Oggiono: l'opera di Franco D'Alconzo per l'anniversario della morte di Papa Roncalli

Un importante anniversario in una culla di grande devozione e un lungo percorso a ritroso, sulle orme di una rinascita artistica e spirituale. Quasi 600 i chilometri percorsi da Francesco D'Alconzo, artista oggionese da 18 anni a Mannheim, per presenziare giovedì sera alle suggestive celebrazioni tenutesi a Sotto il Monte in occasione della festa liturgica del Beato Papa Giovanni XXIII proprio nel giorno dell'anniversario di apertura del Concilio Vaticano II e nel 50esimo della morte dell'indimenticato Pontefice. Accanto a lui il sacerdote Valerio Casula, parroco della Comunità Cattolica Italiana di Mannheim, sua guida spirituale.

L'artista D'Alconzo con don Valerio Casula

Del resto ai viaggi questo artista eclettico, di patria oggionese ma cittadino del mondo, è avvezzo ma questa volta l'occasione è stata decisamente particolare: consegnare di persona a Sotto il Monte la sua ultima opera "Pacem in terris" che d'ora in poi campeggerà nel grande salone, meta di lunghi pellegrinaggi, nei pressi della statua di Papa Roncalli. Una scultura semplice, fatta di poche linee, che racchiudono la potenza di un messaggio universale: la ricerca di un mondo senza confini, di ciò che unisce anziché di ciò che divide, lanciato dall'enciclica forse più famosa del "Papa Buono", di cui l'opera riprende anche il nome, scritta in uno dei momenti di maggior tensione della guerra fredda, ai tempi di Bresnev e Kennedy, negli anni dell'incubo dell'armamento atomico. Una scultura in ferro battuto che rappresenta un mondo spezzato in due ma tenuto ben saldo da una croce che unisce, segno di pace, quasi un segnale a guardare un mondo senza confini e senza blocchi, che non appartiene né all'Occidente né all'Oriente e attuale ancora oggi. Insomma un lungo viaggio il suo da quella stessa Germania un tempo divisa e oggi cuore d'Europa all'Italia, per parlare di speranza con il linguaggio dell'arte.

Un'idea nata quasi come una folgorazione, su suggerimento di un amico, durante uno dei numerosi viaggi che spesso, quasi ogni mese, riportano l'artista in Italia, dove è cresciuto e ha a lungo vissuto: "Siamo passati vicino alla casa del Papa" racconta. "E un caro amico mi ha detto qui manca una tua opera. Sono tornato a casa e ho cominciato a creare". Beninteso con quella semplicità minimale accompagnata dalla cura estrema per il dettaglio che da sempre lo caratterizzano.
La dimensione della fede del resto è stata quella che ha dato una potente svolta al percorso artistico di D'Alconzo, sotto la guida di don Valerio e accompagnato dalla fervente comunità cattolica di Mannheim. "Ho conosciuto Franco in un momento di grande sofferenza in cui era alla ricerca della verità fuori di sé" racconta il sacerdote "da quel momento la riscoperta della fede ha mosso in lui un percorso che ha mutato il suo rapporto non soltanto con l'arte ma anche con la vita e con il dolore".

"Il mio percorso artistico è nato nel solco dell'arte contemporanea e dello spazialismo" conferma l'artista "poi l'incontro con don Valerio in un momento particolarmente difficile della mia vita è stato quel sole che ha impresso una svolta al mio percorso di ricerca". E la rinascita spirituale si è trasformata in una rinascita artistica che ha portato Franco D'Alconzo a realizzare opere custodite in istituzioni tra le più prestigiose. Giusto il 27 giugno scorso, l'artista si è infatti recato in visita dal Pontefice per portare in dono la sua opera "Zoe" ("L'ho ideata praticamente in una notte" racconta "sentivo che dovevo portarla al Papa e così è stato") un mondo azzurro emblema di una sete di purezza e redenzione attraverso la sofferenza. L'anno scorso i suoi due angeli in marmo esposti alla Biennale d'arte di Venezia gli sono quindi valsi il premio come miglior gallerista. Ma davvero numerose sono le opere di D'Alconzo sparse per il mondo: dal museo in Costa Rica al Teatro La Fenice di Venezia, da Milano (Navigli, Circolo della Stampa, Sala Montanelli) a San Giovanni Rotondo, fino alla "sua" Mannheim. Una lunga traccia di opere che si snoda come un filo ininterrotto che trae linfa da se stesso per guardare in avanti perché, come ammette lui stesso, "un percorso di ricerca non finisce mai. Può essere la ricerca di un dettaglio, di un concetto, della giusta sfumatura di un colore. Ma la ricerca più importante resta quella interiore".

M.M.
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