Rogeno: medaglia nel ricordo dell'internato Mario Beretta. Una storia venuta alla luce grazie alle ricerche della nipote
Il 14 luglio 1918, a Casletto di Rogeno, nasceva Mario Beretta, un uomo che, nonostante la sua storia sia rimasta per lungo tempo nel silenzio, è riuscito a lasciare un segno profondo nella memoria della sua famiglia. La nipote Ilaria Iannuzzi, che purtroppo non ha avuto l’opportunità di conoscerlo, ha intrapreso un viaggio appassionato per ricostruire il passato di un nonno che, come tanti altri, ha vissuto il dramma della Seconda Guerra Mondiale. La sua ricerca non solo ha permesso di riscoprire un pezzo di storia, ma ha anche rivelato l’impatto che la guerra ha avuto sulle singole vite e sulle generazioni future.
''Purtroppo non l’ho mai conosciuto: se ne è andato nel gennaio 1999, quando io avevo solo pochi mesi. Tra i ricordi di famiglia, ho trovato dei documenti e delle fotografie, che testimoniavano il fatto che mio nonno era stato fatto prigioniero in un campo di concentramento durante la Seconda Guerra Mondiale. Mia nonna, sua moglie, che ho perso solo da pochi anni non mi ha mai parlato del passato del nonno, forse perché lui stesso è sempre stato molto frammentario e reticente nel raccontarlo. Mia mamma e i miei zii si ricordano aneddoti sparsi, sui compagni di brigata, su ciò che mangiava al campo, sul suo bellissimo cavallo di cui andava molto fiero'' ha detto la nipote.

La sua ricerca è partita dalle foto e dai documenti di guerra in suo possesso, passando per gli archivi online italiani (LeBi) e tedeschi (Arolsen archives), arrivando all’archivio di Stato a Como, a quello Vaticano e a quello della Croce Rossa di Ginevra. Non solo perché ha anche contattato direttamente gli archivi del campo di prigionia per ulteriori conferme.
''Le prime foto a mia disposizione – continua la nipote Ilaria - lo ritraggono su una motocicletta, sul cui retro è indicata la divisione alla quale apparteneva: 18esimo reggimento di artiglieria dell’Aquila. Ricostruendo la sua storia ho avuto la conferma che mio nonno è stato chiamato alle armi con la leva militare obbligatoria nel 1939, ed è stato mandato ad Avezzano, un comune abruzzese. Lì avrebbe dovuto trascorrere solamente i due anni canonici, ma nel gennaio 1941 la sua divisione, unita alla fanteria Pinerolo, venne inviata in Albania per rinforzare le posizioni italiane, minacciate dalla controffensiva greca. Nel giugno dello stesso anno la divisione fu trasferita a Larissa, in Tessaglia, come forza di occupazione per debellare la resistenza greca. A Larissa mio nonno ha una foto sul cavallo che adorava, datata 21 gennaio 1943. Quello stesso anno, l’8 settembre ci fu l’armistizio tra l’Italia e le potenze alleate e non volendo andare a combattere per i tedeschi mio nonno e altri sui compagni disertarono l’esercito, fuggendo''.
Mario Beretta venne catturato il primo settembre del 1943 e trasferito nel campo denominato Sandbostel, situato tra Amburgo e Brema con il numero matricola 193298. ''Una volta entrato lì è stato difficile recuperare informazioni su cosa successe – aggiunge Ilaria Iannuzzi - so solo che venne trasferito da questo campo di lavoro a un altro, dove lavorava come industriale. Tra i documenti ritrovati c’è anche una lettera che scrisse a Natale del 1944, ''raccomandando i suoi famigliari a Dio''.
Nel marzo 1945 fu ricoverato per una polmonite che gli fece perdere molto peso; infatti, tornò a casa pesando solamente 35 kg. In questo ospedale incontrò una suora infermiera, che volendo proteggerlo cercò di trattenerlo il più possibile ricoverato, anche una volta guarito. Dalle carte in mio possesso mio nonno uscì dal campo il 21 marzo 1945, fu liberato il 31 agosto e rimpatriato a settembre dello stesso anno''.
La storia di Mario Beretta, oggi simbolicamente rappresentata dalla medaglia che gli sarà conferita alla memoria sabato mattina dal prefetto Paolo Giuseppe Alfredo Ponta in una cerimonia che premierà altre famiglie lecchesi con storie analoghe - dopo un’attenta analisi dei documenti da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri - il 20 settembre 2025, durante la Prima Giornata Nazionale degli Internati Militari Italiani, è un racconto di sofferenza, ma anche di speranza e coraggio per la sua famiglia.
''Mi sono appassionata a questa ricerca – sottolinea la nipote Ilaria - perché mi ha permesso di collegare la Grande Storia, alla “piccola storia” della mia famiglia. Sono molto orgogliosa di mio nonno e ricostruire la sua storia mi ha permesso di recuperare un pezzetto della mia identità e delle mie radici''.
Oggi, mentre il mondo sembra tornato a fare i conti con conflitti e divisioni, la memoria della Seconda Guerra Mondiale rimane un monito per le generazioni future.
''In questo periodo – rimarca Ilaria - dove la parola Pace sembra tornata ad essere sconosciuta è necessario e importante ricordare cosa ha provocato la guerra e che impatto essa ha avuto su ognuna delle nostre famiglie. Gli archivi online stanno facendo un lavoro immane per permettere alle future generazioni di avere accesso a testimonianze vere seppur terribili, ma che possono spronare le coscienze a non commettere di nuovo tali errori''.

