Annone: dialogo in dialetto per riscoprire le tradizioni
Il Comune di Annone di Brianza e la civica biblioteca hanno organizzato una serata speciale intitolata "Quont se viveva de campagna", un evento che vuole riportare alla luce la memoria di un tempo passato, fatto di tradizioni, valori e una cultura contadina che ha da sempre contraddistinto la comunità.
''La nostra comunità ha radici profonde, fatte di valori, di tradizioni e di quella cultura contadina che ha saputo trasmettere alle generazioni successive un senso autentico di appartenenza; il legame col territorio si misura anche dalla capacità di custodire e tramandare le proprie tradizioni. A rappresentare il patrimonio più autentico della nostra identità sono le storie dei nostri nonni, i ricordi di un tempo passato e i gesti quotidiani della vita contadina'' spiegano Federica Bartesaghi, consigliera con delega alla cultura, e Lorenzo Lazzarini, consigliere con delega alle politiche giovanili, pari opportunità e sport.
Iniziative come "Quont se viveva de campagna" hanno il merito di riportarci a quel mondo fatto di semplicità, lavoro e saggezza, che ha plasmato il carattere delle nostre terre e delle nostre famiglie. ''Raccontare – proseguono i consiglieri - significa non dimenticare. Le narrazioni della vita di un tempo, con i suoi sacrifici e le sue gioie, non sono solo memoria, ma diventano insegnamento per le generazioni più giovani, che spesso nemmeno conoscono quel passato. Dare voce a queste storie è un atto di responsabilità verso il futuro, perché chi non conosce le proprie radici rischia di smarrire il senso del proprio percorso. È proprio attraverso il racconto che si tiene vivo quel filo invisibile che unisce i nonni ai nipoti, le generazioni di ieri a quelle di oggi e di domani''.
In questa cornice il dialetto non può che essere considerato come valore aggiunto, considerano i consiglieri: ''È la lingua delle emozioni e dell'ormai persa quotidianità paesana, capace di restituire con immediatezza ciò che l'italiano standard a volte attenua. Nei proverbi e nelle espressioni dialettali si racchiude un sapere antico, che non riguarda solo le parole ma un modo di vivere, di pensare e di stare insieme. Anche un semplice soprannome dialettale, spesso tramandato da padre a figlio, porta con sé un insegnamento che supera le mode e resiste al tempo''.
Bartesaghi e Lazzarini hanno sottolineato che ''tramandare le tradizioni e il dialetto significa anche ricordarci che la vita non è fatta soltanto di digitale, di velocità e di connessioni virtuali: è fatta di volti, di storie, di mani che lavorano, di comunità che si ritrovano. Oggi più che mai abbiamo bisogno di recuperare questi momenti di autenticità per non perdere il contatto con la nostra umanità più vera. Le nuove tecnologie sono strumenti utili e preziosi, ma non devono mai sostituirsi ai valori che ci hanno reso ciò che siamo. Solo così evitiamo di allontanarci troppo da noi stessi e manteniamo vivo il legame con le nostre radici''.
Il ringraziamento va a Pierangelo Galli e all'avvocato Enrico Rigamonti, protagonisti della serata, che ''con passione ci offrono l'occasione di riscoprire e condividere un pezzo della nostra storia collettiva. Senza questo lavoro paziente di memoria, rischieremmo di disperdere un patrimonio che non si misura in numeri, ma in valori. Custodire le tradizioni non significa guardare al passato con mera nostalgia, ma avere la consapevolezza e la fierezza delle proprie origini per affrontare con più solidità il futuro. È da qui, da queste radici, che nasce l'identità di una comunità, capace di guardare avanti senza dimenticare ciò che l'ha resa ciò che è. Perché solo chi conosce da dove viene può davvero sapere dove andare''.
L’appuntamento è per sabato 27 settembre alle 20 in Villa Cabella. In caso di pioggia, l’iniziativa si terrà in oratorio.
''La nostra comunità ha radici profonde, fatte di valori, di tradizioni e di quella cultura contadina che ha saputo trasmettere alle generazioni successive un senso autentico di appartenenza; il legame col territorio si misura anche dalla capacità di custodire e tramandare le proprie tradizioni. A rappresentare il patrimonio più autentico della nostra identità sono le storie dei nostri nonni, i ricordi di un tempo passato e i gesti quotidiani della vita contadina'' spiegano Federica Bartesaghi, consigliera con delega alla cultura, e Lorenzo Lazzarini, consigliere con delega alle politiche giovanili, pari opportunità e sport.

In questa cornice il dialetto non può che essere considerato come valore aggiunto, considerano i consiglieri: ''È la lingua delle emozioni e dell'ormai persa quotidianità paesana, capace di restituire con immediatezza ciò che l'italiano standard a volte attenua. Nei proverbi e nelle espressioni dialettali si racchiude un sapere antico, che non riguarda solo le parole ma un modo di vivere, di pensare e di stare insieme. Anche un semplice soprannome dialettale, spesso tramandato da padre a figlio, porta con sé un insegnamento che supera le mode e resiste al tempo''.
Bartesaghi e Lazzarini hanno sottolineato che ''tramandare le tradizioni e il dialetto significa anche ricordarci che la vita non è fatta soltanto di digitale, di velocità e di connessioni virtuali: è fatta di volti, di storie, di mani che lavorano, di comunità che si ritrovano. Oggi più che mai abbiamo bisogno di recuperare questi momenti di autenticità per non perdere il contatto con la nostra umanità più vera. Le nuove tecnologie sono strumenti utili e preziosi, ma non devono mai sostituirsi ai valori che ci hanno reso ciò che siamo. Solo così evitiamo di allontanarci troppo da noi stessi e manteniamo vivo il legame con le nostre radici''.
Il ringraziamento va a Pierangelo Galli e all'avvocato Enrico Rigamonti, protagonisti della serata, che ''con passione ci offrono l'occasione di riscoprire e condividere un pezzo della nostra storia collettiva. Senza questo lavoro paziente di memoria, rischieremmo di disperdere un patrimonio che non si misura in numeri, ma in valori. Custodire le tradizioni non significa guardare al passato con mera nostalgia, ma avere la consapevolezza e la fierezza delle proprie origini per affrontare con più solidità il futuro. È da qui, da queste radici, che nasce l'identità di una comunità, capace di guardare avanti senza dimenticare ciò che l'ha resa ciò che è. Perché solo chi conosce da dove viene può davvero sapere dove andare''.
L’appuntamento è per sabato 27 settembre alle 20 in Villa Cabella. In caso di pioggia, l’iniziativa si terrà in oratorio.

Date evento
sabato, 27 settembre 2025