Riflessioni di un tentativo di cristiano su Gaza, ma non solo
In questi concitati giorni dove sembrano decidersi le sorti del martoriato Popolo Palestinese (ma non solo, vedendo quanto sta ancora accadendo in Ucraina e in varie altre parti del mondo) risulta evidente ad ogni persona di buon senso che si stia giocando una ben più ampia e tragicissima partita.
Una partita planetaria e quindi apparentemente lontana ma che invece non può non interessare ognuno di noi viste quantomeno le sue inevitabili conseguenze su vari aspetti della nostra vita quotidiana.
Per ciò stesso come esseri umani e ancor più come cristiani non possiamo non sentirci interpellati da tanta pianificata crudeltà che sembra voler ignorare qualsiasi forma di umanità calpestando diritti universali di uomini, donne e bambini.
Attorno ai principali aspetti di tali orrende situazioni si registrano discordanti e spesso strumentali valutazioni che però, per ogni uomo di buona volontà e a prescindere da qualsiasi distinzione, non possono non porre al proprio centro la tutela del bene primario della vita e della dignità di ogni essere umano.
In particolare sorgono accorati interrogativi in chi cerca di essere coerente con la proposta di vita di quel Gesù di Nazareth che non casualmente ha calpestato quelle straziate terre.
Ci si interroga ad esempio sul come poter contribuire con tangibili aiuti e al contempo favorire un pur assai difficile dialogo ma anche e direi soprattutto ci si chiede come potersi opporre al palese genocidio del popolo Palestinese perpetrato dall'esercito israeliano ben oltre la reazione all'orribile strage del 7 ottobre 2023.
Quindi si prendono doverosamente in considerazione una serie di possibilità concrete di azioni e atteggiamenti che ognuno può declinare secondo le proprie sensibilità, come ovviamente vale per qualsiasi altra persona.
In particolare nel mondo ecclesiale ed in tutte le sue componenti mi sembra però d'intuire che ( è una mia libera e perciò stesso opinabile valutazione) giustamente ci si interroghi sull'opportunità di trovare le forme più coerenti per riaffermare da una parte una doverosa lotta alle ingiustizie ma dall'altra anche un atteggiamento meno legato a possibili categorie d'appartenenza o di schieramento ma più aderente ad una visione che evangelicamente non escluda nessun essere umano dalla possibilità di perdono. Con peraltro la velata preoccupazione nel prendere eventualmente posizione di produrre pur involontariamente possibili divisioni, viste anche sensibilità diverse all'interno delle Comunità.
Su questo dico la mia, sommessamente e ovviamente senza alcuna presunzione di verità.
Ritengo che come cristiani ( o tentativi di esserlo, come nel mio caso) non si possa non schierarsi apertamente dalla parte di chi viene ogni giorno scientemente massacrato dopo aver pure subito da anni una situazione di oppressione. Come siano esplicitamente da condannare atti, fatti, realtà e anche persone (quando apertamente teorizzano, professano e incarnano il male profondo che concretizza l'ingiustizia soprattutto nei confronti dei più deboli e inermi) costituisca un “obbligo” derivante dalla sequela di Gesù.
Sulle conseguenze di tale atteggiamento mi sembrano illuminanti le parole del Card. Martini espresse nel suo ultimo periodo di vita nel libro “ Conversazioni notturne a Gerusalemme” rispondendo alla domanda “Come influisce la fede sulla politica?”:
“ Come cristiani guardiamo a Gesù. Egli è motivo di assoluta novità, la Chiesa. Gesù ha svolto il compito ricevuto da Dio di creare, accanto al primo popolo eletto di Israele , un secondo strumento di pace. Si trova dunque in prima linea; si è confrontato con tutte le autorità politiche: con Erode, con Pilato, con il Sinedrio, con i partiti dei farisei e dei sadducei. Si è battuto con passione per la giustizia e ha voluto cambiare il mondo. La Chiesa di Gesù Cristo deve contribuire a rendere il mondo più giusto e più pacifico. Secondo la Bibbia, la giustizia è più del diritto e della carità: è l'attributo fondamentale di Dio. Giustizia significa impegno attivo e audace perché tutti possiamo convivere in pace. La giustizia deve vegliare affinché il diritto, così com'è formulato dalle leggi, consenta a tutti gli uomini un'esistenza dignitosa. Gesù ha dato la sua vita per la giustizia. Ha cercato il dialogo con i potenti oppure ha rappresentato per loro un elemento di disturbo. Si è schierato dalla parte dei poveri, dei sofferenti, dei peccatori, dei pagani, degli stranieri, degli oppressi, degli affamati, dei carcerati, degli umiliati, dei bambini e delle donne. Chi si comporta così dà fastidio. Chi interviene al fianco degli uomini, che sono come pecore senza pastore, e li riunisce rendendoli consapevoli, diventa pericoloso agli occhi dei potenti. I cristiani che adottano “ l'opzione a favore dei poveri” di Gesù devono ancora oggi aspettarsi persecuzioni. Dai teologi della liberazione in Sudamerica agli operatori sociali nei paesi del benessere, essi trovano inevitabilmente resistenze, perché vivono nella convinzione che l'incontro coi poveri e la battaglia contro la povertà siano il luogo di elezione dell'incontro con Dio nel nostro mondo”.