La storia di Mario Beretta è una di quelle che, purtroppo, rimangono spesso nel silenzio, ma grazie alla determinazione della nipote Ilaria, è diventata un esempio di come la memoria possa dare forza e consapevolezza alle generazioni future. In un mondo che sembra aver dimenticato troppo in fretta, ricordare queste storie è l'unico modo per evitare che la storia si ripeta.
Clicca QUI per visualizzare l'elenco degli internati lecchesi che saranno insigniti della medaglia alla memoria dal Prefetto

Mario Beretta
''Purtroppo non l’ho mai conosciuto: se ne è andato nel gennaio 1999, quando io avevo solo pochi mesi. Tra i ricordi di famiglia, ho trovato dei documenti e delle fotografie, che testimoniavano il fatto che mio nonno era stato fatto prigioniero in un campo di concentramento durante la Seconda Guerra Mondiale. Mia nonna, sua moglie, che ho perso solo da pochi anni non mi ha mai parlato del passato del nonno, forse perché lui stesso è sempre stato molto frammentario e reticente nel raccontarlo. Mia mamma e i miei zii si ricordano aneddoti sparsi, sui compagni di brigata, su ciò che mangiava al campo, sul suo bellissimo cavallo di cui andava molto fiero'' ha detto la nipote.

La sua ricerca è partita dalle foto e dai documenti di guerra in suo possesso, passando per gli archivi online italiani (LeBi) e tedeschi (Arolsen archives), arrivando all’archivio di Stato a Como, a quello Vaticano e a quello della Croce Rossa di Ginevra. Non solo perché ha anche contattato direttamente gli archivi del campo di prigionia per ulteriori conferme.
''Le prime foto a mia disposizione – continua la nipote Ilaria - lo ritraggono su una motocicletta, sul cui retro è indicata la divisione alla quale apparteneva: 18esimo reggimento di artiglieria dell’Aquila. Ricostruendo la sua storia ho avuto la conferma che mio nonno è stato chiamato alle armi con la leva militare obbligatoria nel 1939, ed è stato mandato ad Avezzano, un comune abruzzese. Lì avrebbe dovuto trascorrere solamente i due anni canonici, ma nel gennaio 1941 la sua divisione, unita alla fanteria Pinerolo, venne inviata in Albania per rinforzare le posizioni italiane, minacciate dalla controffensiva greca. Nel giugno dello stesso anno la divisione fu trasferita a Larissa, in Tessaglia, come forza di occupazione per debellare la resistenza greca. A Larissa mio nonno ha una foto sul cavallo che adorava, datata 21 gennaio 1943. Quello stesso anno, l’8 settembre ci fu l’armistizio tra l’Italia e le potenze alleate e non volendo andare a combattere per i tedeschi mio nonno e altri sui compagni disertarono l’esercito, fuggendo''.

Nel marzo 1945 fu ricoverato per una polmonite che gli fece perdere molto peso; infatti, tornò a casa pesando solamente 35 kg. In questo ospedale incontrò una suora infermiera, che volendo proteggerlo cercò di trattenerlo il più possibile ricoverato, anche una volta guarito. Dalle carte in mio possesso mio nonno uscì dal campo il 21 marzo 1945, fu liberato il 31 agosto e rimpatriato a settembre dello stesso anno''.

''Mi sono appassionata a questa ricerca – sottolinea la nipote Ilaria - perché mi ha permesso di collegare la Grande Storia, alla “piccola storia” della mia famiglia. Sono molto orgogliosa di mio nonno e ricostruire la sua storia mi ha permesso di recuperare un pezzetto della mia identità e delle mie radici''.

''In questo periodo – rimarca Ilaria - dove la parola Pace sembra tornata ad essere sconosciuta è necessario e importante ricordare cosa ha provocato la guerra e che impatto essa ha avuto su ognuna delle nostre famiglie. Gli archivi online stanno facendo un lavoro immane per permettere alle future generazioni di avere accesso a testimonianze vere seppur terribili, ma che possono spronare le coscienze a non commettere di nuovo tali errori''.

La storia di Mario Beretta è una di quelle che, purtroppo, rimangono spesso nel silenzio, ma grazie alla determinazione della nipote Ilaria, è diventata un esempio di come la memoria possa dare forza e consapevolezza alle generazioni future. In un mondo che sembra aver dimenticato troppo in fretta, ricordare queste storie è l'unico modo per evitare che la storia si ripeta.
Clicca QUI per visualizzare l'elenco degli internati lecchesi che saranno insigniti della medaglia alla memoria dal Prefetto
Michela Mauri