Imberido: a quasi 10 anni dalla strage di Erba, Carlo Castagna racconta il suo viaggio verso il perdono, sostenuto dalla fede

Carlo Castagna
Ben otto anni e mezzo sono passati da quell'11 dicembre 2006, quando la vita di Carlo Castagna, da assolutamente normale e serena, è cambiata profondamente. Non solo perché la moglie Paola, la figlia Raffaella e il nipotino Youssef sono stati uccisi barbaramente per ragioni impossibili da comprendere, ma soprattutto perché da allora la sua esistenza è diventata un percorso tutto in salita, verso un unico, grande obiettivo: il perdono. Venerdì sera Castagna ha voluto raccontare questo suo viaggio interiore al pubblico intervenuto nel saloncino San Francesco di Imberido.
Una testimonianza segnata dalla pacatezza e dalla serenità che lo contraddistinguono, nonostante le difficoltà che ha incontrato sino ad oggi e che ogni giorno deve affrontare per portare a termine definitivamente questo cammino. "Per prima cosa voglio riuscire a trasmettervi un concetto fondamentale: non sono un super uomo del perdono; da solo non sarei mai riuscito a capire cosa significa veramente", ha spiegato Castagna. "Io mi sento un graziato perché ne ho avuto la possibilità, grazie all'apporto dei sacerdoti e della mia Paola. Sì, perché lei mi accompagna ogni giorno per questa ripida salita, verso una meta che a volte sembra vicina, altre volte impossibile da raggiungere. E quando mi viene voglia di mollare tutto, lei è sempre lì, a rasserenarmi con la sua luce".
Non è mai solo, Castagna: al suo fianco sente sempre delle presenze fondamentali che lo aiutano a continuare passo passo il suo difficile percorso. "Grazie a persone preziosissime ho capito che sarei morto interiormente se mi fossi chiuso nel rancore, quindi ho deciso di accettare l'invito a combattere, a fare di me un tramite del Padre e dei suoi grandissimi doni: il perdono e la fede. Ma ciò non significa che chi non crede non possa fare propria la dimensione del perdono: è il controllo individuale e la volontà che permette a tutti di arrivarci, anche se a piccoli passi", ha continuato il testimone. Il pubblico ha apprezzato moltissimo la volontà di Castagna di renderlo suo compagno di viaggio per una sera; e come è risaputo, viaggiare significa imparare a conoscere.


Quindi sono fioccate domande per comprendere meglio altri aspetti, che l'ospite ha chiarito volentieri. Interessante la questione sollevata da un fedele circa la natura del male e la possibilità di vincerlo in qualche modo: Castagna ha ripreso il concetto di controllo individuale e di influenza educazionale, che considera armi in grado di placare il demonio che potenzialmente abita in ognuno di noi. "Olindo e Rosa evidentemente non hanno saputo o voluto esternare questa forma di male che albergava in loro, lasciando che il loro controllo individuale avesse la peggio". Cosa ha portato l'ospite della serata a raccontare una ricchezza che avrebbe invece potuto tenere per sé? "Come dicevo prima, la grazia che ho ricevuto di riuscire a diventare uno strumento del perdono di Dio".


E la giustizia riparativa? È davvero possibile? "Qualche settimana fa ho avuto un'altra grandissima fortuna: quella di incontrare una docente dell'Università Cattolica che mi ha parlato del concetto recentissimamente formulato di "giustizia riparativa". Come emerso su un importante quotidiano nazionale, essa è ben rappresentata da una fotografia che ritrae ex-brigatisti insieme a parenti delle vittime delle Brigate Rosse. Ma devo dire che per questo non sono ancora pronto: è troppo presto per me pensare di incontrare i carnefici dei miei cari. Devo ancora raggiungere tappe intermedie prima di arrivare a questo punto. Quindi vorrei concentrarmi di più sui risultati che ho già raggiunto: mi sento talmente cresciuto nel perdono che ogni giorno vedo Paola avvolta da una luce gioiosa, e la sua gioia è per me quasi un contatto fisico. È come se i miei angeli fossero sempre vicini a me. Non sono morti da nove anni: semmai, sono nati in cielo da nove anni".


Al termine dell'intervento, un ringraziamento al signor Castagna è arrivato anche dalle rappresentanti della scuola del Molinatto e dell'associazione Amici del Molinatto, promotrici della serata: con le sue parole ha fatto capire che perdonare non significa dimenticare, ma avvolgere con uno sguardo nuovo ciò che è successo.
Roberta Scimè
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