Annone: presidio dei lavoratori della Riva Acciaio. Giovedì l'incontro con i sindacati
Giovedì pomeriggio è previsto un incontro con le sigle sindacali per fare il punto della situazione. Ma nel frattempo i 41 dipendenti dello stabilimento Riva Acciaio di Annone Brianza hanno deciso di non poter più aspettare e hanno organizzato autonomamente presidi e mobilitazioni.
Già nella giornata di ieri, in occasione delle mobilitazioni promosse a livello nazionale, si sono uniti alla manifestazione organizzata dalla Cgil di Varese nel sito produttivo di Caronno Pertusella - tra le 13 società riconducibili al gruppo Riva, come noto recentemente coinvolto nell'inchiesta per disastro ambientale dell'Ilva di Taranto - e dalle prime ore di questa mattina hanno organizzato un presidio di fronte alla sede di Annone, preannunciando che andranno avanti "finché non otterranno risposte".
I 41 dipendenti di Annone fanno infatti parte dei circa 1500 lavoratori a rischio e di fatto messi in libertà a seguito della decisione del gruppo di sospendere l'attività produttiva e retributiva nei vati siti produttivi posseduti in tutta Italia. Una decisione presa dai vertici aziendali a seguito del sequestro di beni, cespiti e linee di credito della famiglia Riva operato dalla Guardia di Finanza per un importo pari a circa 916 milioni di euro.
Una vera e propria doccia fredda per i dipendenti, che ora temono di trovarsi scoperti anche degli ammortizzatori sociali proprio in un momento di forte ripresa per il polo di Annone, specializzato in produzione di materiale per l'edilizia.
"Abbiamo alle spalle un anno di cassa integrazione ordinaria e due anni di contratto di solidarietà" spiegano i dipendenti in presidio. "Quest'ultimo scade il 2 ottobre e c'era in programma un incontro per ridiscuterne ma ora il quadro è cambiato. Il contratto di solidarietà potrebbe essere una soluzione, ma se la situazione non si sblocca per noi significa comunque restare sei mesi senza stipendio". Uno scenario drammatico per i 41 dipendenti della Riva Acciaio di Annone, molti dei quali con famiglia a carico, che come dicevamo giunge proprio in un momento di ripresa per l'azienda.
"A gennaio il gruppo Riva si è separato dall'Ilva proprio per evitare la catastrofe ed ora ci troviamo a pagare una situazione che non dipende da noi. Lavorando nel settore dell'edilizia dall'ottobre 2008 l'azienda stava patendo le conseguenze della crisi, ma dal mese di luglio avevamo registrato una forte ripresa tanto che ad agosto avevamo lavorato una settimana in più e si stava parlando di turni lavorativi anche di sabato" spiega Santino Pungitore, responsabile della produzione. "Lo scorso 12 settembre a fronte di 2mila tonnellate sulla rete di spedizione avevamo registrato 1600 tonnellate sulla rete di produzione ma alle 8 di mattina è giunta la chiamata del direttore di produzione con l'ordine di chiudere la produzione al termine del secondo turno mettendo la fabbrica in sicurezza. Da quel momento la situazione è rimasta la stessa".
Stop alla produzione quindi e anche alla retribuzione. E per i dipendenti ora è tanta l'amarezza: "Sono cinque anni che tribuliamo per la crisi. Ora che finalmente i magazzini sono vuoti e potremmo riprendere con la produzione è arrivata questa doccia gelata. Siamo in attesa che la situazione si sblocchi ma il timore, nel frattempo, è quello di perdere le commesse. E ora per tanti di noi il rischio è quello di perdere non soltanto il lavoro, ma anche la casa data l'impossibilità di pagare i mutui o i contratti di affitto".
Una situazione drammatica che secondo i dipendenti non può attendere: "Ci siamo organizzati autonomamente perché non possiamo aspettare. Ieri la Cgil di Varese ci ha fornito supporto, sappiamo anche di un invito inoltrato anche alla sede lecchese dei sindacati di unirsi alle manifestazioni ma non era presente nessuno. Andremo avanti con mobilitazioni anche domani finché non avremo qualche risposta".
Nel frattempo si è infatti in attesa di un comunicato ufficiale da parte di Cesare Riva per chiarire la situazione in cui versa il gruppo: "A noi è stato riferito che la magistratura ha posto sotto sequestro non soltanto le linee di credito ma anche impianti e cespiti. Ma a livello nazionale e governativo si dice che gli impianti potrebbero lavorare. Anche su questo fronte siamo in attesa di risposte''.
