Cresciuti a Casatenovo e oggi...cittadini del mondo. I giovani Sonia, Mauro, Giacomo e Fabio raccontano la vita all'estero

Quattro casatesi, quattro mete estere diverse, sognate, desiderate e infine raggiunte, per studiare e lavorare. Sono ormai tantissimi i giovani italiani che scelgono di fare le valigie e di varcare il confine per avere maggiori possibilità lavorative o per inseguire i propri sogni. Tra i circa cinque milioni di connazionali italiani che vivono all'estero, tanti provengono anche dalla Brianza e dal nostro territorio. Abbiamo contattato quattro giovani casatesi, che vivono da qualche tempo in Inghilterra, Germania o Giappone, per motivi di studio o di lavoro, per farci raccontare la loro esperienza.
Ecco cosa ci hanno detto:



Sonia Penati, classe 1991, è un'infermiera e lavora da più di un anno a Manchester, in Inghilterra. Ma il viaggio che l'ha portata oltre la Manica è iniziato tempo fa, a Cascina Bracchi, dove è cresciuta con la sua famiglia. Dopo il diploma di liceo scientifico e la laurea triennale in infermieristica, anche un paio di viaggi -in Africa e in India-. "La motivazione a partire è nata dalla consapevolezza che l'Italia non poteva offrirmi ciò che volevo e di cui avevo bisogno". Qualche mese passato a cercare lavoro con scarsi risultati, alcune vicissitudini personali e la decisione di inseguire un sogno coltivato fin da bambina: il Regno Unito. "Ho passato un anno lavorando nell'ospedale di Boston, un piccolo paesino nel Lincolnshire. Da giugno, invece, mi sono trasferita a Manchester. Nel Central Manchester Univerity Hospital sono infermiera nel reparto chirurgico per patologie epatobiliari, (HBP - hepatobiliary)". Un lavoro a stretto contatto con i pazienti e con le persone, impegnativo ma anche fonte di soddisfazioni grandi, soprattutto dal punto di vista umano, sia con i pazienti, sia con i colleghi. "Da quando vivo lontano ho iniziato ad apprezzare di più ogni cosa. Mi sento felice anche solo quando un paziente si ricorda il mio nome. Alcuni mi chiedono se sono italiana e mi domandano, scherzando, come mai mi sia trasferita proprio qui. Una piccola soddisfazione sono stati anche i complimenti che la mia nuova responsabile mi ha fatto per un lavoro ben svolto, poco tempo dopo essere arrivata a Manchester. Con i miei colleghi ho un buon rapporto: per loro sono Pineapple, cioè Ananas, per via della mia pettinatura. Mi piace questo soprannome", scherza. Seppur distanti solo un paio di ore in aereo, l'Italia e l'Inghilterra nascondono differenze profonde. "Ogni tanto parlo con le mie amiche infermiere in Italia e mi rendo conto di quanto si tratti di due realtà diverse. Una cosa che apprezzo tantissimo dell'Inghilterra è la gentilezza delle persone: ovunque tu vada, everywhere, tutti ti chiedono come stai o ti augurano buona giornata. E' una cosa che mi piace molto". Appassionata di libri e amante dei viaggi, Sonia si trova benissimo in Inghilterra ma ha ancora la testa e il cuore pieni di sogni e di progetti. "Vorrei viaggiare tantissimo, sicuramente il sogno Africa è sempre vivo: mi piacerebbe tornare lì, dove ho già vissuto una bellissima esperienza umanitaria. Vorrei continuare a crescere professionalmente, magari specializzandomi in qualche ambito e facendo esperienza in una surgery o in un reparto più critico. E ovviamente imparare sempre meglio l'inglese. Non ho in programma di tornare in Italia, per ora, ma tutto può succedere, chissà...".

 

 


