Casatese: è accusato di ingiurie e minacce via sms alla compagna. Il giudice lo assolve

Una relazione naufragata che ha lasciato dietro di sè astio e rancore, sfociata poi in un procedimento penale conclusosi martedì mattina in tribunale a Lecco.
La storia, un tempo d'amore, tra due trentenni, lei residente nel casatese, lui in un'altra regione del Nord, è culminata in accuse reciproche sino alla querela presentata dalla donna per le presunte ingiurie e minacce rivoltele, via sms, dall'ex.
Una vicenda risalente all'autunno di quattro anni fa quando la donna, incinta del secondo figlio, decide di lasciare la casa in cui viveva con il compagno, per fare ritorno a casa sua, in un comune del circondario casatese; con sè porta anche la prima bimba. Da quel momento, secondo la donna, costituitasi parte civile al processo, sarebbero iniziate le minacce telefoniche dell'ex e le ingiurie, con l'uomo che avrebbe a più riprese sostenuto di dubitare della paternità del secondo figlio che la compagna portava in grembo. E lo scontro si è fatto duro ieri mattina in tribunale a Lecco dove è stato sottoposto ad esame l'imputato, che ha fermamente negato di aver mai minacciato la compagna, sostenendo di aver voluto unicamente poter ristabilire un contatto con la figlia, tornata nel lecchese insieme alla mamma. Una versione ribadita dai genitori dell'uomo, sentiti come testi della difesa, secondo i quali il figlio avrebbe passato profondi momenti di sconforto a seguito dell'allontanamento della bambina, che ancora oggi fatica a vedere. I coniugi hanno confermato i dubbi rispetto alla paternità della secondogenita, mai riconosciuta dal figlio, in considerazione dei sospetti che non fosse lui il padre. E' stata più volte citata infatti, una assidua frequentazione avuta dalla donna con una persona, mentre viveva con l'ex compagno in un comune fuori dalla Lombardia.
Al termine dell'istruttoria, il pubblico ministero Mattia Mascaro ha chiesto la condanna dell'imputato alla pena di sei mesi. L'avvocato di parte civile, Sonia Bova, ha rimarcato quello che a suo parere è stato il maltrattamento psicologico subito dalla compagna, in preda ad un forte stato di ansia dovuta proprio ai dubbi avanzati dall'allora compagno, rispetto alla paternità della secondogenita.
Un malessere che l'aveva portata a volersi allontanare in fretta e furia dalla casa che condividevano, per fare ritorno appunto nel paese d'origine. In considerazione della reputazione e dell'onore danneggiati e delle continue telefonate e sms, il legale - che ha sostenuto la legittima paternità dell'imputato per quel che concerne la seconda figlia nata nel 2012 - ha chiesto la condanna dell'uomo e un risarcimento danni pari a 5mila euro.
Si è invece battuta per l'assoluzione del proprio assistito, la difesa secondo la quale non sarebbe stata raggiunta la prova della colpevolezza in ordine ai due capi di imputazione e al presunto danno arrecato all'ex compagna. Il giudice Salvatore Catalano, al termine della camera di consiglio, ha sentenziato l'assoluzione dell'uomo.
G. C.
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