La grande lezione di Abu Dhabi

Milioni di persone appartenenti a varie decine di popoli che convivono all'insegna del rispetto reciproco.

Certo non mancano anche difficoltà perché il Paradiso terrestre non esiste, ma quello che abbiamo visto ad Abu Dhabi e Dubai anche attraverso le parole di “testimoni” autorevoli non può che esserci rimasto nel cuore come esempio di una concreta speranza per l'Umanità.

In un mondo dove guerre, violenze e nazionalismi esasperati sembrano purtroppo connotare il vivere quotidiano, toccare con mano, pur - o forse anche grazie- alle differenze di vario tipo, che un altro mondo sembra essere possibile non può che rappresentare una boccata d'ossigeno per chi crede perlomeno in una Convivenza Civile degna di tale nome.

Una Convivenza Civile che assume ancor più valore quando veste i panni di un reciproco rispetto interreligioso nella ricerca di un cammino condiviso che metta al centro i valori della Pace e della Giustizia che costituiscono o perlomeno dovrebbero costituire le comuni radici di tutte le fedi.

E' questa una delle più arricchenti esperienze che abbiamo vissuto nel corso del significativo Pellegrinaggio/crociera organizzato da Famiglia Cristiana ( in collaborazione con l'apprezzato staff di Easycom) “Il Giubileo della speranza tra Bibbia e Corano”.

Un pellegrinaggio dal 15 al 22 novembre che a bordo della nave Euribia ci ha permesso di conoscere varie realtà delle Chiese di frontiera della penisola Arabica ( Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Qatar) sulle tracce dello storico “Documento sulla Fratellanza Umana per la pace mondiale e la convivenza comune” siglato il 4 febbraio 2019 ad Abu Dhabi da Papa Francesco e il Grande Imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyib.

Infatti in un clima di amicizia e conoscenza reciproca tra i partecipanti abbiamo potuto condividere grazie in particolare ad esperti ( Don Massimo Rizzi) e testimoni ( Mons. Aldo Berardi, vicario apostolico dell'Arabia Settentrionale - Bahrein, Kuwait, Arabia Saudita - che conta oltre 2 milioni di cattolici provenienti soprattutto dall'Estremo Oriente; Mons.Paolo Martinelli, vicario apostolico per l'Arabia Meridionale – Emirati Arabi Uniti, Oman e Yemen- che conta 1 milione e 200 mila cattolici, 65 sacerdoti e alcune suore) non solo vari approfondimenti sull'Islam ma anche esperienze di vita vissuta in relazione con svariate pluralità di confessioni cristiane e non cristiane.

E' questo crogiuolo umano, un vero e proprio laboratorio di convivenza (su circa 10 milioni di abitanti solo 1,5 milioni sono cittadini, tutti gli altri sono soprattutto lavoratori immigrati con relativi permessi temporanei rinnovabili provenienti da varie decine di nazionalità) sembra proprio una sfida ad uno dei solo presunti paradigmi veicolati da chi soffia su differenze e luoghi comuni che vorrebbero prefigurare solo contrapposizioni.

Certo esiste pure, come in ogni altro angolo della Terra, una questione sociale per una ineludibile più equa distribuzione della ricchezza ma a prima vista in quei luoghi non paiono esserci persone che quantomeno patiscono la fame ma semmai sembrano potersi costruire, anche col duro lavoro e magari con qualche sfruttamento, la possibilità di una vita dignitosa rientrando poi nei propri paesi d'origine.

In particolare il viaggio è stata un'occasione, soprattutto grazie alle lezioni di don Massimo e agli incontri coi due vicari apostolici, per avere uno sguardo più reale sull'Islam rispetto a quello strumentalmente veicolato da certa politica più a fini di consenso elettorale che di costruzione di una buona convivenza basata sul reciproco rispetto .

Del resto proprio il documento sulla Fratellanza Umana promuovendo reciproca tolleranza e giustizia così si esprimeva: “ Un documento ragionato con sincerità e serietà per essere una dichiarazione comune di buone e leali volontà, tale da invitare tutte le persone che portano nel cuore la fede in Dio e la fede nella fratellanza umana a unirsi e a lavorare insieme, affinché esso diventi una guida per le nuove generazioni verso la cultura del reciproco rispetto, nella comprensione della grande grazia divina che rende tutti gli esseri umani fratelli”.

Tra i tanti temi toccati in quella dichiarazione ( Promuovere tolleranza e giustizia, Tutelare la famiglia e la vita, Libertà religiosa, Non discriminare le minoranze, Riconoscere i diritti della donna, Educazione nelle scuole e nelle università, Le religioni sono ponti tra i popoli …) uno sembra proprio di particolare interesse e attualità visto che è stato richiamato anche da Papa Leone XIV nel viaggio tuttora in corso in Turchia e Libano e cioè quello che si potrebbe sintetizzare come un monito a non usare mai il nome di Dio per uccidere. Infatti nel documento di Abu Dhabi si dichiarava che “le religioni non incitano mai alla guerra e non sollecitano sentimenti di odio, ostilità, estremismo, né invitano alla violenza o allo spargimento di sangue. Queste sciagure sono frutto della deviazione dagli insegnamenti religiosi, dell'uso politico delle religioni e anche delle interpretazioni di gruppi di uomini di religione”. Per questo si chiedeva a tutti “di smettere di usare il nome di Dio per giustificare atti di omicidio, di esilio, di terrorismo e di oppressione”. Il Papa e il Grande Imam ricordavano che “Dio, l'Onnipotente, non ha bisogno di essere difeso da nessuno e non vuole che il Suo nome venga usato per terrorizzare la gente”.

Parole chiare e quanto mai importanti anche e soprattutto oggi specialmente nei contesti mediorientali.

Un viaggio/pellegrinaggio quindi il nostro che, tra incredibili bellezze esotiche e monumentali e futuribili grattacieli , ci ha consentito una volta in più di approfondire le ragioni di una libera adesione al messaggio universale di Gesù di Nazareth che proprio in quanto universale continua a parlare a tutti gli uomini di buona volontà a prescindere da qualsivoglia fede e diversità.
Germano Bosisio
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