Oggiono: mamma Egidia racconta il figlio Vik, un uomo affamato di rettitudine

Nella serata di giovedì 13 novembre l’auditorium di Oggiono si è trasformato in un luogo di memoria e riflessione durante l’incontro “Restiamo umani: luci e ombre da un paese in guerra, ricordi e testimonianze” organizzato dall’ANPI e da Emergency con il patrocinio dei comuni di Oggiono, Annone di Brianza, Dolzago ed Ello; la serata è nata dal desiderio di dare spazio alla memoria, alla cultura e ai diritti umani, perché solo in questo modo si possono costruire solidarietà e pace.
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A prendere la parola durante la serata è stata Egidia Beretta Arrigoni che ha raccontato una storia, la storia di un nostro collega giornalista il quale non ha mai smesso di credere nella cronaca reale dei fatti, nuda e cruda per quanto dura e brutale questa possa essere: lui è suo figlio, Vittorio Arrigoni. 
“Oggi parlerò della Palestina” esordisce “attraverso gli occhi di Vittorio. Prima di raccontare il suo incontro con questo paese, però, è necessario, e rispettoso nei suoi confronti, narrare come lui sia arrivato a essere se stesso”, spiegando come Arrigoni fosse stato fin da giovane un ragazzo molto inquieto perché alla ricerca costante del senso della propria vita e avesse, come diceva lui, “Una sfrenata passione per i diritti umani, una grande sete di giustizia e di pace”. 
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Ecco, Vittorio era così, un ragazzo e poi un uomo affamato di rettitudine, consapevole che questa non potesse esistere senza la pace, proprio per questo motivo trascorse molti anni cercando la strada per concretizzare, almeno in parte, questo suo desiderio di incontro con gli altri e di aiuto al suo prossimo. Dopo essersi diplomato presso il Bachelet, cominciò a frequentare durante l'estate i campi di lavoro internazionali recandosi in particolare nei paesi dell'est Europa: Repubblica Ceca, Romania, Polonia, Russia e anche Ucraina, portando a casa da tutte queste esperienze la cultura, la bellezza dell’incontro con tanti altri giovani che venivano da ogni parte del mondo e lo scambio di parole, di pensieri e di sogni.
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Iniziò poi ad andare soprattutto in Africa con lo spirito di dimostrare ai popoli che incontrava, come scrive in una lettera a un'amica, che “C'è un Occidente che si presenta con le mani tese, non per afferrare, ma per donare”. Ogni viaggio aggiungeva un tassello a questa sua ricerca di pace, fino a quando, nel 2002, all’età di 27 anni, Vittorio ebbe il suo primo incontro con la Palestina per via di un progetto a Gerusalemme Est.
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Quando Arrigoni arrivò entrando da Gerusalemme Ovest ( bisogna ricordare che nel 1967, dopo la guerra dei Sei Giorni, la città è stata divisa in due parti: la zona ovest, abitata dagli israeliani di religione ebraica, e la zona est, riservata ai palestinesi), si trovò subito di fronte a una realtà drammaticamente diversa tra le due parti della città, nella zona Est infatti incontrò soldati armati che pattugliavano le strade e famiglie visibilmente intimidite dalla situazione. Rimase particolarmente colpito dai racconti che ascoltò dalla popolazione locale: gli dissero che poco lontano, in Cisgiordania, vi erano stati pesanti bombardamenti con numerose vittime.
Vittorio, tuttavia, era incredulo perché prima di partire si era informato sulla situazione, ma in Italia non si parlava affatto di questi eventi, decise quindi di andare di persona per vedere con i propri occhi e testimoniare la realtà sul campo recandosi in diverse città, dove si rese conto che ciò che aveva sentito dire era solo una minima parte di una realtà molto più grave e tragica. “Nei suoi scritti ricorda in particolare il campo profughi di Jenin, un grande campo palestinese bombardato nel 2002, dove mio figlio ha assistito allo scenario di case distrutte, rovine fumanti, feriti e morti. Questa esperienza lo fece interrogare profondamente su come fosse possibile che il mondo intero rimanesse all’oscuro di tali eventi e perché prevalesse un atteggiamento di indifferenza di fronte a tanta sofferenza”, ricorda Egidia.
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Queste domande accompagnarono il giovane negli anni successivi e nei suoi altri viaggi nella terra di Palestina, rispettivamente nel 2003 e nel 2004, durante i quali si unì all’organizzazione International Solidarity Movement (ISM): assieme ai suoi compagni Vittorio iniziò a svolgere il pericoloso ruolo di scudo umano sui pescherecci e nelle campagne palestinesi in modo tale da poter proteggere i civili dal fuoco israeliano che impediva loro di approvvigionarsi e di svolgere le proprie attività quotidiane volte al proprio sostentamento. Oltre a questo partecipò anche alle manifestazioni contro la costruzione del muro di separazione israeliano-palestinese, iniziato nel 2002 e lungo quasi 800 chilometri, che spesso entra in territorio palestinese, rubando terra, pascoli e acqua; è proprio durante queste proteste pacifiche che Vittorio finì sulla lista nera del governo israeliano, evento che lo portò a vedersi negato il rientro in Palestina e all’arresto. 