Mauro Pirovano, classe 1985, fino a pochi anni fa viveva a Valaperta, con la sua famiglia e tanti amici, un diploma di perito meccanico e un buon lavoro in un'azienda nel monzese.
Ma la sua vera passione era un'altra. Una passione così grande da spingerlo a riprendere in mano i libri per diplomarsi, nel 2012, Sommelier AIS. Una passione così grande da convincerlo a lasciare tutto -famiglia, amici e il verde della Brianza- per imbarcarsi su una nave da crociera.
"Sono partito perché volevo trasformare la mia passione in lavoro. Volevo fare il sommelier e purtroppo, in Italia, non era possibile svolgere questo lavoro, perlomeno ai livelli che desideravo. E anche tutt'ora purtroppo, non lo è". Mauro ha quindi iniziato a lavorare come sommelier sulle navi da crociera. Una bella esperienza, che ha vissuto con grandissimo entusiasmo, nonostante i turni di lavoro spesso molto lunghi. "Lì ho lavorato per circa un anno e mezzo. Quattordici ore al giorno, sette giorni su sette. Ho imparato tantissimo: sia per quanto riguarda l'inglese che a livello lavorativo. Il sommelier era quello che volevo fare. Ovviamente ho vissuto tante esperienze diverse, ho conosciuto persone fantastiche e visitato posti magnifici, tra Asia ed Europa". E il paese più bello del mondo qual è? "L'Italia!". Dopo aver girato il mondo lavorando con impegno e gioia, Mauro è sceso dalle navi da crociera ed è salito su un aereo. Destinazione Inghilterra, in un ristorante stellato. "Ora sono a Londra e qui sono quasi Assistant Head Sommelier presso Petrus, un ristorante stellato dell'impero di Gordon Ramsay. Eseguo già mansioni da manager", racconta. Il Petrus è uno dei ristoranti più famosi e apprezzati non solo a Londra, ma anche a livello internazionale. Anche lì, Mauro lavora con impegno, nel nome della passione per l'hospitality, che sempre si porta nel cuore. Dalla Brianza, in tutto il mondo, fino a Londra, Mauro ha vissuto tantissime esperienze: lontano da casa, tanti sono stati anche gli ostacoli incontrati, che il casatese ha sempre affrontato con coraggio e con impegno. "La difficoltà principale è stata quella della lingua: è sempre difficile comunicare in una lingua diversa dalla tua. Poi, in generale, è stato complesso scontrarsi con altri usi e costumi". Mauro in Inghilterra si trova bene. "Qui c'è grande meritocrazia e un'ottima disponibilità di lavoro connessa. Anche il servizio pubblico e il senso pubblico, i trasporti e la sicurezza sono ottimi. Penso però che la sanità sia più coerente in Italia. E ovviamente il clima del Belpaese è migliore rispetto alla pioggia londinese", scherza. Nel corso degli anni Mauro ha collezionato anche tante gioie e soddisfazioni. "Ricordo la grande felicità quando mi hanno accettato a lavorare sulle navi, oppure quando ho aperto il primo Petrus. E poi le promozioni ricevute e meritate". Le gioie del passato e del presente, guadagnate con impegno, sono per lui uno stimolo verso il futuro. "Spero di affermarmi professionalmente nel management del ristorante dove lavoro attualmente e anche, in generale, in quello del gruppo. Come progetti a lungo termine, per ora, ho solo idee".

 

 


Dall'Europa all'Asia. Anche a Tokio, in Giappone, c'è un po' di Casatenovo. Giacomo Rossini, classe 1991, è studente all'università di Waseda. "Studio ingegneria ambientale al Politecnico di Milano e qui a Tokio sto preparando la mia tesi magistrale sull'inquinamento atmosferico", spiega. Giacomo ha sorvolato l'Asia quasi un anno fa, grazie ad un progetto di scambio che durerà fino a febbraio. Troppo pochi dodici mesi per integrarsi perfettamente in una cultura così diversa da quella italiana ed europea. Ma abbastanza, per apprezzarne fino in fondo ogni singola sfumatura. "Vivo in un appartamento poco lontano dal campus, con altri studenti da tutto il mondo. Ma giro spesso anche per Tokio e incontro molte persone". Le differenze tra Italia e Giappone sono tantissime, a partire dalla lingua. "Qui non tutti parlano inglese, specialmente al di fuori dell'università. Ho imparato qualche parola di giapponese ma è molto difficile, a partire dall'alfabeto. Il cibo, invece, è buonissimo: non è molto sano ma è economico". È falso, dunque, il mito di un costo della vita esorbitante. "I generi alimentari e i prodotti non hanno prezzi altissimi. Forse, ad essere più cari sono l'affitto e i servizi". Servizi e trasporti che si caratterizzano per grande efficienza, mentre un forte senso civico accomuna tutti i cittadini di Tokio. "Mi piace molto il grande rispetto che c'è verso tutte le persone. Spesso vedo bambini, anche piccoli, andare a scuola in metropolitana da soli. A loro viene insegnato a rendersi utili verso la società: al termine della giornata scolastica devono pulire la loro classe e hanno turni per servire in mensa". Anche a livello educativo, tra Italia e Giappone ci sono profonde differenze. "La mia impressione è che ci sia un metodo totalmente diverso. Qui, magari, lavorano e studiano anche 18 o 19 ore al giorno, ma così facendo è la qualità del lavoro a risentirne. Penso che sia a Milano che a Tokio il livello educativo sia molto alto. Qui, forse, c'è maggiore disponibilità di risorse per la ricerca e l'istruzione. Il background dell'educazione italiana è ampio e solido". Come gli altri studenti, Giacomo lavora nel laboratorio dell'università. "Qui fin da piccoli sono abituati a ritmi di lavoro massacranti, cinque giorni su sette, dalle otto del mattino alle otto di sera. Io sono uno studente straniero e il mio professore, molto disponibile, non mi richiede di lavorare a questi ritmi serrati ma comunque mi sento parte del gruppo e voglio adattarmi a loro". Nonostante i ritmi di lavoro stressanti, Giacomo riesce comunque a ritagliarsi del tempo per mantenersi in contatto con amici e famigliari. "Qui sono tutti molto gentili, ho legato con i miei compagni ma nessuno si interessa della vita privata altrui. Le relazioni umane sono un po' più fredde". Alcune difficoltà ma anche tante esperienze bellissime. "E' stato emozionante il viaggio sul monte Fuji. Dalla sua cima, 3700 metri, che si trova nella troposfera si può studiare l'inquinamento di fondo". Dal monte Fuji, Giacomo ha potuto raccogliere dati essenziali per la sua tesi, che discuterà una volta tornato a Milano. E poi? "Qui ci sono tante opportunità di lavoro ma la cultura è molto diversa. Non so se tornerò in Giappone, ma chissà...".