A parte quel pur datato accenno rispetto all'attualità, e quindi decontestualizzato, al “primo strumento di pace” attribuito al popolo eletto di Israele che risulta perlomeno anacronistico rapportato all'oggi, come non condividere queste illuminate ed evangeliche parole?
Del resto come non ricordarsi almeno dei molti profeti ( e tutti noi dovremmo sentire l'umile urgenza ad essere in quanto battezzati contemporaneamente sacerdoti, re e profeti come ci ha insegnato anche il Concilio vaticano II) che per amore hanno sferzato, in nome di Dio, l'Israele dei loro tempi e specialmente le loro presunte “guide” condannando apertamente i loro empi comportamenti.
Certo in senso lato la “condanna dettata dall'Amore”, che si potrebbe anche definire “correzione fraterna” ( che non può che essere autenticamente reciproca) non esclude mai il possibile ravvedimento dell'errante e addirittura può essere per lui un aiuto per cambiare atteggiamento e comportamenti, come a volte addirittura prefigurare, Bibbia alla mano, una responsabilità per chi non lo dovesse correggere.
Ovviamente altra cosa, secondo una giustizia che non può che essere umana e suggellata dal Diritto Internazionale, è il dovere del consesso degli Stati di “neutralizzare” ( isolare, sanzionare e con quant'altri reali strumenti applicativi) chi, singole realtà o nazioni stesse, reca apertamente danno ad altri consimili e in questo caso - non solo nel Medio Oriente - addirittura compie massacri e genocidi.
Sarebbe però ingiusto oltre che miope accomunare tutti i componenti di uno Stato sotto un'unica e massificante condanna, vedi ad esempio la coraggiosa resistenza interna in Israele, pur minoritaria o accomunare i Palestinesi al solo Hamas.
Del resto basterebbe guardare le sconvolgenti immagini, ben ricordando anche quelle atroci del 7 Ottobre, di questo coraggioso servizio appena trasmesso in tv per non riuscire a tacere e urlare tutta l'indignazione possibile, pur rimanendo doverosamente umani o, anzi, proprio per questo. https://www.raiplay.it/video/2025/09/La-guerra-totale-PresaDiretta-Puntata-del-05102025-2053d5d4-5d69-44f9-9ad2-e82135b595b0.html
L'altra sottolineatura che mi sento sempre costruttivamente di evidenziare è quella apparente “difficoltà”, certo dettata dalle migliori intenzioni che indicavo anche sopra, nel prendere posizione in modo comunitario pronunciandosi apertamente contro specifiche ingiustizie e relegandole semmai nella sfera delle opinioni personali. .
Con tutto il rispetto per le varie opinioni e sensibilità mi chiedo però se tale atteggiamento non rischi di sacrificare le esigenze di Verità ad un pur doveroso senso di Unità. Ecco perché, ad esempio, in non pochi abbiamo apprezzato molto la nitida quanto fraterna presa di posizione comunitaria dei “Preti contro il genocidio”.
Riflessioni ed interrogativi quelli sopraesposti che penso possano meritare quantomeno una serena e fraterna analisi comunitaria che valorizzi ulteriormente una pur molteplice quanto apprezzabilissima serie di iniziative, già in corso in vari luoghi, di vicinanza e concreta solidarietà a tutte le realtà che ci interpellano come uomini e come cristiani. A partire dal genocidio palestinese per la sua tremenda specificità.