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Nel 2008 poi la situazione cambiò radicalmente: Vittorio si unì a un progetto per tornare in Palestina via mare. Nonostante la fatica, la paura e le difficoltà, partecipò a questa traversata con altri volontari su due pescherecci. Il Mossad sabotò l’impianto di navigazione, ma gli attivisti trovarono la rotta a vista e arrivarono miracolosamente a Gaza il 23 agosto. A novembre dello stesso anno però venne arrestato nuovamente mentre si trovava su un peschereccio palestinese per aiutare i pescatori; quando tornò a casa scrisse “Sono un reduce da un campo di battaglia in cui mi sono presentato disarmato. Non ci arrenderemo davanti alla minaccia di nuove detenzioni. Più mi somministrano la loro superviolenza, più cresce in me la sete di giustizia”, rifiutando di accettare l'idea che venga vietata la solidarietà internazionale alla Palestina e il lavoro per la pace tra i due popoli e ritornando successivamente nel paese come volontario. Per testimoniare le sue esperienze nella terra di Canaan scrisse ogni giorno sul Manifesto, raccontando con empatia e intensità quanto vedeva, facendo della sua voce l’unica occidentale che riusciva a uscire da Gaza, raggiungendo un grande seguito in Italia che lesse di una città come “Un luogo a densità abitativa altissima, dove i bombardamenti indiscriminati causano stragi di civili, con scuole e mercati colpiti”; tramite la sua penna Vittorio riuscì a raccontare ciò che non riuscì a filmare come i corpi e i volti in lacrime, perché piangeva anche lui. Invitava a non restare immobili in silenzio, poiché tacere significa sostenere la violenza in corso e chiedeva di urlare la propria indignazione in ogni capitale, in ogni città e piazza del mondo.
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Dopo il racconto di Egidia Arrigoni è stato proiettato il video documentario su Vittorio dove si vedevano lui nel 2008 durante la missione “Free Gaza” per rompere il blocco israeliano che da anni opprimeva la popolazione palestinese, gli orrori dell’Operazione Piombo fuso che dilaniò Gaza e i racconti della tragedia umana di quella striscia di terra con vive testimonianze dagli ospedali, dalle ambulanze, e dalle case distrutte, denunciando la violenza israeliana e le difficoltà atroci della popolazione civile intrappolata. Fino ad arrivare al 2011, quando Vittorio fu sequestrato da un gruppo salafita estremista che chiedeva la liberazione di alcuni prigionieri e nonostante le trattative per il suo rilascio, fu ucciso e il suo corpo abbandonato a Gaza. La sua morte suscitò vasta commozione e il suo impegno è ricordato come un esempio di coraggio e umanità.

All’incontro ha presenziato anche l’associazione Emergency che ha assistito negli ultimi 31 anni oltre 13 milioni di persone in zone di conflitto e povertà. Attualmente opera in diversi paesi in guerra, tra cui Ucraina, Sudan, Afghanistan, Iraq e Palestina, la cui situazione, in particolare nella Striscia di Gaza, resta drammatica: oltre 69.000 vittime e più di 170.000 feriti dall’ultimo aggiornamento ONU. Il 60% degli ospedali di Gaza non è operativo, molte aree sono isolate e 3.500 persone sono escluse dagli aiuti perché il confine di Rafa è chiuso e blocca l’uscita di 16.500 pazienti in attesa di cure estere; l’inadeguatezza farmaceutica e amputazioni tra la popolazione colpiscono soprattutto i bambini. Emergency promuove campagne di sensibilizzazione, tra cui “R1pud1a”, coinvolgendo comuni e scuole, per sostenere progetti di solidarietà e denunciare la crescente spesa militare mondiale, contribuendo a diffondere una cultura di pace e giustizia.
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A fine serata il pittore oggionese Fabrizio Redaelli donò a Egidia Arrigoni, con la commozione di tutti i presenti, il quadro che ha dato il titolo all’evento in memoria di Vittorio e della sua lotta per la pace e la giustizia.
La serata dedicata alla memoria di Vittorio Arrigoni ci ricorda quanto sia fondamentale mantenere viva la coscienza civile e il coraggio di testimoniare la verità, anche quando questa è scomoda o dolorosa. La sua vita e il suo impegno rappresentano un esempio luminoso di come la passione per i diritti umani possa trasformarsi in azione concreta, con la forza della solidarietà e della pace. Continuare a raccontare storie come la sua significa non arrendersi di fronte all’indifferenza e alimentare quella speranza che solo la conoscenza e la condivisione possono generare in chi crede in un mondo più giusto.
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I.M.
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