 

 


Dal boschi della Brianza al verde della Foresta Nera, in Germania. All'università di Karlsruhe, nel sud del paese tedesco, studia un fisico di origine casatese: Fabio Colombo. Originario di Cascina Bracchi, classe 1988, Fabio ha fatto le valigie nel febbraio 2013, con in tasca una laurea magistrale in fisica. La destinazione? Il Karlsruher Institut für Technologie, rinomata università tedesca, dove Fabio ha iniziato il suo percorso di studi come dottorando in fisica delle particelle. "Lavoro qui da più di due anni, ad un esperimento di fisica il collaborazione con il CERN di Ginevra". Fabio ha lavorato e studiato anche in Svizzera, dopo la laurea all'università di Milano e, prima ancora, il diploma al liceo scientifico di Merate. "Ho sempre voluto viaggiare e fare esperienze di studio all'estero: avere un curriculum ricco, in questo ambito, apre anche maggiori opportunità e possibilità a livello lavorativo. Ho scelto la Germani perché è molto grande e ricca di vantaggi da questo punto di vista", spiega. Pochi chilometri di distanza ma tante differenze: l'Italia e la Germania, spesso, sembrano due realtà completamente differenti, a partire dalla lingua. "All'inizio parlavo solo inglese. In università è abbastanza parlato e comunicare così per lavoro è più facile. Pian piano ho imparato anche il tedesco, soprattutto grazie ad alcuni corsi di lingua che ho frequentato". In una città dove la temperatura annua media è di dieci gradi, si fa presto a sentire la nostalgia del sole italiano. "Qui il clima è molto piovoso. Il cibo, invece, è abbastanza buono. Non è così vario come in Italia: è buono ma le pietanze si assomigliano tra loro. Comunque ci sono tanti ristoranti italiani, aperti dai nostri connazionali immigrati in questa zona". Tante differenze anche a livello relazionale. "In Italia, forse, c'è più spontaneità nei rapporti umani, è più facile entrare in contatto tra le persone. Qui sono più rigidi e distanti, almeno per i primi tempi. In Germania c'è un grandissimo senso civico: tutti hanno rispetto delle cose e delle persone, in generale, e la criminalità è molto bassa; i bambini piccoli, spesso, vanno a scuola da soli". E come viene visto un italiano in Germania? "Ci sono tanti stereotipi, anche positivi. Spesso gli italiani sono visti come rumorosi, ritardatari e disordinati, che non smettono mai di parlare. D'altro canto, anche per noi i tedeschi sono ordinati, precisi e ingessati. Quello che ho imparato è che sono anche simpatici, curiosi, aperti e molto disponibili". In Germania, Fabio rimarrà sicuramente fino a febbraio del prossimo anno, quando concluderà il percorso triennale del dottorato. E poi? "Magari cercherò lavoro qui, per rimanere in Germania. Ma prima, penso a finire il dottorato".
Laura Vergani
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.