Mi permetto infine di porre all'attenzione un recentissimo accorato messaggio del card. Pizzaballa a tutta la diocesi del Patriarcato Latino di Gerusalemme come anche, ben più sommessamente, l'ipotesi di un breve testo che potrebbe essere pubblicamente e comunitariamente adottato.
https://www.lpj.org/it/news/to-the-diocese-of-the-latin-patriarchate-of-jerusalem?fbclid=IwdGRzaANOOBNjbGNrA0439GV4dG4DYWVtAjExAAEe4-eCI3OE8A68Jj7KwuW_Ic16cZjRN4BLhwdQe4TMFOdJ3Pj13BGH2Qx1PFY_aem_agWTRMrpqszocALY_6-Lqw&sfnsn=scwspwa
“Condanniamo esplicitamente il genocidio in atto perpetrato dallo Stato d'Israele nei confronti del Popolo Palestinese in corso a Gaza e in Cisgiordania.
La comune appartenenza ad un unico genere umano ci impone di prendere posizione come cittadini e cristiani in difesa di bambini, donne e uomini inermi che, come ahimè succede in troppe altre parti del mondo a partire dall'Ucraina stessa, hanno la sola colpa di trovarsi in quei luoghi.
Luoghi che hanno visto Gesù di Nazareth proclamare la sua universale Parola d'Amore ma che oggi vedono commesse inenarrabili atrocità ben oltre l'orrenda strage del 7 ottobre 2023 perpetrata da Hamas.
Nessuna motivazione può giustificare tale sterminio cinicamente promosso dal governo israeliano che non può e non deve vedere la rassegnazione e l'ignavia di tutti coloro, a partire dalle nostre istituzioni, che possono concretamente adoperarsi per l' interruzione dei massacri e delle deportazioni. Crediamo che la convergenza "dal basso" di varie forme di resistenza a queste logiche sanguinarie, comprese quelle di opposizione interna ad Israele stesso, possano contribuire a fermare il genocidio ancora in corso e ad avviare un pur difficile processo di Pace e dignitosa convivenza. Facciamo nostro quanto espresso dal documento della rete "Preti contro il genocidio": Non siamo contro qualcuno, ma a favore di ogni vita umana. Non possiamo tacere davanti a massacri, violenze e violazioni del diritto internazionale".
Una partita planetaria e quindi apparentemente lontana ma che invece non può non interessare ognuno di noi viste quantomeno le sue inevitabili conseguenze su vari aspetti della nostra vita quotidiana.
Per ciò stesso come esseri umani e ancor più come cristiani non possiamo non sentirci interpellati da tanta pianificata crudeltà che sembra voler ignorare qualsiasi forma di umanità calpestando diritti universali di uomini, donne e bambini.
Attorno ai principali aspetti di tali orrende situazioni si registrano discordanti e spesso strumentali valutazioni che però, per ogni uomo di buona volontà e a prescindere da qualsiasi distinzione, non possono non porre al proprio centro la tutela del bene primario della vita e della dignità di ogni essere umano.
In particolare sorgono accorati interrogativi in chi cerca di essere coerente con la proposta di vita di quel Gesù di Nazareth che non casualmente ha calpestato quelle straziate terre.
Ci si interroga ad esempio sul come poter contribuire con tangibili aiuti e al contempo favorire un pur assai difficile dialogo ma anche e direi soprattutto ci si chiede come potersi opporre al palese genocidio del popolo Palestinese perpetrato dall'esercito israeliano ben oltre la reazione all'orribile strage del 7 ottobre 2023.
Quindi si prendono doverosamente in considerazione una serie di possibilità concrete di azioni e atteggiamenti che ognuno può declinare secondo le proprie sensibilità, come ovviamente vale per qualsiasi altra persona.
In particolare nel mondo ecclesiale ed in tutte le sue componenti mi sembra però d'intuire che ( è una mia libera e perciò stesso opinabile valutazione) giustamente ci si interroghi sull'opportunità di trovare le forme più coerenti per riaffermare da una parte una doverosa lotta alle ingiustizie ma dall'altra anche un atteggiamento meno legato a possibili categorie d'appartenenza o di schieramento ma più aderente ad una visione che evangelicamente non escluda nessun essere umano dalla possibilità di perdono. Con peraltro la velata preoccupazione nel prendere eventualmente posizione di produrre pur involontariamente possibili divisioni, viste anche sensibilità diverse all'interno delle Comunità.
