Castello: grande festa per p. Noè. 50 anni in missione. Tanta strada e gente incontrata
Festa grande per celebrare un grande traguardo. C'era tantissima gente domenica mattina a Castello Brianza: la comunità intera si è infatti riunita in occasione dei 50 anni di sacerdozio di Padre Noè Cereda, missionario della Consolata originario di Castello Brianza nonché religioso particolarmente noto per i suoi progetti a sostegno dei più poveri e insignito nel 2010 del Premio Graziella Fumagalli (promosso dal Comitato lecchese per la pace e la cooperazione tra i popoli), tornato dal Madagascar, in cui opera da 14 anni, proprio in occasione dell'importante anniversario.

Al centro Padre Noè Cereda con i sacerdoti che hanno presieduto al suo 50° di sacerdozio
Un traguardo, non c'è che dire, che non è da tutti. Ordinato sacerdote nella Congregazione dei Padri Missionari della Consolata nel dicembre 1963 a Torino, da quasi cinquant'anni padre Noè è infatti in giro per il mondo: e oggi, all'età di 77 anni, non si è ancora fermato, nonostante sia tanta la strada percorsa e tanta la gente incontrata.

A sinistra Padre Cereda e don Giorgio Salati
Nato nel 1936 nel paesino brianzolo, una volta ricevuta l'ordinazione sacerdotale padre Noè è infatti partito alla volta del Canada, dove è rimasto per 3 anni. Da qui si è quindi trasferito in Belgio, dove al termine di quattro anni di studi presso l'università di Lovanio, si è laureato in criminologia. Una formazione la sua che gli è servita durante quella che è stata la sua prima importante esperienza missionaria in Africa: i 17 anni trascorsi in Congo dove ha insegnato criminologia nella facoltà di diritto occupandosi in particolare nei percorsi rieducativi dei detenuti.

Al termine di una nuova parentesi europea che l'ha quindi visto per due anni a Parigi come sostituto parroco, per 8 anni a Bologna nella Casa Editrice Missionaria Italiana e infine per quattro anni di nuovo a Torino, dove ha aperto una libreria cattolica, padre Cereda nel 1999 è quindi partito di nuovo per il continente africano, direzione Madagascar, quella che attualmente è ancora la sua "casa", almeno quando il religioso non è in Italia per raccogliere fondi per le sue opere.
Qui per cinque anni è rimasto a Nosy Be, isoletta poco al largo della costa nordoccidentale teatro, circa un mese fa, del linciaggio di due cittadini europei accusati di traffico di organi. "Un episodio che ha lasciato tutti sgomenti" commenta.

"Il Madagascar è infatti un paese pacifico, nulla di simile era mai avvenuto prima e le stesse accuse mosse ai due europei sembrerebbero infondate". Negli ultimi nove anni padre Noè ha invece operato nella capitale Antananarivo dove vive tuttora occupandosi prevalentemente di istruzione e aiuti materiali per i bisognosi.
"Ho iniziato ad operare in una scuola e in questi anni ne ho costruite altre quattro: asilo, elementari, medie e liceo" racconta padre Noè. "In totale abbiamo circa 4 mila scolari, molti di loro arrivano a scuola senza aver fatto colazione e si addormentano sui banchi per la debolezza. Così tutti i giorni diamo un piatto di riso e fagioli ai bambini più piccoli e un panino a tutti gli altri". Come? "Abbiamo tre forni, uno a gasolio e due a legna. Abbiamo insegnato ad alcuni ragazzi a fare il pane e tutti i giorni lo inforniamo. Non è molto ma è già qualcosa, purtroppo dare a tutti anche solo un cioccolatino sarebbe troppo costoso".

Una vita dura, che inizia alle prime luci dell'alba e si conclude alle sei di sera, quando il sole tramonta e il buio è totale, ma anche "più tranquilla", lontana dal caos interminabile delle metropoli occidentali. E dopo tutti questi anni e i tanti chilometri percorsi padre Cereda ancora non è stanco: "Spero di restare là ancora qualche anno, per ora la salute tiene e vado avanti". Malgrado tutto ha infatti ancora in testa tanti progetti da attuare: "Stiamo ultimando un dormitorio destinato alle ragazze che vivono lontane dalla scuola per consentire loro la permanenza dal lunedì al venerdì: gli spostamenti durante la stagione delle piogge sono infatti difficoltosi. Stiamo inoltre rialzando un istituto per costruire altre tre aule per il liceo: solitamente impieghiamo circa cinque anni per ultimare una scuola, partiamo realizzando l'asilo e via via costruiamo tutto il resto in modo da accompagnare i ragazzi nel loro percorso di studi". Ma l'impegno di padre Noè non si ferma all'istruzione. Il religioso sta infatti ultimando anche la costruzione di un ospedale: "Abbiamo già aperto pronto soccorso, dentista e oculista. Ora stiamo finendo sala operatoria e il reparto di ginecologia".

Un impegno importante. E, chissà, in occasione del suo ritorno in Madagascar padre Noè potrebbe non essere solo, almeno per un po'. "Dopo aver ascoltato la testimonianza dei giovani che l'estate scorsa hanno visitato la missione dell'operazione Mato Grosso in Perù, è rinato in me il desiderio di andare a fare visita a padre Noè in Madagascar, per vedere da vicino la sua attività missionaria" racconta infatti il parroco don Giorgio Salati che ha lanciato una proposta a tutti: Chi vuole venire con me?.

"Sto valutando la possibilità di un viaggio a metà febbraio di otto giorni" confida il sacerdote "potrebbe essere l'occasione anche per vedere i luoghi da cui provengono le nostre suore e conoscere i loro parenti". Una proposta che pare abbia già raccolto qualche adesione...

Al centro Padre Noè Cereda con i sacerdoti che hanno presieduto al suo 50° di sacerdozio

A sinistra Padre Cereda e don Giorgio Salati

Qui per cinque anni è rimasto a Nosy Be, isoletta poco al largo della costa nordoccidentale teatro, circa un mese fa, del linciaggio di due cittadini europei accusati di traffico di organi. "Un episodio che ha lasciato tutti sgomenti" commenta.

"Ho iniziato ad operare in una scuola e in questi anni ne ho costruite altre quattro: asilo, elementari, medie e liceo" racconta padre Noè. "In totale abbiamo circa 4 mila scolari, molti di loro arrivano a scuola senza aver fatto colazione e si addormentano sui banchi per la debolezza. Così tutti i giorni diamo un piatto di riso e fagioli ai bambini più piccoli e un panino a tutti gli altri". Come? "Abbiamo tre forni, uno a gasolio e due a legna. Abbiamo insegnato ad alcuni ragazzi a fare il pane e tutti i giorni lo inforniamo. Non è molto ma è già qualcosa, purtroppo dare a tutti anche solo un cioccolatino sarebbe troppo costoso".



Contributo per immagini: "Ben's foto"
M.M.