Lecco, Impresa sociale Girasole insieme a ATS Brianza, in collaborazione con i Comuni di Bosisio Parini, Bulciago, Cesana Brianza, Costa Masnaga, Garbagnate Monastero, Molteno, Nibionno, Rogeno e Suello, e finanziata da Regione Lombardia con il Fondo per le politiche della famiglia 2023 della Presidenza del Consiglio dei ministri.
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La serata si è aperta con i saluti del sindaco di Nibionno Laura Di Terlizzi, che ha accolto calorosamente tutti i presenti ringraziando per la partecipazione e sottolineando la sinergia tra enti che ha permesso questo incontro. Da insegnante ha condiviso un momento personale vissuto ieri, durante il primo giorno di scuola, quando ha accolto i ragazzi di classe prima e ne ha visto gli occhi curiosi, desiderosi di conoscere quello che spetterà loro.
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L'autore con il sindaco Laura Di Terlizzi

Elisa Valsecchi, consigliere comunale di Suello, in rappresentanza dei Comuni del Polo Brianza Ovest, è poi intervenuta spiegando il lavoro di rete che da anni i Comuni portano avanti in sinergia, mettendo al centro la riflessione sui giovani come protagonisti della comunità, attraverso i diversi progetti attivi nel territorio. In particolare, il progetto "Habitat", finanziato dall’Ambito territoriale di Lecco, dalla Fondazione Comunitaria del Lecchese, dall’impresa sociale Girasole e dai Comuni stessi, e coordinato dalla cooperativa sociale Sineresi, che ''promuove opportunità di crescita, di sperimentazione e di partecipazione attiva dei giovani, in stretta collaborazione con i centri giovani, le associazioni locali, le scuole, le parrocchie e tutte le agenzie educative del territorio''. La serata di ieri si inserisce in un percorso dedicato alla genitorialità che crea spazi di confronto, riflessione e scambio tra genitori e professionisti.
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A portare cuore e riflessione alla serata è stato l’intervento di Enrico Galiano, che ha saputo toccare corde profonde portando storie, riflessioni e provocazioni. Il suo è stato un viaggio attraverso il mondo dei ragazzi e il ruolo degli adulti nella loro crescita. 
Partendo dalle sue esperienze in aula e dai suoi incontri con i giovani di tutta Italia, Galiano ha messo a fuoco le domande cruciali, a partire da quella che ha rivolto in apertura al pubblico: ''Quando vado alle scuole medie e chiedo ai ragazzi se hanno un sogno, quasi tutti alzano la mano. Alle superiori, invece, le mani si abbassano drasticamente, circa il 30-40% dei ragazzi. Una percentuale che scende al 10% negli istituti professionali. Perché? Una ragazza mi ha detto: perché crescendo si diventa realisti. Ma a 16 anni hai il sacrosanto diritto di essere irrealista!''.
Perché i ragazzi, crescendo, smettono di alzare la mano quando si chiede se hanno un sogno? E cosa possono fare, gli adulti, per non spegnere quella luce? Da questi interrogativi sono nate alcune risposte. 
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Galiano ha raccontato la storia di Marco, uno studente che, dietro a una promettente carriera da nuotatore, nascondeva un desiderio inascoltato: disegnare. Nuotava solo per compiacere suo padre. ''È la storia di tanti ragazzi – ha detto – che abbandonano ciò che li fa felici per aderire a un ruolo, a un’aspettativa e sono l’81%. Secondo uno studio, nel mondo occidentale, solo il 19% delle persone fa il lavoro che davvero ama''.
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Sono tre i punti chiave che ha individuato per riflettere sul ruolo educativo. Sul primo, lo spunto viene dal poeta Khalil Gibran che ne ''Il profeta'' scrisse: ''I vostri figli non sono figli vostri''. Un esempio concreto? Il registro elettronico.
''Anni fa, quando marinavi la scuola e i tuoi genitori non lo sapevano, eri tu a dover rimettere a posto le cose, acquisivi una competenza. Il rischio è che i ragazzi non studino più per sé ma per non deludere gli altri e imparino a mettere gli altri sempre davanti a sé''. I versi del poeta libanese insegnano ai genitori a fare un passo indietro. ''Essere genitori oggi non è come esserlo trent’anni fa. Oggi ci sentiamo come compito che i figli devono essere felici, realizzati, come se il mondo fuori ci tenesse in competizione con l’ansia di non fare mai abbastanza. Dobbiamo stare attenti perché l’amore può diventare troppo amore: è come i fiori che ricevono troppa acqua e marciscono. Penso che essere un buon genitore sia accettare che il figlio sta costruendo qualcosa di diverso da te''. 
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Il secondo punto ruota attorno alla metafora di Icaro. ''L’81% delle persone citate nello studio, rispetto al proprio sogno è convinto di non meritarselo. Dobbiamo smettere di essere noi genitori i primi a tarpare le ali. A volte chiamiamo realismo la paura di cadere e farci male e qui esce Icaro. Dobbiamo essere noi genitori i primi a tenere su i figli, a non farli volare basso perché altrimenti arriva il messaggio che il ragazzo non ha le capacità''.
Galiano parla di quei genitori che insegnano ai figli a fare le cose sicure, ma in questo modo si rischia una morte lenta: come sosteneva Thoreau, ''molti uomini hanno vita di quieta disperazione''. I sogni, tuttavia, non si realizzano nell’immediatezza del momento, come la società di oggi induce a credere. ''La sostanza dei sogni è fatta di porte in faccia, risate di scherno, rifiuti, momenti in cui vuoi mollare tutto e di notti passate a piangere. Se il tuo sogno si avvera, tutta la fatica diventa la parte di cui vai orgoglioso''. 
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Viviamo nella società della performance che costringe a inseguire numeri e anche i più giovani sono spinti alla perfezione, ma hanno meno anticorpi. ''I momenti giù sono fondamentali per capire qualcosa di te stesso. La sollecitazione alla perfezione e all’efficienza costante arriva spesso da fuori e dico spesso che non bisogna essere perfetti ma egregi: etimologicamente perfetto è un participio passato e significa compiuto; egregio significa fuori dal gregge. Chi si salverà dall’intelligenza artificiale? Chi riuscirà a essere unico, insostituibile, irreplicabile e per questo bisogna tenere vive le proprie imperfezioni''.
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Con la citazione di Nelson Mandela - ''Non perdo mai: o vinco o imparo'' - Galiano ha sostenuto il valore dell’errore come occasione di crescita, prima di chiudere con la vicenda di Marco, il giovane nuotatore che, grazie all’aiuto del professore, ha scritto una lettera a suo padre raccontando quanto stava male. Il genitore non aveva mai capito la sofferenza del figlio e dicendo ''preferisco avere un figlio vivo, piuttosto che campione'' aveva lasciato Marco libero di inseguire il suo sogno, quello che nasceva nel suo profondo:  disegnare. 
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Questa testimonianza racchiudeva il senso profondo della serata: ascoltare davvero i ragazzi, dare spazio ai loro sogni, accettare che siano diversi da come i genitori li avevano immaginati e lasciare che siano loro a scegliere chi diventare. Perché crescere non è diventare perfetti: è diventare veri ed essere autentici.
M.Mau.
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