Su questo dico la mia, sommessamente e ovviamente senza alcuna presunzione di verità.
Ritengo che come cristiani ( o tentativi di esserlo, come nel mio caso) non si possa non schierarsi apertamente dalla parte di chi viene ogni giorno scientemente massacrato dopo aver pure subito da anni una situazione di oppressione. Come siano esplicitamente da condannare atti, fatti, realtà e anche persone (quando apertamente teorizzano, professano e incarnano il male profondo che concretizza l'ingiustizia soprattutto nei confronti dei più deboli e inermi) costituisca un “obbligo” derivante dalla sequela di Gesù.
Sulle conseguenze di tale atteggiamento mi sembrano illuminanti le parole del Card. Martini espresse nel suo ultimo periodo di vita nel libro “ Conversazioni notturne a Gerusalemme” rispondendo alla domanda “Come influisce la fede sulla politica?”:
“ Come cristiani guardiamo a Gesù. Egli è motivo di assoluta novità, la Chiesa. Gesù ha svolto il compito ricevuto da Dio di creare, accanto al primo popolo eletto di Israele , un secondo strumento di pace. Si trova dunque in prima linea; si è confrontato con tutte le autorità politiche: con Erode, con Pilato, con il Sinedrio, con i partiti dei farisei e dei sadducei. Si è battuto con passione per la giustizia e ha voluto cambiare il mondo. La Chiesa di Gesù Cristo deve contribuire a rendere il mondo più giusto e più pacifico. Secondo la Bibbia, la giustizia è più del diritto e della carità: è l'attributo fondamentale di Dio. Giustizia significa impegno attivo e audace perché tutti possiamo convivere in pace. La giustizia deve vegliare affinché il diritto, così com'è formulato dalle leggi, consenta a tutti gli uomini un'esistenza dignitosa. Gesù ha dato la sua vita per la giustizia. Ha cercato il dialogo con i potenti oppure ha rappresentato per loro un elemento di disturbo. Si è schierato dalla parte dei poveri, dei sofferenti, dei peccatori, dei pagani, degli stranieri, degli oppressi, degli affamati, dei carcerati, degli umiliati, dei bambini e delle donne. Chi si comporta così dà fastidio. Chi interviene al fianco degli uomini, che sono come pecore senza pastore, e li riunisce rendendoli consapevoli, diventa pericoloso agli occhi dei potenti. I cristiani che adottano “ l'opzione a favore dei poveri” di Gesù devono ancora oggi aspettarsi persecuzioni. Dai teologi della liberazione in Sudamerica agli operatori sociali nei paesi del benessere, essi trovano inevitabilmente resistenze, perché vivono nella convinzione che l'incontro coi poveri e la battaglia contro la povertà siano il luogo di elezione dell'incontro con Dio nel nostro mondo”.
A parte quel pur datato accenno rispetto all'attualità, e quindi decontestualizzato, al “primo strumento di pace” attribuito al popolo eletto di Israele che risulta perlomeno anacronistico rapportato all'oggi, come non condividere queste illuminate ed evangeliche parole?
Del resto come non ricordarsi almeno dei molti profeti ( e tutti noi dovremmo sentire l'umile urgenza ad essere in quanto battezzati contemporaneamente sacerdoti, re e profeti come ci ha insegnato anche il Concilio vaticano II) che per amore hanno sferzato, in nome di Dio, l'Israele dei loro tempi e specialmente le loro presunte “guide” condannando apertamente i loro empi comportamenti.
Certo in senso lato la “condanna dettata dall'Amore”, che si potrebbe anche definire “correzione fraterna” ( che non può che essere autenticamente reciproca) non esclude mai il possibile ravvedimento dell'errante e addirittura può essere per lui un aiuto per cambiare atteggiamento e comportamenti, come a volte addirittura prefigurare, Bibbia alla mano, una responsabilità per chi non lo dovesse correggere.
Ovviamente altra cosa, secondo una giustizia che non può che essere umana e suggellata dal Diritto Internazionale, è il dovere del consesso degli Stati di “neutralizzare” ( isolare, sanzionare e con quant'altri reali strumenti applicativi) chi, singole realtà o nazioni stesse, reca apertamente danno ad altri consimili e in questo caso - non solo nel Medio Oriente - addirittura compie massacri e genocidi.