I dipendenti della Riva Acciaio in presidio
Già nella giornata di ieri, in occasione delle mobilitazioni promosse a livello nazionale, si sono uniti alla manifestazione organizzata dalla Cgil di Varese nel sito produttivo di Caronno Pertusella - tra le 13 società riconducibili al gruppo Riva, come noto recentemente coinvolto nell'inchiesta per disastro ambientale dell'Ilva di Taranto - e dalle prime ore di questa mattina hanno organizzato un presidio di fronte alla sede di Annone, preannunciando che andranno avanti "finché non otterranno risposte".
I 41 dipendenti di Annone fanno infatti parte dei circa 1500 lavoratori a rischio e di fatto messi in libertà a seguito della decisione del gruppo di sospendere l'attività produttiva e retributiva nei vati siti produttivi posseduti in tutta Italia. Una decisione presa dai vertici aziendali a seguito del sequestro di beni, cespiti e linee di credito della famiglia Riva operato dalla Guardia di Finanza per un importo pari a circa 916 milioni di euro.
Una vera e propria doccia fredda per i dipendenti, che ora temono di trovarsi scoperti anche degli ammortizzatori sociali proprio in un momento di forte ripresa per il polo di Annone, specializzato in produzione di materiale per l'edilizia.
"Abbiamo alle spalle un anno di cassa integrazione ordinaria e due anni di contratto di solidarietà" spiegano i dipendenti in presidio. "Quest'ultimo scade il 2 ottobre e c'era in programma un incontro per ridiscuterne ma ora il quadro è cambiato. Il contratto di solidarietà potrebbe essere una soluzione, ma se la situazione non si sblocca per noi significa comunque restare sei mesi senza stipendio". Uno scenario drammatico per i 41 dipendenti della Riva Acciaio di Annone, molti dei quali con famiglia a carico, che come dicevamo giunge proprio in un momento di ripresa per l'azienda.
"A gennaio il gruppo Riva si è separato dall'Ilva proprio per evitare la catastrofe ed ora ci troviamo a pagare una situazione che non dipende da noi. Lavorando nel settore dell'edilizia dall'ottobre 2008 l'azienda stava patendo le conseguenze della crisi, ma dal mese di luglio avevamo registrato una forte ripresa tanto che ad agosto avevamo lavorato una settimana in più e si stava parlando di turni lavorativi anche di sabato" spiega Santino Pungitore, responsabile della produzione. "Lo scorso 12 settembre a fronte di 2mila tonnellate sulla rete di spedizione avevamo registrato 1600 tonnellate sulla rete di produzione ma alle 8 di mattina è giunta la chiamata del direttore di produzione con l'ordine di chiudere la produzione al termine del secondo turno mettendo la fabbrica in sicurezza. Da quel momento la situazione è rimasta la stessa".
Stop alla produzione quindi e anche alla retribuzione. E per i dipendenti ora è tanta l'amarezza: "Sono cinque anni che tribuliamo per la crisi. Ora che finalmente i magazzini sono vuoti e potremmo riprendere con la produzione è arrivata questa doccia gelata. Siamo in attesa che la situazione si sblocchi ma il timore, nel frattempo, è quello di perdere le commesse. E ora per tanti di noi il rischio è quello di perdere non soltanto il lavoro, ma anche la casa data l'impossibilità di pagare i mutui o i contratti di affitto".
Una situazione drammatica che secondo i dipendenti non può attendere: "Ci siamo organizzati autonomamente perché non possiamo aspettare. Ieri la Cgil di Varese ci ha fornito supporto, sappiamo anche di un invito inoltrato anche alla sede lecchese dei sindacati di unirsi alle manifestazioni ma non era presente nessuno. Andremo avanti con mobilitazioni anche domani finché non avremo qualche risposta".
Nel frattempo si è infatti in attesa di un comunicato ufficiale da parte di Cesare Riva per chiarire la situazione in cui versa il gruppo: "A noi è stato riferito che la magistratura ha posto sotto sequestro non soltanto le linee di credito ma anche impianti e cespiti. Ma a livello nazionale e governativo si dice che gli impianti potrebbero lavorare. Anche su questo fronte siamo in attesa di risposte''.
M.M.