Sarebbe però ingiusto oltre che miope accomunare tutti i componenti di uno Stato sotto un'unica e massificante condanna, vedi ad esempio la coraggiosa resistenza interna in Israele, pur minoritaria o accomunare i Palestinesi al solo Hamas.
Del resto basterebbe guardare le sconvolgenti immagini, ben ricordando anche quelle atroci del 7 Ottobre, di questo coraggioso servizio appena trasmesso in tv per non riuscire a tacere e urlare tutta l'indignazione possibile, pur rimanendo doverosamente umani o, anzi, proprio per questo. https://www.raiplay.it/video/2025/09/La-guerra-totale-PresaDiretta-Puntata-del-05102025-2053d5d4-5d69-44f9-9ad2-e82135b595b0.html
L'altra sottolineatura che mi sento sempre costruttivamente di evidenziare è quella apparente “difficoltà”, certo dettata dalle migliori intenzioni che indicavo anche sopra, nel prendere posizione in modo comunitario pronunciandosi apertamente contro specifiche ingiustizie e relegandole semmai nella sfera delle opinioni personali. .
Con tutto il rispetto per le varie opinioni e sensibilità mi chiedo però se tale atteggiamento non rischi di sacrificare le esigenze di Verità ad un pur doveroso senso di Unità. Ecco perché, ad esempio, in non pochi abbiamo apprezzato molto la nitida quanto fraterna presa di posizione comunitaria dei “Preti contro il genocidio”.
Riflessioni ed interrogativi quelli sopraesposti che penso possano meritare quantomeno una serena e fraterna analisi comunitaria che valorizzi ulteriormente una pur molteplice quanto apprezzabilissima serie di iniziative, già in corso in vari luoghi, di vicinanza e concreta solidarietà a tutte le realtà che ci interpellano come uomini e come cristiani. A partire dal genocidio palestinese per la sua tremenda specificità.
Mi permetto infine di porre all'attenzione un recentissimo accorato messaggio del card. Pizzaballa a tutta la diocesi del Patriarcato Latino di Gerusalemme come anche, ben più sommessamente, l'ipotesi di un breve testo che potrebbe essere pubblicamente e comunitariamente adottato.
https://www.lpj.org/it/news/to-the-diocese-of-the-latin-patriarchate-of-jerusalem?fbclid=IwdGRzaANOOBNjbGNrA0439GV4dG4DYWVtAjExAAEe4-eCI3OE8A68Jj7KwuW_Ic16cZjRN4BLhwdQe4TMFOdJ3Pj13BGH2Qx1PFY_aem_agWTRMrpqszocALY_6-Lqw&sfnsn=scwspwa
“Condanniamo esplicitamente il genocidio in atto perpetrato dallo Stato d'Israele nei confronti del Popolo Palestinese in corso a Gaza e in Cisgiordania.
La comune appartenenza ad un unico genere umano ci impone di prendere posizione come cittadini e cristiani in difesa di bambini, donne e uomini inermi che, come ahimè succede in troppe altre parti del mondo a partire dall'Ucraina stessa, hanno la sola colpa di trovarsi in quei luoghi.
Luoghi che hanno visto Gesù di Nazareth proclamare la sua universale Parola d'Amore ma che oggi vedono commesse inenarrabili atrocità ben oltre l'orrenda strage del 7 ottobre 2023 perpetrata da Hamas.
Nessuna motivazione può giustificare tale sterminio cinicamente promosso dal governo israeliano che non può e non deve vedere la rassegnazione e l'ignavia di tutti coloro, a partire dalle nostre istituzioni, che possono concretamente adoperarsi per l' interruzione dei massacri e delle deportazioni. Crediamo che la convergenza "dal basso" di varie forme di resistenza a queste logiche sanguinarie, comprese quelle di opposizione interna ad Israele stesso, possano contribuire a fermare il genocidio ancora in corso e ad avviare un pur difficile processo di Pace e dignitosa convivenza. Facciamo nostro quanto espresso dal documento della rete "Preti contro il genocidio": Non siamo contro qualcuno, ma a favore di ogni vita umana. Non possiamo tacere davanti a massacri, violenze e violazioni del diritto internazionale".
Germano Bosisio